1.12.2005
Inchiesta della magistratura dopo l’esposto di Amici della terra: il terrapieno sotto il porticciolo era una discarica di rifiuti tossico-nocivi. Sigilli a oltre un chilometro di costa
Il porticciolo di Trieste è costruito su un terrapieno fatto di scarti industriali, una discarica di rifiuti tossico-nocivi nella quale è stata riscontrata la presenza di diossina con un valore percentuale pari a 500 volte il limite previsto. Ne sono convinti i carabinieri del Noe di Udine (coordinati dal pm triestino Claudia Bacer) che hanno sequestrato 90mila mq, in località Barcola-Bovedo, un tratto di costa di oltre un chilometro per una profondità che va dai 10 ai 40 metri dalla riva che fa capo al demanio marittimo. Un sequestro, che segue un esposto di Amici della terra, che ha fatto molto rumore in città : nel porticciolo hanno sede i più importanti e storici circoli nautici e ricreativi del capoluogo giuliano ed è punto di partenza della Barcolana, una delle più prestigiose regate veliche del mondo. Gli accertamenti del Noe, in collaborazione con l'Arpa della Regione Friuli-Venezia Giulia - Dipartimento di Trieste - hanno permesso di appurare che agli inizi degli anni Ottanta la ditta Zorattini spa aveva gestito, in quella località , una discarica di tipo “II A”, per smaltire «rifiuti speciali inerti, provenienti da scavi di sbancamento e fondazioni inerenti le opere di ampliamento delle sedi dei locali Centro internazionale di Fisica teorica e della Scuola internazionale di Studi superiori avanzati». Inoltre sulla stessa area esisteva, a partire dalla zona franca del Porto Vecchio, un'ulteriore discarica per materiali inerti (aridi), già gestita, tra i Settanta e gli Ottanta dal Comune di Trieste. I numerosi carotaggi fatti nell'area avrebbero fatto emergere una considerevole presenza di materiali estranei al terreno naturale, come ceneri, plastica, rifiuti industriali metallici e farmaceutici. Un primo allarme, sul potenziale pericolo di inquinamento delle acque di quel golfo, per la presenza delle discariche, era stato segnalato nel 1981 dal Comune di Trieste all'Ente autonomo dello stesso porto. Dall’esame dei tecnici è emerso la presenza di un’ingente percentuale di ceneri provenienti da termovalorizzatori, contaminate da diossina (+ 500% limite previsto), metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e mercurio. L’inchiesta della procura, per il momento, non vedrebbe persone indagate, ma sono in corso accertamenti per stabilire eventuali responsabilità . Soddisfazione «per la rapidità delle indagini e della decisione della procura di Trieste» è stata espressa dal presidente degli Amici della terra del Friuli-Venezia Giulia Roberto Giurastante, che ha ricordato come l'associazione abbia già denunciato la presenza di materiali inquinanti in altre zone del litorale triestino che sarebbe interessato per circa il 40% da scarichi industriali abusivi a cui si aggiungerebbero - sempre secondo l'associazione - scarichi di liquami fuori norma. Per l'associazione si tratta - ha ricordato Giurastante - della seconda «amara vittoria», dopo l’accertamento di un’altra discarica abusiva in zona industriale, oggetto di un processo in corso.
Fonte: http://www.lanuovaecologia.it/rifiuti/ecoreati/5057.php
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