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Per un fondo-giovani
8.03.2006
Valentino Larcinese / LaVoce.info.

Nel 2001 è stata abolita in Italia l’imposta di successione. Portava nelle casse dello Stato circa un miliardo di euro all’anno. Esistono alcune buone ragioni per reintrodurla, vincolandone i proventi all’accrescimento delle opportunità di autodeterminazione dei giovani italiani. Si potrebbe, ad esempio, introdurre un fondo di cittadinanza sul modello del Child Trust Fund britannico.

Il Child Trust Fund

Il Child Trust Fund è stato introdotto in Gran Bretagna nel 2005. Si tratta di un programma per il quale ogni neonato (non i genitori), indipendentemente dal reddito familiare, riceve una dotazione in denaro dallo Stato: oggi sono 250 sterline alla nascita e un ulteriore versamento a sette anni. I bambini nati in famiglie povere ricevono 500 sterline. La somma viene erogata in forma di voucher ai genitori che possono investirla scegliendo tra una rosa di opzioni. Non possono però usarla: rimane di proprietà del bambino che potrà disporne, senza restrizioni, solo una volta compiuta la maggiore età. I genitori possono tuttavia contribuire volontariamente al fondo, fino a un massimo di 1.200 sterline l’anno, senza alcuna tassazione.
L’obiettivo del programma è assicurare che i cittadini raggiungano l’età adulta con un minimo di ricchezza finanziaria che possa aiutarli a migliorare le proprie possibilità di avere una vita soddisfacente. Il fondo può essere usato, ad esempio, per facilitare l’accesso a studi universitari o di specializzazione. Può contribuire all’avvio di una attività propria, all’acquisto di una casa e così via. Certo, le somme oggi distribuite dal Child Trust Fund sono modeste. È tuttavia lecito guardare a questo programma come all’embrione di un progetto più ambizioso che potrebbe portare a un ripensamento complessivo del ruolo dello Stato nella sfera del welfare e delle pari opportunità.

Perché il fondo

L’idea di dotare ogni cittadino di un capitale iniziale può essere giustificata con numerose considerazioni di natura sia filosofica che economica. È anche molto antica e viene fatta risalire fino a Thomas Paine, uno dei founding fathers degli Stati Uniti. Più di recente, è stata sostenuta da economisti come Anthony Atkinson e Julian Le Grand o da giuristi come Bruce Ackerman e Anne Alstott. Questi ultimi propongono che il capitale venga direttamente distribuito ai diciottenni di oggi, cosa che avrebbe il vantaggio di rendere immediati i benefici del fondo, senza dover attendere una ventina d’anni prima che si dispieghino i suoi effetti. La somma da loro proposta è di 80mila dollari a persona, da finanziarsi con una imposta patrimoniale del 2 per cento all’anno. (1)
Le disuguaglianze alla nascita non corrispondono né a una logica egualitaria né a una meritocratica. Chi, ad esempio, riceve in eredità una vasta dotazione di capitale, con il benessere e il potere che questo comporta, non lo deve né ai suoi bisogni, né al suo impegno, né alle sue capacità. Da qui l’idea di riequilibrare, almeno in parte, i punti di partenza e di offrire a tutti un minimo di ricchezza finanziaria.
Esistono, a supporto di questo progetto, anche valide giustificazioni di natura economica. Contrariamente a quanto succede per molte voci di spesa sociale, per le quali si configura un trade off fra le ragioni di equità e quelle di una efficiente allocazione delle risorse, una redistribuzione delle opportunità alla nascita può comportare miglioramenti nel funzionamento dei meccanismi di mercato. Gli incentivi all’acquisizione di capitale umano, ad esempio, possono dipendere dalle connessioni familiari quando si accede al mercato del lavoro. Creare opportunità significa dunque creare incentivi e pertanto un sistema economico più efficiente. Per dirla con le parole del filosofo John Rawls, il punto non è tanto o solo "redistributing income to those with less at the end of each period, so to speak, but rather (…) ensuring the widespread ownership of productive assets and human capital (…) at the beginning of each period". (2)
Una dotazione iniziale può inoltre contribuire al superamento delle imperfezioni dei mercati del credito, che colpiscono soprattutto i giovani e che non consentono la realizzazione di molti investimenti con valore atteso positivo. Numerosi studi tendono a dimostrare, per esempio, che coloro che iniziano la vita adulta con una dotazione di capitale sono molto più propensi a mettersi in proprio e a creare un’impresa.
Affinché il meccanismo funzioni occorre che i giovani siano messi in condizione di fare scelte appropriate attraverso una adeguata formazione. Questa possibilità è stata esplicitamente prevista dal legislatore britannico che offrirà corsi di financial education legati al Child Trust Fund. Inoltre, disporre di un capitale personale fin dalla tenera età può aumentare il senso di responsabilità individuale. Infine, diversamente dalla soluzione adottata in Gran Bretagna, si possono imporre restrizioni all’uso del fondo, in maniera che possa essere destinato solo a investimenti e non anche a consumi.
Si può obiettare che le tasse necessarie a finanziare il fondo di cittadinanza introducono disincentivi al lavoro e al risparmio. Se da un lato questo può essere vero, dall’altro occorre chiedersi se i vantaggi non possano risultare più che sufficienti a compensare tali distorsioni. La possibilità di fare gli investimenti giusti a diciotto anni (in capitale umano o fisico) può avere notevoli conseguenze sulle opportunità che successivamente si offrono a un individuo. Entro certi limiti, dunque, creare maggiori opportunità all’inizio della vita adulta di ciascun cittadino può portare a maggiore crescita economica, a successive riduzioni di spesa assistenziale e a minori tensioni sociali.

Per un fondo di cittadinanza in Italia

È possibile introdurre un fondo di cittadinanza in Italia a dispetto delle gravi condizioni in cui versano le nostre finanze pubbliche? Trattandosi di un meccanismo di redistribuzione delle opportunità, il metodo più appropriato per finanziarlo appare quello di tassare redditi che non derivino da sforzi e capacità individuali. Esistono dunque, a parità di distorsioni introdotte nel sistema, buoni motivi per tassare le eredità, soprattutto quando sono di entità ingente.
Una controindicazione è che tale imposta potrebbe ridurre gli incentivi all’accumulazione di capitale. L’evidenza empirica al riguardo è molto limitata e tutt’altro che univoca. (3)
Occorre in ogni caso chiedersi se le distorsioni siano maggiori o minori di quelle introdotte da altre imposte, quali ad esempio quelle sul reddito o sui consumi. Appare inoltre assai probabile che, una volta stabilito per legge il nesso fra imposta e spesa (il gettito verrebbe immediatamente versato nei fondi di proprietà dei bambini, e dunque non si configurerebbe nessun problema di commitment da parte dello Stato), una vasta maggioranza degli italiani risulterebbe avvantaggiata dal programma.
Il fondo di cittadinanza potrebbe essere implementato a costo zero per lo Stato. In Italia nascono in media mezzo milione di bambini all’anno. Ciascun bambino potrebbe ricevere una dotazione di circa duemila euro, semplicemente ristabilendo l’imposta di successione nella sua ultima incarnazione, ossia esentando i patrimoni inferiori a 180.700 euro: assicurava infatti un gettito di circa un miliardo di euro l’anno. Assumendo un rendimento annuo del 5 per cento, a diciotto anni il neo-cittadino riceverebbe una dotazione di circa 4.800 euro. Se inoltre un genitore versa sul fondo la cifra di dieci euro al mese, l’ammontare al diciottesimo compleanno sarà di quasi 8.500 euro.

Il distacco dalla famiglia

Si tratta di somme che difficilmente possono imprimere svolte fondamentali nell’esistenza di un giovane, purtuttavia significano qualcosa per molti italiani. Se ben spese, possono fare qualche differenza all’inizio della vita adulta, se non altro facilitando la delicata fase di inserimento nel mercato del lavoro. "Limare" patrimoni ingenti nella fase di trasmissione ereditaria per allentare i credit constraints che pesano su molti ragazzi appare operazione i cui benefici potrebbero facilmente superare i costi.
Occorre inoltre non trascurare un altro elemento importante: il fondo di cittadinanza, a differenza di tutti gli altri meccanismi esistenti, non si configura come un sostegno alla famiglia bensì come un diritto individuale, che prescinde dalle condizioni economiche del nucleo di appartenenza: si tratterebbe, dunque, anche di un passo verso la riduzione del noto "mammismo" dei giovani italiani. Dare il beneficio direttamente al giovane, anziché ai suoi genitori, significa renderlo più indipendente e, in qualche modo, più responsabile. Nel nostro paese, a fronte di un mercato del credito relativamente arretrato per un paese avanzato, corrisponde un sistema di supporto familiare che non facilita il distacco dei giovani dai nuclei di appartenenza. Le conseguenze sul funzionamento del mercato del lavoro e sullo spirito di iniziativa sono sotto gli occhi di tutti. Ogni misura volta a togliere ai genitori per dare ai figli appare, anche da questo punto di vista, desiderabile.

(1) Bruce Ackerman and Anne Alstott (1999): The Stakeholding Society. New Haven: Yale University Press.
(2) "(…) redistribuire il reddito a coloro che hanno meno alla fine di un dato periodo di tempo, ma piuttosto (…) assicurare una diffusa distribuzione delle attività produttive e del capitale umano (…) all’inizio di ogni periodo". John Rawls (1999 [1971]), A Theory of Justice. Harvard University Press.
(3) Si veda, ad esempio, Rethinking the Estate and Gift Tax: Overview di William Gale e Joel Slemrod, Nber Working Paper n. 8205 (2001).

Fonte: http://www.lavoce.info/news/view.php?id=10&cms_pk=2034&from=index

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