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Il sogno di una cosa
26.03.2006
Un documentario sonoro di Andrea Giuseppini prodotto da Radioparole e Amis con il patrocinio dell'assessorato alla cultura del Friuli Venezia Giulia. La storia dei friulani e monfalconesi emigrati in Jugoslavia dopo la seconda guerra mondiale, attraverso le voci di Nidia, Noemi, Renata, Ermanno, Gigi, Mario e Spartaco. di Andrea Giuseppini* / Osservatorio sui Balcani
 Tra il 1946 e il 1947 qualche migliaio di persone emigra dal Friuli Venezia Giulia verso l’appena costituita Repubblica federativa socialista jugoslava.
 Il gruppo più numeroso è composto da oltre duemila operai specializzati dei cantieri navali di Monfalcone, gli altri sono per lo più contadini, lavoratori edili o disoccupati provenienti da diverse zone del Friuli, dalla pianura alla montagna. Partono famiglie intere con bambini e adolescenti. Alcuni, tra quelli che la possiedono, vendono anche la terra e la casa.
 Molti tra i friulani e i monfalconesi che emigrano in Jugoslavia hanno combattuto nella guerra partigiana. Una lotta, in questa terra di confine, condotta spesso assieme alle formazioni guidate dal maresciallo Tito. Per loro, andare in Jugoslavia è un modo per dare corpo alle idee per le quali hanno combattuto. Partono per dare il proprio contributo alla nuova società socialista.
 Ma non è così per tutti. Numerose sono anche le persone che emigrano alla ricerca di un lavoro. Infatti, alla fine della seconda guerra mondiale, il Friuli è ancora una zona molto povera, in cui è difficile trovare un’occupazione.
 Nell’immediato dopoguerra, con la prima definizione dei nuovi confini tra Italia e Jugoslavia, ha inizio l’esodo degli italiani dall’Istria e da Fiume. In molti casi i friulani e monfalconesi appena arrivati vanno a occupare le case e i posti di lavoro abbandonati dagli esuli. I monfalconesi, in particolare, organizzati dal Partito comunista della Regione Giulia, si trasferiscono ai cantieri navali di Pola e Fiume. I friulani vengono dislocati in diverse altre città.
 Dalla data del loro arrivo fino all’estate del 1948, la vita dei nuovi emigrati trascorre tra le difficoltà di un paese uscito distrutto dal secondo conflitto mondiale e le speranze in una nuova società.
 Poi, improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, arriva la scomunica di Tito da parte del Cominform, l’organismo politico internazionale di informazione e collaborazione tra i partiti comunisti europei voluto da Stalin. Quasi tutti i friulani e monfalconesi abbracciano le tesi del Cominform, schierandosi così a fianco di Togliatti e Stalin.
 Da un lato l’idea che Tito sia diventato un eretico rispetto all’ortodossia comunista dettata da Stalin, e dall’altro il clima di sospetto e di repressione in atto nel paese dopo le risoluzioni del Cominform, inducono i friulani e monfalconesi ad abbandonare la Jugoslavia per fare ritorno in Italia.
 Ma un centinaio di operai del monfalconese e qualche friulano riusciranno a rientrare in Italia solo dopo diversi anni e moltissime sofferenze. Arrestati e condannati per attività anti-jugoslave saranno a lungo detenuti nelle terribili carceri titine per la rieducazione dei cominformisti.
 Ne “Il sogno di una cosa”, Nidia, Noemi, Renata, Ermanno, Gigi, Mario e Spartaco ricordano, a quasi 60 anni di distanza, la loro esperienza in Jugoslavia.
 L’audio-documentario è diviso in 5 parti di venti minuti ciascuna. [...]
 
 Vedi: http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5411/1/51/
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