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L’anno che verrà (di Paola Carini)
1.12.2005
Oren Lyons (nella foto) è un tranquillo signore dal viso gentile che gira per il mondo e parla alle Nazioni Unite, è professore universitario e un conferenziere molto richiesto sia negli Stati Uniti che all’estero. Ma, soprattutto, è il depositario delle tradizioni del Clan della Tartaruga della nazione onondaga. Questo significa che Lyons è uno di quei straordinari nativo-americani, uomini e donne, che hanno saputo caparbiamente conservare e rinvigorire le tradizioni spirituali della propria gente nonostante cinque secoli di colonizzazione.

Gli onondaga (che significa la gente delle colline) facevano parte di quella confederazione di nazioni indiane, gli haudenasaunee (le genti della “longhouse”, dal nome della struttura di legno lunga e ampia in cui si riunivano), dalla cui alleanza scaturì un codice di leggi (come ampiamente spiegato nell’articolo intitolato “La Legge della Pace” in questa rubrica) che i Padri Fondatori presero ad esempio per stilare la Costituzione Americana. La confederazione ha origini antichissime: attorno all’anno 1000, nella zona orientale degli odierni Stati Uniti mohawk, oneida, cayuga, onondaga, e seneca, ispirati da una visione profetica, seppero mettere da parte l’aggressività e i rancori reciproci, superare i motivi di divisione e creare un Gran Consiglio costituito da membri scelti di ciascun gruppo in cui il mantenimento della pace era l’obiettivo finale. Quando in Europa il feudalesimo alimentava sanguinose guerre a ripetizione, una parte di America autoctona decideva di costruire il proprio destino sulla pacifica collaborazione e su di un modello organizzativo democratico, di democrazia “partecipata” si direbbe oggi, in cui il ruolo decisionale delle donne era preponderante. Successivamente, nel corso del Settecento, aderirono alla confederazione anche i tuscarora.

L’arrivo dei colonizzatori destabilizzò l’equilibrio di tutta l’area; la commercializzazione di pelli e pellicce, a cui si unirono anche i gruppi tribali, cambiò radicalmente la struttura sociale, scompaginò la tradizionale economia di sussistenza e radicalizzò le tensioni e i conflitti latenti. La Confederazione haudenosaunee entrò in guerra con altri gruppi non alleati, dando inizio a quel declino lento ma inesorabile che finì con il coinvolgere anche il resto dell’America autoctona.

Gli onondaga persero complessivamente il 95% della terra originaria, quella che ora corrisponde allo stato di New York. La tattica fu l’usuale: trattati disattesi e legislazione federale ambigua, quando non apertamente a discapito delle nazioni indiane. Oggi, gli onondaga vivono in una riserva di più di 7000 acri a sud della città di Syracuse, nello stato di New York, ma di quel passato hanno saputo mantenerne vivi gli aspetti più salienti: le Clan Mothers, le Madri dei vari clan, dopo mille anni continuano a designare i leader della comunità e i cosiddetti faithkeepers, i depositari delle tradizioni come Oren Lyons, affinché la Weltanshauung, la visione del mondo onondaga, venga perpetuata.

In linea con i principi tradizionali la nazione onondaga, diversamente da molte altre nazioni nativo-americane, ha scelto di promuovere un’economia non dipendente dal gioco d’azzardo (sulla sua popolarità in “Indian country”, si veda l’articolo “Azzardi”), seguendo i dettami della Legge della Pace: lavorare in sinergia con tutti gli altri in modo da trovare una soluzione ottimale sia per oggi, che per le prossime sette generazioni. Questa lungimiranza è la conditio sine qua non che guida gli onondaga contemporanei: qualsiasi scelta deve essere la scelta migliore per il presente e per coloro che verranno, un concetto rivoluzionario vecchio di mille anni che, tradotto nella pratica, significa salvaguardia dell’ambiente, sviluppo sostenibile, tutela delle riserve idriche, risparmio di acqua e di energia.

Il lago Onondaga, il luogo in cui venne creata la confederazione, e tutto il sistema idrico che gli gravita attorno soffre oggi di un livello di inquinamento altissimo. Anni di riversamenti di fosforo, ammoniaca, nitrati e altre sostanze pericolose tra cui benzene, diossine e mercurio da parte di varie aziende (Honeywell e Solvay - la stessa che “usa” il toscano fiume Cecina e la sua valle - tra le più note) lo hanno reso incompatibile con la vita umana e animale. Dal 1994 il lago è nella lista dei siti dell’EPA (Environmental Protection Agency) che devono essere urgentemente bonificati. Dopo anni di studi, querele e ordini del tribunale il dipartimento dello stato di New York che si occupa di questioni ambientali, il DEC, ha finalmente stilato un piano di bonifica che però ripulirebbe solo una parte del lago e ne coprirebbe il fondo - una melma di sostanze chimiche, metalli pesanti, tossine - con uno strato di sabbia. Contravvenendo all’obbligo di consultare le nazioni indiane eventualmente coinvolte (in questo caso gli onondaga), il DEC si è limitato a presentare il proprio progetto senza nemmeno aprire un tavolo di discussione. La nazione onondaga lo ha rigettato sia nella forma, sia nella sostanza.

Che senso avrebbe ripulire solo un pezzo di lago e non tutto il sistema acquifero, falde comprese? E che durata avrebbe una bonifica di questo tipo? Qualche anno? E poi? Ma il contrasto non scaturisce solamente dagli effetti temporanei, scarsi e parziali del progetto del DEC; lo spartiacque tra la posizione degli onondaga e quella dello stato di New York risiede proprio nel principio di lungimiranza - le sette generazioni future - che è assolutamente incomprensibile dalla controparte. Gli onondaga pensano al benessere dei figli dei loro figli assumendosi la responsabilità di lasciare in eredità un mondo migliore; l’Occidente, il “primo mondo”, al massimo pensa all’anno che verrà.

In occasione del 62° congresso del NCAI (National Congress of American Indians), Lyons ha ricordato le profezie nativo-americane: molte avevano predetto le catastrofi naturali come l’uragano Katrina, e molte indicano che nel prossimo futuro i disastri aumenteranno notevolmente di entità e di frequenza. Ma, parallelamente, le genti nativo-americane stanno reimparando a contare sulle proprie tradizioni, e, come gli onondaga, stanno infittendo la collaborazione con le comunità vicine, le associazioni, i singoli cittadini in nome della difesa dell’ambiente. All’interno della riserva, con i proventi di un esercizio commerciale in cui si vende tabacco esente da imposizioni fiscali, è stato costruito un palazzetto dello sport per il gioco del lacrosse e dell’hockey in cui convergono scuole e squadre di tutto il circondario. Insieme ad altri gruppi di cittadinanza attiva, gli onondaga stanno combattendo la battaglia per il ripristino dello stato originario del Lago Onondaga e la conservazione complessiva di una vasta area ecologica di pregio, la parte centrale dello stato di New York. In virtù delle sue esperienze all’estero, Lyons ha ricordato l’importante presa di coscienza di molti cittadini di vari paesi dell’uso necessario e improcrastinabile delle fonti di energia pulite in alternativa al petrolio, che si coniuga perfettamente con l’idea di programmare un futuro vivibile per le sette generazioni che verranno.

In America sono in molti a concordare con questa posizione, calcolandone anche il doppio guadagno: gli innegabili profitti economici da un lato, e un ambiente salutare dall’altro. Se Bush ha ritirato l’adesione degli Stati al protocollo di Kyoto sottoscritto dal suo predecessore Clinton, sono già più di 180 le città americane ad avere deciso di applicare gli standard del protocollo autonomamente, e tante di loro stanno contattando le nazioni delle Grandi Pianure, che puntano verso la produzione di energia eolica, e quelle del sudovest, che puntano su quella solare, per progettare inusuali “partnership” tra municipalità e nazioni nativo-americane.

Sono da definirsi i risvolti legali e giuridici dati dal particolare status delle riserve a livello federale e ripensare la rete distributiva dell’energia, ma c’è la volontà di cooperare, tutti insieme, per trovare una soluzione al disastro ambientale di oggi e pianificare al tempo stesso un futuro sereno in una natura ripulita.

C’è l’interesse, c’è la potenzialità, c’è la tecnologia. C’è, soprattutto, una convergenza di idee, di sogni, di speranze, di Weltanschauung. È alla natura, continua a ripetere Oren Lyons, che si deve rendere grazie, perché permette la vita; il dovere primario è quindi quello di rispettarla in tutte le sue componenti - acqua, aria, terra - perché se non lo si fa, semplicemente non ci può essere vita.

È un monito che dovremo ricordare quando festeggeremo il capodanno. Perché limitarsi a pensare all’anno che verrà non è solo una miope illusione, ma una pesante ipoteca che tra breve nessuno di noi sarà più in grado di estinguere.

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