3.04.2006
Nicola Melloni / Carta.org.
Le ultime settimane hanno visto due repubbliche dell'ex Unione Sovietica comparire quasi in contemporanea sulle prime pagine dei quotidiani. Come Carta ha riportato, in Bielorussia ci sono state delle elezioni, vinte, stravinte, da Lukashenko con brogli sicuri. Allo stesso tempo in Ucraina, il presidente Yushenko, protagonista di quella rivoluzione arancione nata proprio contro i brogli che inquinarono le elezioni del dicembre 2004, ha perso in maniera secca le elezioni parlamentari, vinte dal suo contendente dell'anno prima, Viktor Yanukovich. Ironia della storia, si potrebbe dire.
A Minsk, le speranze di una parte dell'Unione Europea, ed in particolare della Polonia, erano per una rivoluzione in stile ucraino dopo le elezioni. Le cose non sono andate così. Lukashenko ha sicuramente applicato brogli, anche in maniera massiccia, ma è difficile negare che il suo consenso nel Paese sia alto; sicuramente grazie al terrore con cui mantiene un regime quasi sultanistico, più simile a Ceaucescu che alla vecchia Urss. Ma anche perché, pur nella povertà , il vetero stalinismo di Lukashenko ha risparmiato molte delle sofferenze che hanno patito le popolazioni dell'Est dopo la fine del socialismo reale sostituito da un neo-liberismo non meno reale e crudele. Gli aiuti dalla Russia, che ha bisogno di un amico a Misnk, hanno fatto il resto. Le manifestazioni di protesta ci sono state, giustamente. Ma minoritarie. Gli scontri, molto enfatizzati sui giornali, son stati assai ridotti, per altro provocati da una frangia marginale dei manifestanti, subito sconfessati dagli altri oppositori. Le repressioni tipo-Piazza Tien An Men, con grande scorno di alcuni media, non ci sono state. L'Unione Europea ha preannunciato sanzioni, ma Minsk rimarrà nell'orbita russa.
Orbita in cui rischia, pian pianino, di rientrare pure l'Ucraina. La Rivoluzione arancione, lo avevamo detto, era basata su false premesse e promesse fin dall'inizio. Era già deragliata con il licenziamento in tronco della premier Timoshenko, accusata di corruzione. Ora le elezioni hanno visto il crollo del pupillo dell'Occidente, Yuskenko e la vittoria schiacciante del candidato filo-russo Yanukovich. Seconda è arrivata la sempiterna Timoshenko, con un programma populista, fortemente anti-russo, ma che in realtà non è vista di buon occhio neppure a Bruxelles dove lei vorrebbe portare l'Ucraina. Slogan, ovviamente. Timoshenko è un'oligarca con un passato degno di Berlusconi, e come Berlusconi, quando al governo, ha tentato di cambiare la legislazione in favore suo e dei suo padrini politico-economici. Punta al potere personale e diretto, ha reso noto che è disposta ad allearsi con l'ex amico Yushenko solo se le verrà affidato lo scranno di primo ministro, nuovamente. Che smacco per il non più popolare presidente: rischia di essere costretto a ri-assumere chi aveva licenziato, in buona sostanza, per indegnità morale. L'alternativa è allearsi con l'arci-nemico Yanukovich. Questa sarebbe di gran lunga la situazione più ragionevole, un governo di unità tra l'Est e l'Ovest del Paese per cercare di rimediare ai disastri economici creati dal duo arancione Yushenko-Timoshenko nell'ultimo anno e mezzo. In realtà il rischio è, invece, proprio il ritorno al potere di quest'ultima, che rischierebbe di acuire la tensione con la Russia e disdire l'accordo per il gas che ha tenuto in fibrillazione mezza Europa lo scorso inverno. Timoshenko al governo sarebbe un chiaro atto di ostilità contro l'Est filo-russo del Paese e le conseguenze potrebbero essere gravissime.
La situazione sul fronte orientale, come si vede, è in continua evoluzione e le cose non son sempre così chiare e limpide come i nostri media ce le vorrebbero presentare, da una parte i cattivi comunisti dall'altra i buoni liberali. Anzi, sia di comunisti che di veri liberali da quelle parti, non ce ne è proprio traccia. Il problema è come al solito il potere ed il denaro, di cui tutti sembrano affamati. Costi quel che costi.
Fonte: http://ww2.carta.org/articoli/articles/art_6495.html
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