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Contadini africani a Hong Kong
18.12.2005
Wto - Il taglio ai sussidi da solo non serve

Hong Kong, 16 dicembre / socialpress

"Il dumping non è la causa di tutti i nostri problemi, semmai un sintomo di un sistema che non funziona. Se anche gli Stati Uniti tagliassero come hanno dichiarato i loro sussidi all'export di cotone, non saremmo noi africani, che riusciamo a vendere solo la fibra grezza, a beneficiare di questa concessione. India, Brasile, Cina e tutti quei Paesi che possono trasformare la fibra all'interno dei loro confini assorbirebbero tutti i benefici potenziali, e a noi entrerebbe in tasca il solito prezzo stracciato delle semplice materia prima. Se volete fare la differenza per noi in questi negoziati WTO dovete appoggiarci nel chiedere un quadro di regole radicalmente diverso da quello promosso dalla Wto. Come organizzazioni contadine africane chiediamo un governo globale della domanda e dell'offerta di cotone, la fine della sovrapproduzione e prezzi remunerativi per i produttori, che ci consentano di avere denaro e credito, per produrre innanzitutto il nostro cibo quotidiano".

Ibrahima Coulibaly, portavoce dei produttori di cotone del Mali e membro della delegazione di ROPPA, la Rete delle Organizzazioni contadine e dei Piccoli Produttori di cotone dell'Africa Occidentale, ha svelato tutta la retorica che si nasconde dietro quei 5 miliardi di dollari di sovvenzioni all'esportazione che gli Stati Uniti versano nelle casse di 27mila produttori americani, e che in queste ore vengono utilizzati come merce di scambio da mettere sul tavolo per ottenere dai Paesi più poveri del mondo liberalizzazioni senza controllo di tutti i mercati, a partire da quello agricolo e dei servizi.
La sua posizione è stata presentata nel corso del seminario "Il caso del cotone per un commercio più equo", organizzato provocatoriamente nel Convention Center della Wto dalle organizzazioni italiane del Commercio Equo Fair e Roba dell'Altro Mondo, assieme a Oxfam-Magasins du monde Belgio e Artisan du Monde, France, nel giorno in cui il dibattito sul tema delle materie prime coloniali conquista il centro della scena negoziale.
Secondo Coulibaly è necessaria "la trasformazione e la valorizzazione locale del cotone, con una promozione mirata ed una tutela attraverso misure di regolazione dell'importazione. Noi abbiamo combattuto in Mali l'imposizione dei semi ogm attraverso gli aiuti umanitari statunitensi, e per questo sappiamo bene che la retorica USA sui sussidi e quella dell'UE sul Pacchetto sviluppo rimarranno parole vuote. A noi servono fatti".

I prezzi del cotone, dopo anni di costante calo, sono crollati decisamente a metà degli anni Novanta. Secondo i dati predentati nel dossier di denuncia promosso dalle organizzazioni equosolidali. "Tra il 1997 e il 2002 - racconta Stephane Parmentier di Oxfam Belgio - il livello del prezzo del cotone sul mercato mondiale è sceso a 40 al 42 centesimi per libbra di fibra. Grazie all'impegno massiccio di sussidi nello stesso periodo il cotone statunitense è sceso da un prezzo medio del 17% al di sotto dei costi di produzione a un prezzo medio del 61% inferiore ai costi di produzione. Nel 2001, quando i prezzi di esportazione del cotone statunitense erano 54 centesimi a libbra al di sotto dei costi di produzione, il Burkina Faso ha perso l'1% di Pil e il 12% dei guadagni legati alle esportazioni, il Mali ha perso l'1,7% del proprio Pil e l'8% dei guadagni legati alle esportazioni e il Benin ha perso l'1,4% del proprio Pil e il 9% dei guadagni legati alle esportazioni."

"In Togo, Benin, Ciad, Burkina Faso e Mali - rivela Alberto Zoratti di Fair/Tradewatch - i guadagni legati all'esportazione del cotone rappresentano più del 10% dei guadagni totali nazionali legati alle esportazioni . Nell'intera area centro-occidentale dell'Africa, il declino dei prezzi mondiali del cotone ha causato perdite dirette di 250 milioni di dollari e perdite indirette di circa 1 miliardo di dollari.
Come organizzazioni europee che da più di 40 anni promuovono scambi internazionali in una prospettiva di giustizia e di riequilibrio - ha concluso Zoratti - e che solo in Italia realizzano 100 milioni di euro di giro d'affari, suggeriamo alla Wto di assumere alcuni dei nostri principi per convincere anche i Paesi più poveri: giustizia, trasparenza, solidarietà, partecipazione democratica".

*Tradewatch (www.tradewatch.it) è l'Osservatorio italiano sul commercio internazionale promosso da:
Campagna Riforma Banca Mondiale, Centro Internazionale Crocevia, Fair, Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Mani Tese, Gruppo d'appoggio italiano al movimento contadino africano, Rete Lilliput, Roba dell'Altro Mondo. lista res - rete di economie solidali.

Fonte: http://www.socialpress.it/article.php3?id_article=1123

mt

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