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Il conflitto di interessi sbarca a Bruxelles di Fulvio Fammoni
18.06.2003

Informazione per voce sola
Il conflitto di interessi sbarca a Bruxelles
di FULVIO FAMMONI*
L'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea prevede che "ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione", "la libertà dei media e il pluralismo devono essere rispettati". Il caso dell'Italia e del suo presidente del Consiglio sono considerati una anomalia grave nel panorama europeo.

fonte: http://www.articolo21.com


Il Parlamento europeo (a maggioranza di centro-destra) ritiene infatti necessario approvare ordini del giorno riferiti all'Italia a difesa del pluralismo dell'informazione e contro l'eccessiva concentrazione definita: un pericolo per la democrazia. Il parlamento europeo ha rilevato come la situazione determinatasi in Italia, per il controllo esercitato dalla stessa persona su gran parte dei media e del mercato della pubblicità, potrebbe costituire una grave violazione dei diritti fondamentali tutelati dall'art. 7 del Trattato dell'unione.
La relazione in base alla quale il Parlamento europeo si è pronunciato, si ferma al 2001 e non prende perciò in considerazione il costante peggioramento verificatosi nel 2002 e all'inizio dell'anno in corso, in particolare nella gestione della emittente radio televisiva pubblica, con l'utilizzo di una vera e propria "via disciplinare all'audience" grave e sbagliata, come dimostrano i fatti e come dimostra la vicenda giudiziaria della Rsi contro la redazione di Sciuscià. In Italia la situazione politica, istituzionale, economica e sociale si è fortemente deteriorata. Gli ultimi attacchi alla magistratura confermano una concezione fortemente autocratica del potere, svincolata dalla legge e dal rispetto dell'autonomia dell'ordine giudiziario. È la stessa concezione, da tempo denunciata, relativa ad una riduzione dell'autonomia legislativa del Parlamento, ad un disegno inaccettabile di riforma dello Stato.
Atti che propongono un quadro di governo, come dimostrano le leggi delega, fondato sulla divisione sociale e istituzionale, sulla riduzione di ruolo e autonomia della rappresentanza sociale e sul primato del neocentralismo istituzionale.
È in questo ambito che si conferma e si enfatizza uno dei principali problemi: il conflitto d'interessi del presidente del Consiglio, sempre più evidente e pericoloso sia per l'informazione che nel versante culturale. Fino a mettere in discussione e in pericolo diritti costituzionalmente sanciti, in Italia e in Europa, sulla libertà d'informazione ed espressione. La libertà è da sempre definita come autodeterminazione in assenza di limiti e condizioni interne ed esterne. Il pluralismo è consentire l'espressione e la divulgazione di una pluralità di opinioni anche se diverse da quelle della maggioranza. Nel nostro paese la rappresentazione a voce unica, l'omologazione e l'intolleranza verso le opinioni critiche sono invece all'ordine del giorno. Una scelta populista non ha interesse a risolvere questi problemi ma punta, nel campo dell'informazione, ad un controllo sempre più esteso, non solo di tv ma di cinema, libri, quotidiani, pubblicità, ecc.. Ecco perché gli interventi e la censura sui conduttori, sulla satira, sui creatori di programmi, singoli giornalisti ed operatori. Ed ecco il perché di una legge, che tende a consolidare e sviluppare l'attuale assetto di blocco e di monopolio. Il disegno di legge del governo non è solo inadeguato: comprende scelte volutamente sbagliate, ampliando la logica di monopolio e trasferendo nel futuro i problemi attuali del sistema di comunicazione. È questo il primo e principale limite che peserebbe su qualsiasi legge di sistema e che viene addirittura enfatizzato dalla "proposta Gasparri", che giudichiamo sbagliata e figlia di questa idea proprietaria e incostituzionale dell'informazione. Un esempio lampante è costituito dalla Rai. Non condivido, considero incostituzionale il progetto in atto che tende a far diventare il servizio pubblico organismo al servizio dell'esecutivo e non strumento al servizio della comunità nazionale sotto la garanzia del parlamento. Si deve dunque a pieno titolo sollevare il pericolo che per l'informazione e la comunicazione si arrivi ad uno svuotamento sostanziale della Costituzione.
In alcuni casi si usa l'omologazione dei prodotti, in altri l'oscuramento intenzionale, in altri si deforma quello che si dice, ma soprattutto si riportano opinioni (del governo, della maggioranza e del premier) non come opzioni di parte ma come fatti. Occorre quindi battersi per garantire libertà d'informazione ed assieme diritto di cronaca e di critica, spazi di confronto, diritto di accesso alle fonti, libertà di espressione. Un lavoratore ed un cittadino condizionato da questo clima è meno libero, come denunciano le iniziative dei sindacati dei giornalisti e degli operatori della comunicazione.Ecco il motivo perché l'Associazione Articolo 21 liberi di ha presentato una formale richiesta di procedura di infrazione in base all'art. 7 del Trattato di Maastricht alle più alte cariche europee e perché viene organizzata, alla vigilia dell'avvio della presidenza italiana, una manifestazione sulla libertà di informazione a Bruxelles.
* segretario generale Slc-Cgil

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