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Come comunicare l'Uisp e lo sport sociale?
17.11.2005
Questa domanda è stata al centro dell’incontro di formazione che si è svolto venerdì 11 e sabato 12 novembre a Roma, presso la sede nazionale del Forum del Terzo Settore, i giovani volontari in servizio civile presso le sedi Uisp del Lazio, dell’Emilia Romagna e della Liguria hanno preso parte al corso “Comunicare l'Uisp e lo sport sociale”.

E’ stata un’occasione non solo per far incontrare i ragazzi in servizio civile (alcuni entrati nella realtà dell’Uisp solo a settembre, altri finiranno il servizio fra pochi giorni), ma soprattutto per acquisire conoscenze specifiche sulla comunicazione sociale ed il rapporto tra media e Terzo Settore.

Al corso sono intervenuti, con la loro presenza e le loro esperienze, diversi giornalisti sportivi, alcuni dirigenti Uisp e professionisti della comunicazione.

Edoardo Patriarca, portavoce del Forum Terzo settore, ha fornito un quadro del Terzo Settore partendo dall’esperienza maturata in questi anni.

“Come Terzo Settore scontiamo molta arretratezza - ha detto Patriarca - storicamente chi lavora in questo mondo si misura sulla capacità di operare nel territorio e la legittimazione la trova stando sulla base di questo parametro. Di conseguenza la comunicazione, in senso stretto, viene trascurata. Un punto fermo di chi opera nel sociale è spesso il rifiuto del comunicazione con i media; dunque si preferisce comunicare attraverso le cose che si fanno.

Ma oggi la comunicazione è uno strumento di un valore prezioso, l’esperienza deve essere raccontata con l’ambizione di incidere sul sistema valoriale.

Nei primi anni del Forum questi erano temi lontanissimi, piano piano abbiamo acquistato consapevolezza delle strategie della comunicazione, dell’importanza di poter raccontare a tanti un progetto. Le professionalità ora sono cresciute, ci sono uffici stampa, relazioni con università; di strada se ne è fatta ma ancora ce n’è tanta da percorrere, soprattutto per le piccole realtà. Bisogna appropriarsi dei codici: comunicare competenza e farsi strada, anche usando linguaggi nuovi”.

“Il mondo dei media sottovaluta totalmente il mondo sociale.

È un’Italia poco raccontata, piccola, ma che fa grandi cose.

Inoltre, il Terzo Settore viene rappresentato ancora e spesso come un mondo di emozioni, di testimonianza eroica, con un atteggiamento moralistico che trascura l’impegno quotidiano dei volontari. Si va solo alla ricerca del “caso”.

C’è dell’arretratezza da parte nostra e un mondo dei media che è in cammino e che noi stiamo cercando di contaminare. Io sono ottimista, ho visto una grande crescita. Servono comunque investimenti economici per creare forti strutture comunicative e noi dobbiamo iniziare ad usare tutti i codici possibili, da quello delle fiction a quello dell’intrattenimento. Potrebbe essere proprio il nostro mondo a diventare fattore di innovazione nel settore della comunicazione”.

Queste le sfide che, secondo Patriarca, il settore non profit ha davanti:

la capacità di comunicare un’idea di società, un progetto, evitando di fermarsi all’esperienza);

comunicare un impegno quotidiano, un mondo fatto di persone normali con una grande passione civile;

comunicare un modo di essere, uno stile di vita, senza essere semplicistici e con sobrietà. Non usare codici di tipo moralistico, utilizzare competenze a livello professionale del sistema, del linguaggio, delle tecniche. Alle domande si risponde con competenza, non è solo passionalità;

comunicare il valore della solidarietà. Intendiamo con solidarietà un’azione prolungata per il bene comune, che acquista senso se costruisce strutture durature.

Licio Palazzini, presidente Arci servizio civile ha focalizzato l’attenzione sul significato del servizio civile e su come comunicarne il significato e l’utilità sociale.

“Questa giornata è un esempio di buona pratica, tappa di un percorso avviato nel 2002 con l’ Uisp - ha ricordato Palazzini - il progetto ha funzionato ed ha costituito un modello di riferimento anche per l’Arci. Il servizio civile, anche sul piano della comunicazione, è una risorsa nascosta, che va sfruttata ma soprattutto pubblicizzata all’esterno”.

Filippo Fossati, presidente nazionale Uisp, ha posto l’accento sullo sportpertutti e la difficoltà che l’Uisp, come ente di promozione sportiva, incontra nel comunicare il diritto allo sport ed i valori ad esso connessi.

“Cos’è lo sport sociale? Lo sport con al centro la persona e non la prestazione, nessuno escluso; lo sport senza aggettivi invece è la prestazione, dove una persona vale in base ai risultati che ottiene, numeri e misure che creano l’eroe. Intorno a questo si è costruito un sistema, grande, mondiale, fatto di regole, un linguaggio universale, utilizzato per promuovere anche dittature, vicino alla mentalità capitalistica, un messaggio molto potente, che ora però vive una grossa crisi.

Il nostro sport ha subìto anche una distinzione di classe, era lo sport per i lavoratori, ci si è, però, poi accorti che poteva rappresentare una diversa interpretazione dello sport, teso a portarlo a misura di tutti. La gara c’è sempre ma inserita in una relazione, in un momento ludico che è il desiderio attivatore del gioco o dello sport. Così tutti possono fare sport e lo sport diventa un valido strumento per migliorare condizioni di disagio sociale e fisico, accessibile anche dalle persone disagiate”.

Come ritagliare uno spazio sui media per il nostro sport? Questo è stato l’interrogativo di fondo posto nel corso delle due giornate di corso.

“Siamo a metà tra sociale e sport di guerra, occorre cercare una strategia per comunicare il nostro ruolo di ‘guastafeste’. Ci vogliono anni per cambiare, per capire i processi sociali, noi stiamo imparando a farlo bene, soprattutto fra noi - ha ricordato Fossati - Il problema è il rapporto con i media, giornali e tv, il nostro modo di fare non fa notizia secondo i termini della notiziabilità sportiva; il sociale sui media è mostrare sofferenza, denunciare, chi fa un discorso di benessere è anche qui fuori dalle notizie. Lavoriamo per alleviare la sofferenza non per creare casi, non siamo lo sport spettacolare. Da questo derivano le nostre difficoltà: occorre affermare un nuovo modo di fare sport e di raccontare quest’altra idea di sport”.

“La questione della comunicazione è politica” ha affermato Giovanni Anversa, giornalista Rai e conduttore della fortunata trasmissione dedicata al sociale “Racconti di vita”.

“Se il mercato conquista tutta la comunicazione noi ne saremo esclusi. Lo Stato dovrebbe intervenire per evitare questa esclusione.

La tv è piena di figure, di icone, non di cittadini. Sarebbe importante che ci fosse una forte televisione pubblica per ridurre questa esclusione e permettere ai cittadini di capire meglio, di conoscere anche il sistema della comunicazione. C’è un deficit di rappresentazione del paese, che va colmato dalla società civile nel suo insieme, trovando un modo democratico di gestire i tempi e gli spazi televisivi”.

“Bisogna poi sapere cosa possiamo comunicare - ha concluso Anversa - ora abbiamo delle grandi opportunità che prima non esistevano, come la rete. Il primo problema è la conoscenza: la conoscenza dei mezzi è fondamentale per sfruttare al meglio le nostre possibilità; si può produrre comunicazione autonomamente, questo può servire a riequilibrare le dinamiche della comunicazione e aumenta le possibilità di mettere in pratica le idee. È importante anche ricordare che non tutto può andare in televisione, tutti i media possono essere utilizzati e i prodotti comunicativi vanno differenziati in base ai media di destinazione. Le esperienze necessitano di un packaging comunicativo: mixare tecnologie, opportunità, contenuti”.

Giovanna Rossiello, giornalista Rai, ha ricordato il tavolo di confronto Media e società creato con l’ l’Associazione stampa romana, con l’obiettivo di portare all’attenzione del mondo politico e della tv pubblica temi legati al mondo dell’associazionismo che finora non trovano posto.

“C’è un mito comune secondo cui il sociale non è importante, per cercare di rimettere sullo stesso piano obiettivi di tutti e i politici che dovrebbero gestire questi temi abbiamo dato vita a questo tavolo di confronto. Qui comunicano giornalisti generalisti, il mondo dell’associazionismo e i giornalisti più vicini all’ambiente, per andare oltre i luoghi comuni e far esprimere le associazioni su temi comuni a tutti al di fuori dei particolarismi”.

“Questi argomenti dovrebbero essere temi centrali di una politica , quindi di una dirigenza che decida di dedicarvi spazio nella tv generalista - ha detto la Rossiello - Proprio in questi giorni sta scadendo il contratto di servizio della Rai; bisogna uscire dalla gabbia che considera Rai Tre e Rai News 24 le uniche isole in cui si possa trattare il sociale. Ovviamente si deve puntare sulla sensibilizzazione dei giornalisti e dei capi redattori”.

Altro tema ricorrente nelle due giornate è stato quello dell’importanza delle relazioni con il mondo dei media. Infatti Valerio Piccioni, giornalista della Gazzetta dello Sport, Mario Fatello (Caporedattore centrale TGR) e Alessandro Tiberti (giornalista Rai Sport), hanno ribadito l’imprescindibilità dei contatti e delle conoscenze personali, che non vanno limitate alla copertura della singola notizia, ma vanno costruite e alimentate col tempo, al fine di instaurare un rapporto di fiducia tra chi fa comunicazione sociale e chi lavora nei media di massa. Tiberti ha suggerito alcuni punti chiave per gli operatori impegnati nella comunicazione: “Destare sorpresa; cercare di coinvolgere le persone normali, unendo emozione e partecipazione attiva”.

I loro interventi sono stati preziosi ed hanno aperto gli occhi su una realtà complessa, a cui è difficile accedere.

“L’informazione è diventata un processo continuo e veloce di emozioni. - ha affermato Piccioni - La comunicazione sociale ha difficoltà ad affermarsi in questo sistema perché ha bisogno di più profondità. Le necessità per il giornalista sono: certezza dell’interlocutore; messaggi immediatamente chiari e appetibili, linguaggio non burocratico. Se l’Uisp si presenta come somma di una serie di sigle presenti nel panorama della promozione sportiva, ad esempio, parte del suo valore come interlocutore dei media. L’arbitrarietà del giornalista nella scelta finale di cosa viene pubblicato e cosa no, alla fine c’è sempre, ma è importante destinare ad ogni media il prodotto più indicato come contenuti e come presentazione grafica. Ogni evento è importante presentarlo bene, un buon risultato dell’Uisp in questo senso è Vivicittà, perché si è riempita di contenuti: in questo caso la comunicazione siete voi Uisp, è la forza della storia.

La situazione ad oggi è sempre più complicata: una forte restrizione della base lavorativa (non c’è ricambio e i nuovi sono molto più precari, cosa che ne può limitare notevolmente l’indipendenza) e l’esponenziale moltiplicazione delle sollecitazioni”.

“Ricordiamoci di fare una distinzione tra la singola notizia/evento e la tematica che si vuole portare avanti - ha sottolineato Mario Fatello - quest’ultima richiede un lavoro più lungo e complesso, ma è questo l’obiettivo a cui secondo me dovreste puntare: costruire un percorso, con un processo che va seguito in permanenza, e che non è contingente. È sempre importante sapere a chi ci si rivolge, perché dietro c’è una struttura a cui fare riferimento”.

La giornata di venerdì si è conclusa con l’intervento di Marco Binotto, ricercatore della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma, con un punto di vista più teorico e scientifico sulla comunicazione sociale, inserita nel più ampio contesto della comunicazione tout-court: “La comunicazione sociale crea socialità, attiva relazioni tra persone, non è pedagogica e costruisce dialogo. Comunica con le persone non con un’idea di persona e tende a connotare non il che cosa ma il come, mira ad attivare uno scambio.

Comunicazione rischia di essere una formula tropo abusata. Per darne una giusta definizione teorica stiamo puntando a cercare discriminanti sulla base del soggetto che la produce e non solo dei suoi contenuti”.

 

La giornata di sabato è stata dedicata ad uno scambio concentrato sulla comunicazione Uisp: come comunicare l’Uisp, le finalità del progetto “Comunicare lo sport sociale” e la costruzione del piano di comunicazione.

Paola Scarsi, responsabile dell’ufficio stampa del Forum Terzo Settore, ha dato consigli pratici ed ha fornito un quadro del lavoro che svolge, dei suoi ritmi, delle difficoltà e dei rapporti con la stampa, ha sottolineato in particolare l’importanza della conoscenza: “Scelgo di proporre a giornali e televisioni determinati temi e materiali perché conosco il meccanismo, so come funziona il lavoro dall’altra parte, in questo modo cerco di facilitare il compito del mio interlocutore”.

Donatella Draghetti, Daniele Borghi e Alessandro Ribolini sono intervenuti in qualità di responsabili dei progetti di servizio civile nei comitati Uisp dell’Emilia Romagna (i primi due) e della Liguria. Insieme a Bruno Di Monte, responsabile del Centro documentazione e archivio storico dell’Uisp, hanno cercato di calare nella realtà dell’Uisp le considerazioni fatte dai diversi giornalisti. Sono state esposte le modalità con cui i Comitati Uisp mettono in pratica i principi della comunicazione: è emersa in particolare la necessità di presentare gli eventi Uisp rilevanti sempre attraverso un elemento catalizzatore che attiri l’attenzione del pubblico e l’importanza di curare e mantenere buoni rapporti con giornalisti e rappresentanti dei mezzi di comunicazione, che possono aiutare a conoscere il sistema e a sfruttare la forza del messaggio dello Sport per tutti.

Ivano Maiorella, responsabile comunicazione e stampa nazionale Uisp, ha sottolineato l’importanza di conoscere l’associazione, di saperla interrogare ed ascoltare per costruire un piano di comunicazione condiviso e in grado di porsi obiettivi realizzabili, al raggiungimento dei quali tutta la Uisp coopera.

Hanno poi preso la parola alcuni dei volontari in servizio civile in Liguria ed Emilia Romagna, proponendo spunti di riflessione e perplessità, soprattutto legati al come far emergere la nostra comunicazione senza rinunciare al significato e all’impegno del lavoro degli operatori sul territorio.

I volontari presenti, tutti impegnati sul progetto della comunicazione sociale, quindi nel settore editoria e comunicazione Uisp, erano: Stefano Passafaro e Dea Bottero da Uisp Genova, Elisa Greco da Uisp Liguria, Elena Lussiana ed Elena Bonelli da Uisp La Spezia, Valentina Cristiani e Catia Valbonesi da Uisp Bologna, e Pierpaolo Sartori da Uisp Emilia Romagna, che collabora con Bruno Di Monte per il Centro documentazione e archivio storico dell’Uisp.

Si è arrivati alla conclusione che la realtà dell’Uisp è complessa; non tutti coloro che vi operano sanno comunicare all’esterno ciò che fanno, pochi ne conoscono le tecniche; spesso si parla di contesti locali ristretti, in cui un’unica persona si occupa di cose diverse e tra queste vi è anche la comunicazione. Guardando al futuro bisognerà, anche attraverso questo progetto di servizio civile, investire sempre di più sulla formazione in ambito comunicativo di risorse umane in grado di operare in maniera professionale, senza perdere di vista la dimensione associativa, i suoi valori e i principi ispiratori.

Nonostante le crude verità presentate dai giornalisti relatori, la sfida che si pone di fronte ai nuovi volontari in servizio civile si rivela allettante. [E.F. e C.M.]

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