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Dieci Cornacchioni per una Clerici (da Il Manifesto) |
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1.03.2006
Se la prendono con la satira di Cornacchione, invocano la par condicio sulle gag dei comici, vorrebbero una battuta su Berlusconi e una, gentilmente, su Prodi.
Il ping-pong dei politici affolla i dispacci di agenzia: difendono, accusano, elogiano, stigmatizzano. Intanto il palinsesto berlusconiano va per la sua strada, lontano dall'occhio di Autorità e Commissioni di Vigilanza. Come se di ideologia arcoriana non fossero impastati tutti programmi, (chi tenta di sfuggire o è censurato o sotto processo).
Specialmente quelli dove i politici e la satira c'entrano poco o nulla.
Prendiamo come esempio Il treno dei desideri, un reality (ultima puntata sabato scorso), in prima serata, su Raiuno.
Ecco Antonella Clerici incaricata dal direttore Del Noce (un uomo, un partito) di esaudire i sogni del popolo televisivo, Una serie di carrambate senza l'anima pop di Raffaella Carrà .
Un cielo azzurro occupa il fondo dello studio (stile Truman
show) e da una porticina mimetizzata tra le stelle esce il giovane militare in servizio con le truppe italiane in Afghanistan. Avanza lentamente verso il centro della scena dove la conduttrice sta chiacchierando con la di lui fidanzata, autrice di una lacrimevole lettera d'amore indirizzata all'uomo
della sua vita e, per conoscenza, anche a tutti noi telespettatori. «Sono
orgogliosa di lui....vorrei che l'incantesimo d'amore...».
E siccome Il treno dei desideri, come dice il titolo, fa miracoli, ecco che il fidanzato le fa la sorpresona e l'abbraccia mentre la telecamera gira intorno ai due
innamorati per raccogliere lacrime e sospiri.
Oppure si prende una famiglia in ristrettezze economiche e gli si ristruttura la malandata casetta (con tanto di prato e piante per il giardinetto). Slogan possibile: una casa per tutti. Mascherata da Barbie all'amatriciana, Antonella esaudisce il sogno di Maria che, parole sue (o degli autori?) denuncia: «faccio la moglie, la madre e la casalinga, mio marito è maschilista e mi comanda a bacchetta, aiutatemi a vendicarmi».
Qui entra in scena il format del Brutto anatroccolo (vecchio cavallo di battaglia di Irene Pivetti sulle reti Mediaset), Maria viene prelevata e sottoposta a intensa cura di trucco, parrucco e shopping, mentre il marito, con la casa invasa dalle telecamere, finge di rifare i letti e pulire il bagno.
Lei piange fin dallo shampo, da bionda diventa rossa, tacchi a spillo la vita può essere bella fino alle lacrime. In una
valle di lacrime affoga anche l'italo-uruguaiana accompagnata all'altare dalla troupe del programma, per un «si» in prima serata. Slogan: la televisione è felicità .
Per disintossicarsi dall'overdose di berlusconismo, per difendersi dalla melassa (altro che manifesti sei per sei) che occupa il palinsesto nei luoghi nevralgici dell'audience, per ristabilire un timido rapporto tra realtà e intrattenimento dieci Cornacchioni non valgono una Clerici.
di Norma Rangeri
Welfare Italia
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