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Sulla 194 - di Paola Gaiotti De Biase
25.11.2005
La rozzezza di questa maggioranza ha una conferma nella rozzezza con cui sembra davvero decisa ad aprire già in piena campagna elettorale la questione dell’aborto.

Nessuna legge è sottoposta ad un tabu e non è revisionabile, di ogni legge vanno verificati costantemente gli effetti e l’applicazione, e, del resto se c’è una legge che è stata continuamente, per esplicita previsione legislativa, monitorata dal Parlamento è proprio questa. Ma bisogna almeno fare uno sforzo per capire lo stato reale della questione, i vincoli e gli obiettivi praticabili.

E’ stata vanzata prima la questione dei volontari antiaborto nei Consultori. Nessuno sembra ricordare che all’atto dell’ approvazione della legge si verificò una convergenza, cui si oppose Maria Eletta Martini, fra laici e Santa Sede sulla presenza di obiettori di coscienza fra i diversi professionisti incaricati di assistere la donna nelle sue decisioni.

Si trattava di una proposta di ben altro spessore rispetto al presidio di volontari come guardiani militanti della vita oggi proposto, ma fu respinto dal cattolicesimo ufficiale e quindi dai parlamentari democristiani perchè in caso del permanere della scelta della donna, ne diventavano in qualche modo complici. Una questione in parte analoga del resto fu agitata a lungo fra la Conferenza episcopale tedesca e la Santa Sede.

Cosa cambia ora se si fanno entrare strutturalmente, nell’iter decisionale non professionisti competenti, comunque orientati, ma responsabili solo di fronte a se stessi, ma volontari con un mandato formale, che pure possono sempre fallire? Non sarebbero anch’essi complici della decisione finale? Dico questo certo non per sottovalutare l’ulteriore sofferenza inflitta alle donne, ma per invitare ad una maggiore coerenza.

Non provoca stupore minore la proposta di una commissione d’inchiesta sui consultori. Tutto ciò che accade è previsto, noto e prevedibile, e svela quale è lo sfondo della logica politica che l’ispira. Sono in parecchi che vorrebbero sì cambiare la 194, ma ahimè non hanno alcuna idea di come farlo, sono come immobilizzati e impossibilitati a pensare in quale direzione e come.

Si sa che non sono stata favorevole a suo tempo alla legge come è uscita dal Parlamento. Recentemente ho avuto occasione, ricostruendone l’iter per un saggio sulla rivista delaa Società Italiana delle storiche, Genesis, di ricontrollare documenti e passaggi politici di quella vicenda.

Mi sono ulteriormente convinta di quali siano stati i limiti della legge, gli scacchi che l’hanno segnata. Il primo riguarda la debolezza della posizione cattolica che non è riuscita o non ha voluto, mediare fra le due opposte esigenze, confermare almeno sul piano teorico del messaggio pubblico, l’illiceità dell’ aborto e consentire la depenalizzazione per cancellare l’aborto clandestino.

Stretta fra il dilemma fra una impraticabile non punibilità selettiva posteriore all’evento e un’autorizzazione precedente che appariva rendere lo Stato corresponsabile, la parte cattolica si è chiusa in una sostanziale impotenza politica.

Questa impotenza fu aggravata quando, nel referendum abrogativo posteriore si propose, nella versione soft accolta dalla Consulta, in assoluta contraddizione con la battaglia precedente, solo una modica multa pecuniaria per chi avesse abortito e lo fu perchè il Movimento per la vita, in contrasto col carattere minimalista ormai della sua proposta, svolse una campagna massimalista, tutta concentrata sui grandi principi, sul richiamo alla vita anzichè sugli strumanti concreti per combattere l’ aborto.

Questi limiti di mediazione, e dunque questa impotenza, ci sono ancora tutti ed è per questo e solo per questo che nessuno può proporre la revisione della legge.

Il secondo scacco è più grave e attuale perchè pesa su tutti, fautori e oppositori della legge, e in particolare sulle donne, ed è il limite ottimistico della scelta della prevenzione. Questa scelta portò, in positivo , al maggiore finanziamento dei consultori, confidando in un insediamento su tutto il territorio nazionale ( che non ci sarà) e all’imposizione di una informazione sui contraccettivi che certamente ha contribuito alla riduzione degli aborti statisticamente registrata; ma sono mancate tutte le misure di sostegno economico e sociale della maternità che la legge prevedeva, senza le quali non si può sviluppare una funzione dissuasiva dei consultori credibile e fondata.

E’ in questo senso che sulla 194 prima di parlare di revisione si deve parlare di applicazione. In materia di condizioni di lavoro delle donne, di asili nido, di politica della casa, di conciliazione fra famiglia e lavoro, di solitudine della madre, il nostro paese non solo non ha fatto decisivi passi avanti ma ne ha fatti parecchi indietro in questa legislatura rispetto ai primi sforzi della precedente. Gli aiuti a pioggia, che non tengono conto della condizione sociale di base e le detrazioni fiscali, di cui non si avvantaggiano i nuclei più deboli, sembrano più dichiarazioni ideologiche che politiche di sostegno; e il tentativo di alcune Regioni di offrire una cifra alle donne che rinunciano ad abortire è stato un’offesa per tutte le potenziali madri in condizioni difficili che ad abortire non pensano affatto ma non hanno meno diritto ad essere sostenute.

E’ proprio dunque sulla logica preventiva introdotta nella legge per l’iniziativa parlamentare di cattolici allora eletti a sinistra, che la legge va applicata, cioè di fatto migliorando le condizioni della maternità. La destra dimostra di non capirlo se arriva al punto di dire, come ho letto, che bisogna sostituire nella legge la tutela della vita rispetto alla tutela della maternità. Come di grazia tutelare la vita se non si tutela la maternità?

Dunque la 194 si può superare solo se la si applica davvero, i consultori potranno svolgere azione preventiva, e non solo di registrazione della volontà della donna, solo se esistono politiche sociali volte a risolverne le difficoltà. E solo se questo avvenisse potrebbe essere rivisto l’impianto teorico della legge con una più puntuale ridefinizione dell’aborto che riduca l’immagine di indifferenza etica che la legge ha di fatto portato con sè.

Ma questo può essere solo un compito del centro sinistra. Solo il centrosinistra può rafforzare l’informazione sui contraccettivi per le donne immigrate e le giovanissime che oggi sono le più coinvolte; solo il centro sinistra può, in un ripensamento del welfare creare le condizioni perchè tutte le donne che vogliono un figlio possano averlo, solo il centrosinistra può battersi per affermare in qualche modo il diritto alla maternità accanto a una corretta possibilità di evitarla.

Che l’aborto non possa essere un simbolo di liberazione femminile l’avevano già capito tante femministe degli anni Settanta. Oggi tocca alle donne dell’Ulivo, cattoliche e laiche, di sinistra e di centro, ritentare una mediazione accettabile, battendosi perchè un di più di liberazione della donna coincida con una drastica riduzione del ricorso all’aborto.

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