5.12.2005
di Alberto Melloni. L’8 dicembre 1965, esattamente 40 anni fa, si chiudeva il Concilio ecumenico Vaticano II, che si era aperto tre anni prima, l’11 ottobre 1962. Furono tre anni che cambiarono la storia, e non solo quella della Chiesa cattolica. Sull’importanza storica del Vaticano II, sul periodo tumultuoso e creativo che ne seguì, sui discussi sviluppi del post-concilio e sulla fedeltà (o meno) della Chiesa nella recezione del dettato conciliare, si sono riempiti in questi anni centinaia di volumi. Senza entrare nel dibattito, nelle pagine che seguono pubblichiamo una riflessione dello storico Alberto Melloni sul nodo nevralgico della collegialità , e l’intervista a due testimoni diretti dell’assise conciliare: monsignor Luigi Bettazzi e il segretario di papa Giovanni XXIII, monsignor Loris Capovilla. Non tutto ciò che pareva imminente alla fine del Vaticano II, quaranta anni fa, ha trovato realizzazione. Per molti vescovi l’aver introdotto il diaconato uxorato era un segnale che avrebbe dovuto tastare il terreno in vista di una restaurazione del presbiterato per uomini sposati; la cancellazione delle scomuniche pareva la premessa a un ristabilimento della comunione eucaristica che di lì a poco avrebbe avuto in papa Paolo VI e nel patriarca Athenagoras i propri corifei; ma soprattutto ci si attendeva che le decisioni capitali prese in materia di collegialità episcopale avrebbero avuto il loro compimento nella creazione di qualche organo che, sotto e insieme al successore di Pietro, desse corpo alla responsabilità dei vescovi nel governo della Chiesa universale. Nessuna di queste cose arrivò nel breve tempo che si riteneva le avrebbe portate, e nessuna è arrivata ancora oggi, a quarant’anni di distanza.
Per qualcuno queste istanze (e non solo queste) sono state provvidenzialmente disattese e hanno evitato l’applicazione di direttrici di riforma ecclesiologica inaccettabili in nome della tradizione; per altri, questi punti (e non solo questi) sono la prova che il Concilio è stato tradito e che le sue potenzialità migliori sono rimaste inevase: e così, su questa linea di confine fra due letture della Chiesa e del tempo, si è battagliato per anni, con qualche frutto di miglior conoscenza storica e teologica prodotto da una parte e dall’altra. Ma il tono polemico, il bisogno di "dimostrare" qualcosa, ha forse fatto perdere di vista che alcune di quelle speranze hanno già operato dentro il tessuto concreto della vita della Chiesa, perché anche quando hanno mancato l’incontro con le speranze dei cattolici, hanno comunque circoscritto l’area di ciò che davvero stava al cuore della vita di fede. […]
Prosegue: http://www.stpauls.it/jesus/0512je/0512je68.htm
mt
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