5.12.2005
Le associazioni consegnano al Parlamento 12mila firme contro le barriere previste a Venezia. «Un’opera che non risolve i problemi e costa troppo». Pronto un piano di alternative / L'inchiesta de La Nuova Ecologia da acquistare on line
Si apre un nuovo fronte sul piano degli eco-conflitti. Dopo il Ponte di Messina e la Tav in Val di Susa, adesso tocca al Mose di Venezia. Perché il Mose, il sistema di barriere mobili per tutelare la città lagunare, tanto caro al premier e a tutta la compagine governativa, continua a creare dissensi: al momento, a volerli contare, si arriva a
quota 11.600 (in rapido aumento). Sono 11.600 i cittadini che hanno firmato una petizione per chiedere la sospensione dei lavori del Mose: un manipolo agguerrito che chiede di abbandonare un'opera «datata e superata» per approdare a una serie di progetti «più seri», «meno costosi», «reversibili», «più veloci da realizzare» e in grado «davvero di salvare Venezia e la sua laguna». E tanto per dimostrare che fanno sul serio, oggi le quasi 12 mila firme sono state presentate alla stampa e consegnate ai deputati di Montecitorio. «Non siamo contrari ad opere tout court - spiegano oggi rappresentanti dell'assemblea permanente “NoMose” - siamo contrari a quest'opera. Che a differenza della Tav o del Ponte di Messina non viene capita neanche tecnicamente dalla popolazione». E la dimostrazione di quanto sia sentita la questione la dà l'ampio cartello di associazioni che con l'assemblea permanente NoMose hanno dato vita all'iniziativa di oggi: da Italia nostra a Legambiente e poi Lipu, Wwf, Medicina democratica, Sinistra ecologista, Vas. Spiega il responsabile Rapporti istituzionali di Legambiente, Maurizio Picca, tutto questo «nasce con la legge Obiettivo: si saltano le normali procedure della democrazia partecipata e il dissenso delle comunità locali è la naturale conseguenza di questo processo». In più, aggiunge, «opere faraoniche come il Ponte di Messina o il Mose stanno prosciungando i fondi per altre infrastrutture: ordinarie ma essenziali per lo sviluppo del Paese». Il messaggio che vogliamo far passare, dice Danilo Selvaggi, responsabile Relazioni istituzionali della Lipu, «è, invece, che non solo il Mose non è la migliore delle soluzioni ma che, in assoluto, è la peggiore. E che ora siamo ancora in tempo per fermare questo scempio». «Noi non siamo i peggiori nemici del sistema di barriere mobili - dice il portavoce di Sinistra ecologista, Fabrizio Vigni - il peggior nemico è questo governo che non ha i soldi per realizzarlo». Dal Wwf, con Silvia Fischietti, l’avviso che quest’opera «con molta probabilità ci metterà di nuovo contro l'Unione europea e porterà a una nuova procedura d'infrazione nei confronti del nostro Paese». Pronte invece le alternative: un sistema di interventi "leggeri" che (anche dovendo pagare le penali per la rescissione del contratto Mose) costerà meno della metà delle barriere mobili (e si potrà realizzare in 4-5 anni al massimo) e porterà ad una diminuzione di 25-27 centimetri dell'altezza delle acque in laguna. Tradotto: i fenomeni di acqua alta a Venezia si ridurrebbero ad una o due volte l'anno. «Se poi vogliamo negare la verità - conclude Cristiano Gasperetto dell'assemblea permanente NoMose - possiamo anche dire che il Mose è la soluzione migliore...».
Vedi su: http://www.lanuovaecologia.it/speciale/inchieste/5063.php
mt
|