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C'era una volta a Bologna...
29.12.2005
Gli uomini eguali, Maurice Bignami.

Può sembrare lunghissimo il secolo «breve» se visto dalla prospettiva di qualcuno che è nato all’inizio del ‘900 e ne ha vissuto tutte le vicende e i cambiamenti. Soprattutto se quel qualcuno ha vissuto intensamente, tanto da dare l’impressione che ogni fase diversa, ogni fascia di età, sarebbe potuta essere una vita a sé stante. E’ il caso di Torquato Bignami, classe 1910, di cui il figlio Maurice racconta la storia, che è poi la storia di un secolo d’Italia.
“Ha novant’anni e sta morendo in un letto d’ospedale” il padre di Maurice Bignami e questo libro è, prima di tutto, un atto di omaggio ad un uomo che ha vissuto con grande coerenza- e non è da poco, e non è da tutti. Fedele ad un ideale e ad un partito che hanno improntato la sua esistenza e a cui ha subordinato le scelte personali e i sentimenti famigliari. L’ardito e scherzoso gesto di un bambino- una sfida, una provocazione o una beffa- per iniziare il racconto: uno straccio rosso inalberato un Primo Maggio sull’albero più alto del quartiere di Bologna in cui vive, e i fascisti dovettero segarne la cima per togliere quella bandiera. Che intanto aveva sventolato tutto il giorno.
Torquato diventa operaio specializzato, e sono i primi anni di un’organizzazione della forza lavoro, anni in cui l’etichetta di comunista significa fuorilegge. A ventitre anni, Torquato viene arrestato per la prima volta, condannato a dieci anni di prigione e poi amnistiato. Andrà a Parigi, ritornerà in Italia, sarà arrestato altre volte tra il 1933 e il 1943. Finché, dopo l’8 di settembre, entra nelle fila della Resistenza.
Il tono narrativo di Torquato Bignami, attraverso il racconto del figlio, non è sempre uguale- cronachistico e distaccato quando parla della grande Storia che gli è scorsa accanto, la guerra civile spagnola, le campagne in Africa e Grecia e quella disastrosa in Russia (singolare e curiosamente interessante il suo punto di vista che tiene d’occhio con soddisfazione il progressivo aumentare degli armamenti dei compagni comunisti e le vittorie dell’Unione Sovietica dopo le sconfitte iniziali), lo sbarco in Normandia e l’avanzamento degli alleati. Acquista baldanza e diventa appassionato, pieno di fervore e ardore giovanile, quando la guerra diventa la sua guerra, con il racconto delle brigate partigiane sull’Appennino emiliano e nel modenese, gli espedienti per rimediare le armi, la mancanza di organizzazione, le lotte intestine, le rappresaglie dei tedeschi, il dolore quando muore qualche compagno.
O quando sua moglie viene trovata in un fossato, irriconoscibile dopo che è stata pestata e le è stata usata violenza dai fascisti. E soprattutto, alla svolta finale, quando narra dei giorni gloriosi della Repubblica di Montefiorino e dell’orgoglio poi di combattere a fianco della IV Armata.
Cinque capitoli, intitolati con i colori dell’iride che formano lo spettro solare in un arcobaleno metaforico, sono il contrappunto della voce di Maurice, il figlio di Torquato, che ripensa alle lotte della sua generazione negli anni ‘70, ma in sordina, per non rubare il campo al vero protagonista di questa storia di uomini “eguali”- come dice la bella epigrafe del libro presa dal Parini. E ricordiamo che questo aggettivo ha la stessa grafia nella dichiarazione dei diritti americani del 1776, “Tutti gli uomini sono stati creati eguali…”. Non è finita la lotta di Torquato detto Nino perché tutti gli uomini siano eguali.
Maurice Bignami, Gli uomini eguali, Ed. Bietti, pagg. 472, Euro 20,00

Fonte: http://www.stradanove.net/news/testi/libri-05b/lapic2312050.html

mt

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