26.11.2005
Carlo Scarpa / lavoce.info
I problemi del sistema energetico italiano, in estrema sintesi, sono tre: l’inquinamento, la sicurezza degli approvvigionamenti e il prezzo dell’energia.
I prezzi
Partiamo dai prezzi. Secondo tutti i dati disponibili, i prezzi italiani dell’energia elettrica sono ai massimi europei (primo posto non contestato) sia per i grandi consumatori, sia per le utenze domestiche (a parte la "fascia sociale", che protegge in realtà anche migliaia se non milioni di consumatori piuttosto abbienti). Scarsa concorrenza? Certo, ma anche le scelte energetiche del paese (molte centrali vecchie che bruciano olio combustibile, per citare un tema) pesano in modo assolutamente decisivo. Nel gas i dati sono più controversi. Il prezzo per i piccoli utenti è altissimo grazie soprattutto al fisco: quasi il 50 per cento della nostra bolletta è costituita da imposte. Altrettanto certo è che i profitti di Eni fanno segnare record continui e imbarazzanti: se la teoria economica non mi inganna, i profitti sono molto elevati quando i prezzi sono molto superiori ai costi, quindi anche qui i margini di miglioramento sono consistenti. Basta aumentare la concorrenza? Nell’elettricità , intanto, non è chiaro come questo possa essere fatto. Fin quando saprà di essere "pivotale" - ovvero necessaria a evitare di spegnere le luci - un’impresa avrà molto potere di mercato. Se anche si dimezzasse la capacità produttiva controllata da Enel, ad esempio, il problema in larga parte resterebbe. Possiamo eliminare questo elemento solo se la capacità di vendere energia è molto superiore alla domanda, e questo significa o aumentare a dismisura la capacità produttiva (il che costa tantissimo) oppure aumentare la nostra capacità di importare elettricità . Forse è in questa direzione che dobbiamo andare, ma significa dipendere dall’estero in misura crescente, e il black out del 2003 ha mostrato quali conseguenze può comportare. Nel gas, ove il 90 per cento di quanto consumiamo proviene dall’estero, il vero nodo è separare la funzione di approvvigionamento (che ha una dimensione imprescindibile di politica estera) da quella di vendita: fin quando il maggiore venditore (Eni) sarà anche l’impresa che controlla quasi il 90 per cento dei contratti di import non sarà facile imporgli proprio nulla. Per ora, dovremmo cercare di costruire più impianti per importare gas in forma liquida e rigassificarlo in Italia. (1) I diversi progetti allo studio, però, hanno tutti tempi biblici, tra difficoltà di finanziare i progetti in situazione di grande incertezza sulle regole e la opposizione delle autorità locali. Nel breve periodo, non ci possiamo aspettare gran che.
Sicurezza e ambiente
Per entrambi i mercati, quindi, il nodo sembra essere una scelta fondamentale di politica energetica, che rimanda anche al tema della sicurezza. Si pensi che l’85 per cento dell’energia consumata in Italia proviene dall’estero - soprattutto petrolio, ma la percentuale del gas è in rapida ascesa, e questo ci lega a doppio filo a paesi nelle zone politicamente più instabili della terra. Per ovviare al problema serve costruire nuove centrali elettriche? Il problema non è quello, sia perché la dipendenza elettrica è solo una parte della storia, sia perché quasi tutte le nuove centrali elettriche in corso di progettazione o costruzione richiedono a loro volta gas. Per dare un’idea del trend, nel 1990 il 20 per cento dell’energia prodotta in Italia richiedeva che si bruciasse gas, ora siamo oltre il 40 per cento. E nel 2010 si stima che potremmo essere attorno al 60 per cento. Non è in questo modo che riduciamo la dipendenza dall’estero. Oltre tutto, c’è il problema ambientale. Alcuni dati recenti sono a dir poco allarmanti. Un altissimo dirigente del ministero dell’Ambiente ha dichiarato in sede pubblica che possiamo "toglierci dalla testa" l’idea di costruire nuove centrali in Pianura Padana perché gli inquinanti (Nx in particolare) sono già oltre i livelli delle normative sulla qualità dell’aria. Vero? Falso? Certo è che la fonte è molto autorevole. Così come secondo la stessa fonte dobbiamo "toglierci dalla testa" l’idea di convertire a carbone alcune grandi centrali. Si noti che queste affermazioni riguardano anche una serie di progetti che hanno in realtà già avuto l’autorizzazione dei ministeri competenti.
Scelte ineludibili
In sostanza, ambiente, sicurezza energetica, prezzi si intrecciano in modo ineludibile e richiedono scelte di fondo non rinviabili:il nucleare? Il sole (con varie tecnologie possibili)? L’energia eolica (il vento)? Il dibattito di questi giorni sul nucleare mi sembra ai limiti del ridicolo. In primo luogo, conviene veramente? L’energia francese costa poco solo perché il Governo francese intende porre i costi (enormi) dello smantellamento delle centrali dimesse a carico del bilancio dello Stato. Se sommiamo tutti i costi, il nucleare - con le tecnologie odierne - non è un grande affare, anche se è vero che non dovremmo importare materie prime dall’estero. Ma è un dibattito ridicolo soprattutto perché la questione nucleare non ha a che fare con una parte politica, ma con la capacità di chiunque sia al Governo di gestire i processi. Quale Governo, di destra o di sinistra, sarebbe oggi capace di imporre la costruzione di una centrale nucleare superando le opposizioni locali, quando ci sono voluti venti anni per costruire alcuni pezzi della rete elettrica (tralicci e cavi, niente di più)? E le scorie? Se non riusciamo neppure a costruire discariche "ordinarie", pensiamo veramente di riuscire ad avere quelle per stipare le scorie nucleari? Aspettare il nucleare pulito temo sia l’unica alternativa: solo allora, forse, riusciremo a farlo accettare dalle comunità locali; a prescindere da chi governa. Quanto all’energia solare, arrivare al livello tedesco sarebbe una bella cosa, ma in realtà questo sforzo (titanico) riguarderebbe comunque una frazione abbastanza piccola dell’energia consumata. Nella Germania indicata come esempio di irraggiungibile virtù, il solare copre circa l’1 per cento - dicesi uno per cento - del consumo totale. (2) Non illudiamoci che questo basti; serve uno sforzo articolato, fatto di risparmio energetico, e molto altro. E comunque, quali sono i costi? Anche tenendo conto dei vincoli di Kyoto, che tra poco cominceremo a pagare per la nostra incapacità di limitare i consumi, un aumento dei costi è da preventivare. Scelte energetiche di fondo e prezzi dell’energia sono strettamente interrelati. Se siamo pronti ad accettare un aumento dei costi dell’energia, oggi già elevati, non c’è problema. E forse è la cosa giusta da fare, se è vero che la qualità dell’aria è già oltre i limiti tollerabili. Basta non illudersi di potere avere botte piena e moglie ubriaca.
(1) Al momento abbiamo solo un impianto di questo tipo, casualmente dell’Eni. Il progetto di Brindisi è ancora, come è noto, oggetto di un pesante contenzioso con le autorità locali pugliesi.
(2) Il totale delle rinnovabili in Germania produce l’8 per cento della richiesta nazionale. Si noti che il 50 per cento dell’energia ivi prodotta brucia carbone, una delle fonti più inquinanti ma a costo "diretto" minore. Anche la "virtuosa" Germania si preoccupa dell’economicità . Per dati più completi si rinvia a http://www.grtn.it/ita/Pubblicazioni/fontirinnovabili/StatisticheFontiRinnovabili2004.pdf
Fonte: http://www.lavoce.info/news/view.php?id=10&cms_pk=1873&from=index
mt
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