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Referendun sull'art. 18. Epifani dice
18.06.2003
Epifani: "Non è una sconfitta"

"Undici milioni di persone hanno detto sì all'estensione dei diritti. Per la Cgil, che ringrazia queste persone, si tratta di un risultato importante". Questo il commento del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, all'esito del voto referendario. Per Epifani il risultato non è "sicuramente una sconfitta", perché la posizione del sindacato era per "un sì di partecipazione per le riforme". Resta infatti intatta, secondo Epifani, "l'esigenza di riforme, che rimane inalterata. Questi milioni di sì ci danno la forza per sperare e continuare a lavorare perché con loro, ampliando questo fronte, sia possibile dare ai lavoratori i diritti che si aspettano".

"Noi - ha continuato Epifani - avevamo criticato l'uso del referendum per estendere i diritti e mi pare che questo voto confermi la nostra critica. Penso che confermi anche l'esigenza di tenere aperta la grande stagione delle riforme, che ampli i diritti di chi lavora e, soprattutto, di quelli che il lavoro non ce l'hanno". Secondo Epifani, è necessario partire dal risultato del referendum per allargare il fronte, anche attraverso un ampliamento delle forze politiche che vi possono aderire. "Perché - ha detto - il risultato è importante ma va ovviamente allargato, perché l'obiettivo dell'estensione dei diritti, attraverso i processi di riforma, richiede l'ampliamento di questo fronte sociale e l'ampliamento del fronte delle forze politiche interessate a questo obiettivo".
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Niente quorum

I due referendum (su articolo 18 ed elettrodotti) non superano lo sbarramento del quorum. Secondo i dati del Viminale il 25,7 per cento degli italiani si è recato alle urne per esprimere il proprio voto sul referendum relativo all'estensione dell'Art.18 dello Statuto dei lavoratori e sul quesito riguardante la servitù coattiva di elettrodotto. Un dato anticipato nella sua tendenza già alla chiusura dei seggi ieri alle 22.00, quando aveva votato il 17,5% degli aventi diritto.

Nel quesito sull'articolo 18 i Sì sono stati l'87,3% (10.322.598 voti) e i No il 12,7% (1.517.043 voti). Nel quesito sugli elettrodotti i Sì hanno raggiunto l'86,3% (10.195.606 voti) e i No il 13,7% (1.648.142 voti).

Il primo a trarre le conclusioni di questo risultato è Fausto Bertinotti. 'Abbiamo perso. Resterà nel paese un'ingiustizia profonda che divide i lavoratori'. Questo il primo commento rilasciato dal Segretario del Prc. 'Non possiamo prendercela - spiega Bertinotti - col destino, né possiamo spiegare la sconfitta con le colpe, che pure esistono, di quelle forze che all'opposizione del governo Berlusconi, hanno scelto di boicottare il referendum. Abbiamo perso, in primo luogo, perché non siamo riusciti a fare di una battaglia giusta un grande fatto di opinione pubblica, non siamo riusciti a costruire un senso comune. Ha prevalso così l'autonomia della politica'. Ma per Bertinotti 'proprio nella sfera della politica emerge un dato. L'equivalente di due terzi di tutti coloro che nelle ultime elezioni hanno votato centrosinistra e Rifondazione hanno detto sì al Referendum. Da questa domanda politica non potrà prescindere il confronto tra Centrosinistra, Rifondazione e movimenti né sulle caratteristiche che dovrà assumere fin d'ora l'opposizione al governo Berlusconi né sul futuro dell'alternativa ad esso. Per questo, nel momento della sconfitta, non deve essere trascurato o disperso lo straordinario patrimonio di partecipazione e di cultura egalitaria che si è costruito in questa difficile campagna referendaria'.

Amarezza per il risultato anche nel comitato promotore del referendum. 'Non abbiamo raggiunto il quorum e quindi i diritti non si sono estesi. Di conseguenza, il governo andrà avanti sulla strada della precarizzazione del mondo del lavoro. E' un'occasione persa'. Questo il commento del presidente del comitato, Paolo Cagna Ninchi, secondo il quale però il risultato è 'anche un segnale - ha detto - visto che ci sono oltre 10 milioni di italiani che hanno sostenuto questa nostra battaglia. Una battaglia che dovremo continuare a portare avanti'. E si spende a favore degli elettori che sono andati a votare anche il presidente nazionale dell'Arci, Tom Benetollo: 'Il mancato raggiungimento del quorum crea amarezza. Resta il fatto che, in un oscuramento dell'informazione mai visto, e in un anomalo clima di ostracismo verso questi referendum, milioni di cittadini hanno scelto di esprimersi. Vengano rispettati'.

Secondo il leader dei Ds, Piero Fassino, 'il voto conferma l'inutilità di questo referendum. Il mancato raggiungimento del quorum, che noi avevamo previsto e auspicato per evitare danni e divisioni, conferma che la nostra indicazione ha trovato un ampio riscontro nel Paese. I diritti vanno affermati attraverso la via legislativa e non con le scorciatoie referendarie'. Fassino assicura che per quanto riguarda i Ds 'continueremo a lavorare a quell'unità larga dell'Ulivo e del centrosinistra che, come ha indicato il recente voto amministrativo, gli elettori desiderano e chiedono'. Il segretario dei Ds sostiene quindi la necessità di 'lavorare tutti insieme, anche raccogliendo la domanda di riforme e di tutele di chi è andato a votare'. Secondo Fassino 'l'obiettivo comune deve essere costruire una larga unità delle forze politiche e sociali attorno alle proposte di legge e al programma alternativo dell'Ulivo e del centrosinistra'. Il segretario della Quercia ricorda come queste proposte di legge riguardano: 'Una nuova carta dei diritti che offra tutele e garanzie ad ogni tipo di lavoratore; una riforma degli ammortizzatori sociali; un nuovo processo del lavoro; misure per lo sviluppo della piccola e media impresa'. 'Si potranno così - conclude Fassino - affermare in pieno i diritti dei lavoratori e dei cittadini e le esigenze delle imprese e del sistema produttivo'.

Per il segretario generale della Cisl Savino Pezzotta a questo punto è necessario 'mantenere aperti gli spazi per il sindacato per intervenire su nuove tutele contro la disoccupazione e per gli ammortizzatori sociali'. 'Era un referendum inutile - ha detto Pezzotta - gli italiani l'hanno capito senza grandi sforzi". Analogo il commento del leader della Uil, Luigi Angeletti, secondo il quale la maggior parte degli italiani non ha creduto 'alla bella favola che un sì sarebbe bastato a migliorare le condizioni di lavoro di milioni di persone, a ridurre la precarietà e a estendere le tutele'.

Un grido d'allarme in difesa del referendum viene poi da una sponda molto distante da quella dei promotori dell'attuale consultazione. Ma che sul tema ha un'autorità indiscussa. Marco Pannella, leader dei radicali e protagonista di tante battaglie referendarie, accusa il "sistema" politico di avere affossato il referendum. «E’ uno strumento che è stato sottoposto da almeno vent’anni a grossolane, clamorose e indiscusse operazioni di sabotaggio da parte del potere - dichiara Pannella al Corriere della Sera - , da parte della partitocrazia per intenderci. La quale ha reso inservibile questo strumento».

Secondo Pannella la gente non va più a votare «perché sa che anche se vince non cambia nulla. Il potere dominante è riuscito in tutti i modi a uccidere questo strumento. La partecipazione cade perché si distrugge la Costituzione».

L'ultimo referendum, quello confermativo del 7 ottobre 2001 sulle modifiche al titolo V della Costituzione (la legge sul federalismo promulgata dall'Ulivo), portò alle urne il 34,1% degli elettori. Il referendum meno partecipato fino a oggi era stato quello sull'Ordine dei giornalisti del 1997, col 30%: un record negativo che potrebbe essere battuto.


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