21.01.2006
Nadine Solano / Girodivite.it.
“Io le ho viste nelle sere quando son chiuse le fabbriche e le vie / sulle labbra vaghi sorrisi di attesa e chissà che / scrivere sui vetri ghiacciati le loro fantasie / povere belle donne innamorate d’amore e della vita / le ragazze dell’est”. Così si chiude una vecchia canzone che Claudio Baglioni scrisse con il pensiero rivolto alle straniere provenienti dalla Russia e dall’Europa centro orientale. Da paesi che il regime comunista costringe alla povertà e ad un futuro privo di speranza.
L’unica via di uscita sembra la fuga, e così centinaia di donne abbandonano la propria terra alla volta dell’Occidente, dell’Italia, con in tasca pochi spiccioli e tanta voglia di riscatto. A volte va bene, a volte va male oltre ogni aspettativa. Una convinzione ormai tristemente diffusa ci porta ad identificare le ragazze dell’Est come sfascia famiglie, prive di scrupoli, abili seduttrici con l’unico obiettivo di conquistare un buon matrimonio e cambiare definitivamente la propria condizione.
Forse in alcuni casi succede veramente, ma non dimentichiamo che la forza della disperazione non sempre è positiva, e comunque non si può generalizzare in nome di un falso moralismo. “Sono pochissime a far così; la maggior parte di noi non ne vuole sapere di queste cose”: a parlare è una giovane donna ucraina (la chiameremo Maria) che da quattro anni vive in una paesino della provincia crotonese.
E’ infermiera, ma in Italia il suo titolo di studio non viene riconosciuto; si trova costretta, quindi, a far le pulizie nelle case altrui: “Bisogna essere fortunati all’inizio, è quello che conta”. E l’inizio, per lei, non è stato un granché: “Ho pagato duecento euro per avere il primo lavoro. Ma non mi davano lo stipendio. Un giorno il tizio mi ha detto: fai l’amore con quell’altro e ti dò due mensilità . Ho detto no”. Poi sono arrivate altre possibilità , ma più volte le è capitato di essere molestata: “sono dottori, avvocati, padri di famiglia. Io ormai metto subito le cose in chiaro: devono lasciarmi in pace”.
Qualche tempo fa Maria è stata regolarmente assunta da un ingegnere: “ci siamo fidanzati, io stavo da lui. Non facevo la cameriera, mi trattava come una moglie. Aveva l’amante, e mi stava anche bene. Ma poi è arrivata ‘l’aiutante’ dell’amante. E l’ho lasciato”. La conseguenza di tale decisione è stata il licenziamento, anche se l’ingegnere sta tentando in tutti i modi i recuperare il rapporto: “E’ inutile. Basta”.
Adesso Maria lava i piatti in un asilo, ogni tanto qualcuno la chiama: “Ma io non voglio passare la vita a pulire i bagni degli estranei. Io voglio andar via”. In Ucraina ha lasciato la figlioletta di due anni; il marito è morto per malattia, però lei ne parla senza troppo rimpianto: “Perché sono soltanto le donne a partire? Perché gli uomini pensano a bere insieme agli amici e basta. Non fanno mai niente, non pensano a nessuno. A loro va bene così”. [...]
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