30.12.2005
1. La Direzione Nazionale delle Acli esprime la propria contrarietà al progetto di riforma della Costituzione votata al Senato, in terza lettura, lo scorso 16 novembre.
La riforma costituzionale voluta e votata dalle forze della Casa della Libertà ha uno spettro ampio: è composta da 53 articoli che modificano ben 49 degli 80 articoli di cui è composta la seconda parte della Costituzione incidendo in ciascuno dei 6 titoli; le modifiche riguardano il bicameralismo, il procedimento legislativo, la forma di governo, il sistema delle autonomie, le istituzioni di garanzia. La revisione, che formalmente riguarda la seconda parte della Costituzione, in realtà va a toccare anche i diritti disciplinati nella prima parte. L’alterazione profonda degli equilibri istituzionali tra governo, parlamento, istituzioni intermedie e organi di controllo incide di fatto sulla esigibilità dei diritti e dei principi contenuti nella prima parte.
Le Acli esprimono al riguardo un forte giudizio negativo innanzitutto rispetto al metodo con cui è stata approvata la riforma costituzionale. Tale giudizio era già stato formulato in occasione della riforma del titolo V approvato nel 2001 dal precedente governo di centro-sinistra.
Non può essere buona una riforma nata e approvata con spirito di rivalsa e di contrapposizione quando invece l’Italia avrebbe bisogno di unità nei simboli, nei sentimenti nazionali e ancor di più nelle regole costituzionali.
2. Nel merito della riforma le Acli criticano innanzitutto lo sbilanciamento dei poteri nelle mani del Primo Ministro che diviene di fatto inamovibile anche da parte della sua stessa maggioranza. Una sorte di polizza a vita del premier aggravata dalla mancanza degli opportuni contropoteri (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale e autorità amministrative indipendenti).
Le Acli giudicano inoltre le norme approvate contraddittorie e pasticciate, con particolare riferimento al Senato, la cosiddetta Camera delle Regioni, per il quale la riforma ha costruito un procedimento legislativo così complesso e barocco da mettere in seria discussione il suo funzionamento.
Stesso pasticcio per la cosiddetta “devolution” che da una parte sembra fondata sulla competizione tra Regioni, piuttosto che sulla loro collaborazione; dall’altra configura per molti aspetti un ritorno al vecchio modello centralistico. L’attribuzione alle Regioni delle competenze esclusive in materia di sanità , scuola e polizia amministrativa locale indebolisce l’unità dei grandi sistemi nazionali, aggravando ulteriormente le disparità fra le varie parti del Paese.
3. Per questi motivi le Acli hanno aderito al Comitato “Salviamo la Costituzione” impegnandosi, insieme ad un'ampia parte di soggetti sociali, sindacali, politici a raccogliere le firme per indire il referendum e dire NO a questa riforma.
La Direzione Nazionale delle Acli invita le proprie strutture locali a partecipare attivamente nel coinvolgimento dei cittadini sia attraverso l’informazione che attraverso la raccolta delle firme.
Le Acli sono infatti convinte che le istituzioni vanno riformate ma non stravolte.
Non sono contrarie per principio a mutamenti della Costituzione ma respingono con forza questo progetto e rilanciano, sulla scorta dell’esperienza europea, la nascita per la prossima legislatura di una “Convenzione costituente”, nella quale coinvolgere, oltre che le due Camere, le Regioni, le autonomie locali e le forze sociali più rappresentative.
Solo così si potranno costruire regole condivise orientate al bene comune del Paese e al consolidamento della democrazia.
Fonte: Direzione Nazionale ACLI
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