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ma quando parte il Partito Democratico?
5.02.2006
Diciamo subito che siamo molto perplessi su come si é proposta e gestita la formazione del Partito Democratico in questo ultimo anno ed in particolare dopo le primarie che prepotentemente lo hanno posto all'ordine del giorno. Abbiamo ormai un'età in cui per istinto rifuggiamo dai colpi di testa e quindi comprendiamo quali problemi ponga la costruzione di un nuovo soggetto politico soprattutto se non vuole essere una mera sommatoria di sigle. Sappiamo che ci sono i problemi di identità della base, le prerogative dei gruppi dirigenti, storie e tradizioni ma c'é anche “e spesso questo viene dimenticato“ un popolo che non si identifica più in questo o quel partito ma sollecita a grande voce la nascita di un nuovo protagonista all'altezza dei problemi degli anni 2000 ed allo stesso tempo non invischiato nelle liturgie delle oligarchie di partito così come sono venuti strutturandosi negli ultimi dodici anni e cioé dalla crisi prodotta da tangentopoli.

In particolare ci sono molti militanti ed elettori della Margherita che i problemi di identità oggi se li sono lasciati alle spalle e piuttosto hanno l'esigenza di recuperarli ma guardando in avanti e non alle proprie spalle. Penso in particolare ai cattolici che fanno riferimento alla tradizione del cattolicesimo democratico e del cattolicesimo sociale e che oggi militano sia nella Margherita, sia nei Democratici di Sinistra, ma anche, ed in quantità tutt'altro che indifferente, genericamente nell'Ulivo o nell'Unione. Questi cattolici spesso si riuniscono in associazioni o circoli politici per riflettere ed approfondire come la loro tradizione culturale si sposa con i problemi che ogni giorno la politica pone sul tappeto. Non é un caso che essi siano stati e siano fra i più strenui sostenitori del Partito Democratico giacché ritengono che é proprio all'interno di un grande partito riformista chiamato a incidere e realizzare “piuttosto che in ambiti troppo angusti" che i temi e i valori più vivi della loro storia possono crescere e maturare in un dialogo anche vivace a tutto campo.

In realtà, se vogliamo essere sinceri fino in fondo, dobbiamo dire che l'idea e la speranza del Partito Democratico ormai é partita e da tempo a livello di società, a livello di popolo. Chi frena cercando di imporre i propri tempi sono i partiti ed il loro ceto politico. E bisogna dire che, purtroppo, se é essi che bisogna attendere, il Partito Democratico non nascerà mai. Non é nato dopo le elezioni europee malgrado ci si fosse presentati alle urne con la lista unitaria dell'Ulivo e difficilmente nascerà dopo queste elezioni. Anzi, in Sicilia, dopo le politiche nazionali ci saranno le regionali dove le "convenienze tecniche" suggeriscono che si vada divisi e quindi anche quel piccolo slancio acquisito con le liste unitarie della Camera, verrà riassorbito.

Per questo quando domenica Romano Prodi si é appellato al popolo delle primarie abbiamo sperato. Quando poi ha puntato i piedi abbiamo sperato anche di più. Certo pigiare il piede sull'acceleratore é¨ rischioso perché si può andare a sbattere, come realisticamente é stato osservato, ma “in questa nebbia fitta che ci avvolge“ anche andare a dieci all'ora diventa pericoloso perché si finisce coll'essere tamponati.

Ora sembra che sia tutto rientrato. La grande fibrillazione ha prodotto quello che ci sembra un topolino: il simbolo dell'Ulivo a fianco a quello dei partiti per il Senato ( e forse qualche posto in più, si dice, in posizioni utili per i fedelissimi di Prodi). E il popolo dell'Ulivo senza partito? Abbia pazienza ed aspetti e per intanto voti garantendo che il maggior numero possibile degli uscenti sia riconfermato secondo gli schemi rigidi dei partiti che sanno chi premiare e chi punire.

Michele Giacomantonio
www..michelegiacomantonio.it

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