Welfare Italia :: Ambiente :: «Pagate…» Invia ad un amico Statistiche FAQ
11 Maggio 2025 Dom                 WelfareItalia: Punto laico di informazione e di impegno sociale
Cerca in W.I Foto Gallery Links Documenti Forum Iscritti Online
www.welfareeuropa.it www.welfarecremona.it www.welfarelombardia.it www.welfarenetwork.it

Welfare Italia
Home Page
Notizie
Brevi
Il punto
Lettere a Welfare
Cronaca
Politica
Dal Mondo
Dalle Regioni
Dall'Europa
Economia
Giovani
Lavoro
Cultura
Sociale
Ambiente
Welfare
Indian Time
Buone notizie
Radio Londra
Volontariato
Dai Partiti
Dal Parlamento Europeo
Area Iscritti
Username:
Password:
Ricordami!
Recupero password
Registrazione nuovo utente
Brevi

 Foto Gallery
Ultima immagine dal Foto Gallery di Welfare Italia

Ultimi Links







«Pagate…»
10.12.2005
Volete che si rispetti l'ambiente? Pagate... di Carlo Ziviello / InMovimento.it

“La crescita economica è l’obiettivo più universalmente accettato nel mondo. Capitalisti, comunisti, fascisti e socialisti, tutti vogliono la crescita economica e si sforzano per massimizzarla. Il fascino della crescita è che su di essa si fonda la potenza della nazione e rappresenta un’alternativa alla ridistribuzione come mezzo per combattere la povertà”
(H. Daly, economista; teorico dello stato stazionario)

Non c’è governo che cada in fase di crescita; non esiste miglior argomento elettorale.
Nella mania della crescita si incontrano visioni contrapposte della società: quella industrialista e operaista che ha costituito la base del pensiero di tutte le sinistre pre-ecologiste e quella neoliberista conservatrice che rappresenta la dottrina dominante del 21.mo secolo.
In questa strana commistione di opposti che è la fede nella crescita economica infinita hanno il loro spazio anche altre ideologie come la socialdemocrazia riformista europea, la cosiddetta terza via, che credeva di aver trovato la quadratura del cerchio imbrigliando il capitalismo in un sistema di regole e tasse che secondo Olof Palme avrebbero ridotto il capitale ad un “agnello da tosare ma non da uccidere”.

Le teorie economiche basate sul presupposto della crescita infinita, tuttavia, sono nate in Occidente in un tempo in cui l’Occidente poteva tutto. E di quel senso di onnipotenza sono ancora piene.
Queste hanno funzionato finché l’Europa, e in generale l’occidente, ha conservato il suo primato economico e militare nel mondo. Con l’emergere di nuovi concorrenti e con la perdita progressiva della centralità occidentale anche la socialdemocrazia vacilla.

Eppure la crescita economica sembra ancora una nave così grande ed inarrestabile da poter ospitare tutti, senza stritolare nessuno. Si sta solo spostando verso est: la Cina, l’India. Ma a bordo c’è ancora spazio.

E’ lo stesso Marx a ipotizzare che senza le condizioni materiali di ricchezza è impossibile migliorare la posizione delle classi più deboli e sviluppare rapporti sociali più avanzati.

Le politiche ridistributive delle socialdemocrazie riformiste sviluppatesi come alternativa edulcorata al socialismo reale promettono di sconfiggere la povertà, armonizzando i picchi di reddito attraverso la tassazione, senza per questo portare ad un livellamento assoluto, di reddito e diritti. Gli ultraliberisti conservatori giurano che lasciando liberi gli imprenditori di fare montagne di quattrini, il riflesso di questa luccicante ricchezza ricadrà su tutti, con effetto a cascata.

Gli economisti borghesi suppongono l’esistenza di un sistema economico chiuso in cui la ricchezza viene prodotta dal nulla grazie all’attività degli imprenditori.
Imprenditori e affaristi ringraziano tutti e intanto si riempiono le tasche, consci della copertura garantita loro da un dibattito irreale che si trascina da secoli.
O peggio, dall’opportunismo della politica nell’accettare dottrine economiche messe giù esclusivamente in difesa degli interessi di categoria.
Nessuna di queste ipotesi considera il costo vero del danno ambientale o la finitezza delle risorse come una variabile capace di scompaginare anni di calcoli fondati sul presupposto della crescita infinita.

Eppure viene così naturale collegare al concetto di crescita quello di bene che è altrettanto naturale considerare come male tutto ciò che limita la crescita.
Anche se si tratta della natura stessa.
La crescita economica per come l’abbiamo considerata finora si basa sulla concezione di una ricchezza ottenibile unicamente dalla trasformazione forzata delle risorse naturali; rinnovabili o meno.
Ecco quindi il collo di bottiglia.
La terra è un sistema finito, e tali sono le sue risorse.
Eppure accademici e teorici di chiara fama ripetono ossessivi il mantra della crescita economica infinita, trascurando questo aspetto.
Nell’aprile 2005 l’Economist pubblicò un lungo articolo sull’ambiente dal titolo provocatorio: “Salviamo l’ambiente dagli ambientalisti; le forze di mercato possono dimostrarsi le migliori alleate dell’ambiente, se solo gli ambientalisti impareranno a non averne paura e ad amarle”.
Il concetto è semplice: dare a tutto un prezzo e sottrarre quindi l’ambiente alla gratuità.
Secondo l’autorevole voce del liberismo anglosassone la disponibilità gratuita di risorse come l’aria sarebbe la causa principale del danno prodotto all’ambiente. L’idea geniale è farcela pagare.

Il titolo ricorda curiosamente il Dott. Stranamore, “ovvero come imparai a non temere e ad amare la bomba”.
Il film termina con la distruzione totale prodotta dall’ordigno fine di mondo.

Ci sarebbe da augurarsi che gli zelanti redattori dell’Economist abbiano usato la medesima surreale ironia di Kubrick nello scrivere l’articolo. Eppure non è così.

L’idea di un diritto ad inquinare acquistabile a pagamento, che equivale a far pagare a chi inquina- in genere le industria, ma ciò vuol dire noi perché il pretium sceleris si ripercuoterebbe inevitabilmente su quello finale, sta prendendo piede trasversalmente da destra a sinistra. Sembra proprio il compromesso perfetto tra il continuare a credere e raccontare all’opinione pubblica la favola della crescita inarrestabile, pagando per questa solo un piccolo prezzo. Secondo alcuni economisti che spesso ignorano anche i più elementari rudimenti delle scienze naturali o della fisica, dare artificialmente un prezzo all’inquinamento non è neanche necessario. Sarebbe infatti il mercato stesso a ricondurre il sistema verso la sostenibilità: un uso troppo intenso di una risorsa esauribile o danneggiabile ne ridurrebbe la disponibilità sul mercato, e la sua scarsità relativa ne farebbe lievitare il costo fino a renderla non più conveniente.

Ovviamente questo non tiene conto dei tempi di rigenerazione di una natura che purtroppo ignora i parametri dell’economia umana. Ma soprattutto non considera che la scarsità di una risorsa naturale, per quel delicato sistema di equilibri che è la biosfera, può dare luogo a reazioni ambientali dagli esiti imprevedibili. La teoria economica parte dal presupposto che quando un bene non è più conveniente può venire sempre sostituito con un altro, e nessun bene è considerato insostituibile. E la stessa teoria tratta tutti quei beni la cui disponibilità è considerata per convenzione inesauribile come NON-BENI. Di conseguenza non assegna loro un prezzo, o se c’è è talmente basso da essere irrilevante. Ai fini della dottrina economica l’ambiente, considerato inesauribile, non rientra nei modelli economici che nei riguardi dell’ambiente stesso risultano sistemi chiusi.

Per l’economia l’ambiente non esiste. E l’unico modo che l’economia conosce per rendere qualcosa degno di attenzione è dargli un prezzo.

Facile ipotizzare cosa accadrebbe quando una scarsità d’acqua costringerebbe gli economisti a considerarla come un bene alla stregua del petrolio: dare un prezzo- alto- all’acqua per scoraggiarne l’uso. Il prezzo ovviamente salirebbe insieme all’inquinamento dell’acqua potabile.

E’ quello che in buona sostanza propone la linea di pensiero rappresentata dall’Economist- che tuttavia non ha ancora spiegato come dargli un prezzo e soprattutto come intenda sostituire l’acqua quando questa comincerà a scarseggiare, tanto da non essere più conveniente.

Il risveglio dal sogno della perfetta sostituibilità dei beni e della inesauribilità delle risorse ambientali teorizzata da tutti gli economisti fino a oggi rischia di essere molto brusco.

Eppure gli esempi di fallimenti del mercato applicato all’ambiente non mancavano.

Negli anni ’80 l’amministrazione statale di alcuni parchi nazionali in Kenya riconobbe di non essere in grado di gestirli secondo un criterio economico. Anziché iniziare una lotta contro la corruzione e la cattiva amministrazione dagli esiti assai incerti decise di privatizzarli, contando sulla maggior efficienza di gestione del privato. Ne risultò non solo un aggravio di spese per il pubblico- il gestore privato, infatti, riceveva generose sovvenzioni statali come spesso accade nei processi di privatizzazione di servizi o strutture di pubblico interesse- ma soprattutto l’impoverimento della biodiversità del parco, i cui danni sono ancora oggi da stimare. Ed il motivo è semplice e comune a tutte quelle attività gestite unicamente secondo una logica di profitto: per condurre il parco il gestore privato pensò bene di incrementare il numero di quegli animali che costituissero una forte attrattiva turistica- in genere grandi mammiferi come gli elefanti o i felini predatori. Questo produsse un grave squilibrio nell’ecosistema del parco. Il numero maggiore di elefanti causò- per il loro peso- una compattazione del terreno che lo rese inadatto alla crescita di alcune piante che costituivano a loro volta cibo per altri piccoli mammiferi. Che ne furono allontanati. Su scala globale ciò vuol dire estinzione. Lo stesso accadde per l’aumento del numero dei predatori. Per non parlare dei danni indiretti prodotti lungo la catena alimentare agli organismi più piccoli..

Quando si teorizza l’ineluttabilità della legge del profitto, la si fa opportunisticamente discendere dalla “legge del più forte”. Ciò ne legittimerebbe l’esistenza nobilitandola della sua funzione ed eredità naturalistica ed evolutiva. Eppure questo ragionamento superficiale non si tiene conto di quei sottili ed indispensabili equilibri tra forme di vita che rendono difficile identificare chi sia e se ci sia davvero un più forte in natura.

La catena alimentare è, appunto, una catena. Non una classifica.

La teoria è di una ingenuità e debolezza che sarebbe ridicola se non riguardasse direttamente la nostra stessa sorte.

Una questione, tra le tante, riguarda le base di calcolo del prezzo dell’inquinamento. I tentativi di internalizzare i costi sociali- cioè il danno che un inquinatore produce e che si ripercuote sulla collettività, sono ancora in uno stato embrionale e soprattutto è improbabile che possano essere calcolati con esattezza, perché si tratta di danni difficili da quantificare.

Prendiamo Chernobyl: come quantificare esattamente i danni prodotti dall’incidente nucleare se questi si sono trascinati per decenni e a migliaia di Km di distanza. A quanto ammonterebbe il costo internalizzato per l’amministrazione ucraina? E chi soprattutto avrebbe il potere di costringerla a pagare? Al di la dei danni diretti, che sono quelli in genere meno gravi, le catastrofi ambientali ne producono di indiretti, dalle interazioni complesse e spesso non più riconducibili all’evento che le ha generate. E che purtroppo si rivelano tanto più generose verso quelle persone che sperimentano quotidianamente l’avarizia del meccanismo di ridistribuzione della ricchezza.

L’unico principio valido è quello della prudenza, e non a caso cresce il numero di economisti che parlano ormai apertamente di fallimento del mercato, se rapportato all’ambiente.
Per contro si compatta la fronda degli scettici; capofila l’amministrazione Bush.
E il motivo non è solo economico.
Il desiderio di potenza e di emancipazione dalla debolezza dell’essere umano nei confronti della natura non è sparito.

Il tuono ancora ci spaventa.
E dopo la paura la reazione più comune è la difesa. O l’offesa.
E’ provato che se si seguissero criteri di sostenibilità ci sarebbero risorse sufficienti a garantire uno sviluppo equo ed armonico, eppure di sviluppo sostenibile spesso ci si riempie solo la bocca. Anche il catastrofismo dei movimenti ecologisti si è dimostrato fino a oggi inefficace nel sensibilizzare l’opinione pubblica o il potere politico. Anzi ha prodotto risultati opposti. Questo è un invito a ripensare un approccio umile e realistico verso l’ambiente. Non catastrofista, ma neanche basato sull’utopia liberista di un mercato capace di sanare tutto; un concetto talmente iperrealista da essere ben lontano dall’immagine di concretezza che si è dato. Purtroppo il compito è reso difficile dalla pessima abitudine che ha la natura di non reagire in maniera puntuale.
Un cazzotto in faccia a un altro uomo produrrà probabilmente una reazione uguale e contraria; lì, su due piedi.
Questo scoraggerà l’aggressore a riprovarci.
Non succede così per le emissioni di gas serra, per i CFC, per la deforestazione.

La reazione ci sarà, ma chissà dove, chissà quando.

Forse la globalizzazione dell’economia potrà sensibilizzare l’opinione pubblica- e i governi- più di qualsiasi articolo o discorso. Oggi subiamo direttamente nelle nostre tasche di automobilisti il blocco della produzione petrolifera nel golfo del Messico, causato dai recenti uragani. Credo che questo abbia il potere di smuovere la gente molto più di delle drammatiche immagini di una famiglia di colore annegata nel fango.

Come a dire che Rita e Katrina sono qui a ricordarci che c’è qualcosa nella teoria della crescita infinita che non funziona.

Fonte: http://www.inmovimento.it/05_dicembre/04_ziviello.php

mt

Welfare Italia
Hits: 1856
Ambiente >>
I commenti degli utenti (Solo gli iscritti possono inserire commenti)
Terza pagina

Sondaggi
E' giusto che Bersani si accordi con Berlusconi per le rifome ?

Si
No
Non so
Ultime dal Forum
La voce del padrone di Lucio Garofalo
Salotti culturali dell'Estate bolognese
Pippo Fallica querelo' Corriere della Sera e La Sicilia?
NO LEADER, NO PARTY di Luigi Boschi
UN PARTITO LENINISTA (LEGA) CHE SPOSA IL VATICANO di A.De Porti
POESIA DI VITA di Luigi Boschi
La vita spericolata del premier di Silvia Terribili
Romea Commerciale di Orlando Masiero
Sondaggio, 15mila i voti finora espressi
Buon che? di Danilo D'Antonio
L'Italia è una Repubblica "antimeritocratica" fondata sul lavoro precario
LA PROTESTA DEI SANGUINARI di Luigi Boschi
L'AQUILONE STRAPPATO di Antonio V. Gelormini
Il reality scolastico su "Rai Educational"
Vuoto indietro diventa proposta di legge,





| Redazione | Contatti | Bannerkit | Pubblicità | Disclaimer |
www.welfareitalia.it , quotidiano gratuito on line, è iscritto nel registro della stampa periodica del Tribunale di Cremona al n. 393 del 24.9.2003- direttore responsabile Gian Carlo Storti