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Contro Berlusconi (di Enzo Marzo)
6.04.2006
Il direttore di *Critica Liberale* schiera la rivista contro la riconferma di Berlusconi ed a favore del'Unione.
Siamo finalmente giunti al termine. Gli italiani potranno – se vorranno – mettere alla porta Berlusconi e la sua bella compagnia. Per rimediare ai danni perpetrati dal Presidente-macchietta ci vorrà una generazione. Sempre che l’Italia rialzi al testa e con un orgoglio da paese civile – quale oggi non è – sappia ricreare a sinistra e a destra una nuova classe dirigente di stampo europeo e ritrovi costumi pubblici da Stato liberale. Non scorgiamo le premesse di questo moto di rigenerazione, ma almeno ora si ha la possibilità di allontanare il danno maggiore.

Alla vigilia del voto noi di Critica liberale non abbiamo bisogno di dilungarci sulle malefatte del presidente-Napoleone, perché in questi anni siamo stati severi critici dell’azione di governo e soprattutto delle premesse morali e politiche di quel gruppetto di corruttori, di razzisti e di fascisti che si era impadronito dello Stato grazie alla “disattenzione” degli elettori e all’imbecillità politica della sinistra italiana. Siamo stati tra i promotori di “Opposizione civile”. Siamo scesi in piazza, abbiamo documentato anche all’estero la personalità del Presidente-venditore di tappeti. Siamo altresì convinti che nonostante l’egemonia televisiva e i residui dell’inciucio, gli italiani si siano potuti fare un’idea chiara del berlusconismo. Non hanno attenuanti. Se votano il governo Berlusconi-Mussolini sanno ciò che li attenderà.

La grande ipocrisia

Le nostre posizione passate ci dispensano dallo scendere nei particolari. Ma dobbiamo ricordare che se si vuole racchiudere il berlusconismo in una sola parola questa è “corruzione”.

Ai deficit dello Stato un buon governo può tentare di porre mano, ma contro la corruzione della mentalità pubblica i rimedi sono incerti, occorre molto buon esempio e molto tempo. E chi è in grado di farlo? Certamente non questa sinistra che da tempo s’è fatta contaminare dall’affarismo, dal compromesso ad ogni costo, dall’insofferenza per le regole. Certamente non quei larghi settori della cultura che in questi anni si sono asserviti all’”ideologia televisiva” e all’”ideologia clerical”, o sono stati tanti pesci in barile fingendo di non accorgersi dei mutamenti profondi che il berlusconismo andava operando nella società italiana. Avallando così le peggiori malefatte.

Berlusconi ha corrotto il paese, lo ha screditato agli occhi del concerto internazionale, ha distrutto il senso dello Stato e infine ha scassato il sistema della divisione dei poteri. Che, poi, abbia provocato anche il disastro economico e l’impoverimento del paese è forse ciò di cui si accorgono con più facilità i più distratti, ma questo è soltanto l’ovvia conseguenza dell’imbarbarimento che ne è la causa.

Tutto questo sta sotto gli occhi di tutti. Eppure destra e sinistra hanno continuato, persino nei momenti più aspri della campagna elettorale, ad obbedire alla “Grande Ipocrisia”, che è la vera ideologia di fondo che regna dal 1993. La accuse possono essere avanzate anche con durezza, ma sempre su obiettivi laterali.

Siamo in pieno surrealismo. Berlusconi accusa la sinistra di “comunismo” come se il comunismo costituisca un dato attuale e come se egli stesso non si sia stra-arricchito proprio durante il governo D’Alema. La sinistra ricambia criticando certi effetti pratici del conflitto d’interessi ma dimenticando le cause profonde e i danni maggiori, che non sono nel baratro economico ma nello scasso della democrazia italiana. Dimenticando che un ceto politico che va da Berlusconi e Previti a Cuffaro e Dell’Utri non può produrre che degenerazione politica.

Ma di questo è proibito parlare. Ci si dilunga piuttosto su cifre passate e future del tutto immaginarie. A cui non crede nessuno. Da una parte si dimenticano le prescrizioni di Berlusconi, dall’altra si tace su Consorte. Il bacio di Fazio a Fiorani appartiene alla preistoria. Le domande rivolte dall’”Economist” al Presidente-unto del Signore sono rimaste senza risposte, e nessuno le ha riproposte.

E’ come se reggesse da sempre un accordo bilaterale sotterraneo di non disturbare il manovratore. E’ questa la corruzione maggiore. Temiano che anche una vittoria del centrosinistra non porrà termine a questa ipocrisia. Anzi, gli inciucisti, convinti di aver vinto loro e non che sia stato Berlusconi a perdere, saranno restii al ripristino delle regole di un buongoverno liberale, con la scusa di non voler sembrare “ghigliottinatori” o persecutori. Continueranno a ragionare non in termini di regole generali ma – paradossalmente – come se l’Italia fosse condannata per un verso o per un altro a una legislazione ad personam. Se si è pervicacemente rimasti refrattari a un’analisi che constatava il disegno organico di pervenire a una sistema azzoppato da un regime ad personam, è difficile che si cambi politica all’improvviso e che si passi da una “buonismo” compiacente e ipocrita a un ripristino serio di regole erga omnes. E saranno aiutati dall’ultimo frutto avvelenato, il peggiore in senso assoluto, del Berlusconi –statista.

Tangentopoli portò un solo cambiamento apprezzabile: il maggioritario. Certo, una caricatura di maggioritario corretto, anzi scorretto, che non riusciva a riequilibrare tra il potere elettorale dei cittadini e il potere dei partiti (che per di più non offrivano alcuna garanzia di democraticità). Ma era pur sempre un maggioritario. E quindi offriva bene o male, più male che bene, l’alternanza di gruppi dirigenti. Anche se lo specifico del berlusconismo non poteva non adulterare una vera contrapposizione tra una destra e una sinistra.

Perché Berlusconi non è solo destra. E’ impossessamento, manu televisiva, del potere pubblico. E’ il trionfo del monopolio. E’ ovvio che – dall’altra parte – si è dovuto coagulare un CLN, un comitato di liberazione nazionale, contro il pericolo generale. Definire “sinistra” questo CNL, con Mastella, Fisichella, Rutelli, Sgarbi, Binetti, ecc. pare improprio.

Quasi alla vigilia delle elezioni, Berlusconi – dopo aver distrutto ogni correttezza di rapporti tra potere esecutivo e potere giudiziario – ha demolito il rapporto tra potere esecutivo e potere legislativo. Imponendo una legge elettorale che condanna perlomeno il Senato all’impotenza, Berlusconi ha costruito un meccanismo perverso (quello che la stessa maggioranza definisce “una porcata”), che mira a un parlamento impossibilitato a correggere le “porcate” della passata legislatura e costretto a perenni mediazioni tra maggioranza e minoranza. Per non parlare delle migrazioni continue di trasformisti da una parte e dall’altra. E ciò che è più grave è che il parlamento paralizzato non potrà sanare questi guasti, perché la difficoltà maggiore sarà proprio nell’impossibilità di modificare la legge elettorale. Così il cane si morde la coda. L’unica via d’uscita sarebbe un’affermazione dell’Unione talmente vistosa da sbloccare il programmato immobilismo parlamentare. Ce lo auguriamo.

Un voto decente

Votare contro Berlusconi è un obbligo di decenza politica. Ma un liberale oggi a quale dei tanti partiti dell’Unione può accordare il suo favore? Parliamoci chiaro. I nostri lettori detestano Berlusconi, non hanno bisogno d’essere convinti sul voto negativo, ma purtroppo molti di noi possono sentire prepotente il desiderio di non andare a votate. Perché, dopotutto, all’interno della cabina elettorale, bisognerà apporre un segno positivo. Bisognerà votare per una lista. Quale? E qui casca l’asino.

L’elettore liberale si rigirerà tra le mani quel lenzuolo di scheda elettorale coerente con la nostra repubblica delle banane o degna della Bulgaria pre-caduta, sa che non potrà esprimere alcuna preferenza sui candidati, sa che il parlamento per il 90% è stato già predeterminato da un piccolo fascio di segretari di partito, sa che, comunque andrà, le Camere saranno riempite non da eletti dal popolo italiano, ma da famigli, impiegati, mogli e amanti, servitori, consulenti, tutti scelti dall’alto.

Per chi, come noi, da tempo giudicava il sistema democratico azzoppato e svuotato dei suoi principali significati perché pressoché ridotto al semplice rito elettorale è quasi una beffa. Invece di cercare di riempire quel vuoto si è smantellato persino l’ultimo baluardo formale. Anche solo quest’ultimo scasso basterebbe a far giudicare il regime berlusconiano come antidemocratico ed eversivo. In campagna elettorale non se ne è parlato quasi affatto. Anche queste constatazioni non aiutano a uscire da casa per andare a votare.

Poi ci si è messa direttamente l’Unione a incentivare l’assenteismo. La sua analisi della natura del berlusconismo è sbagliata, la sua contaminazione con i peggiori costumi di casa Arcore è evidente a tutti. Nei piccoli centri ormai l’alternativa è tra comitati d’affari uguali e contrapposti. La mediocrità della classe dirigente salta agli occhi. Vogliamo portare qualche esempio? Quella che si autodefinisce estrema sinistra, per l’intera legislatura, ha pervicacemente ricoperto nei salotti televisivi la funzione di “opposizione di Sua Maestà”: opposizione ricercata, riverita e sdentata, massimalista quel che basti, compiacente quel che necessario. E soprattutto surclassata persino da Fini in capacità di rinnovamento ideologico.

Mentre Bertinotti a “Porta a porta” attende con ansia l’arrivo della Fede, Diliberto è rimasto agli anni ‘50 e ’60, chiuso tra i due santini di Togliatti e di Castro. E quando vuole offrirsi un brivido di disinvoltura precipita nella gaffe di candidare sul “Giornale” del Cavaliere come ministro degli Esteri della futura maggioranza progressista quel Giulio Andreotti che il giorno dopo comunicherà al paese tutto che voterà Alleanza nazionale.

Dei Ds abbiamo parlato più volte. Inutilmente abbiamo atteso un’autoanalisi critica della legislatura precedente. Il dalemismo impera tuttora. Quello dei Ds non è un partito, è un minestrone indigesto dove ci si trova di tutto: persone perbene e affaristi, burocrati e giovani entusiasti, clericali e laici. Il tutto condito da una buona dose di opportunismo e di cinismo. Un partito dove non conta nulla Trentin e conta molto un Bersani (sì, quello che se la prese contro che si accaniva verso quel gran servitore dello Stato che era Fazio), dove il conflitto d’interessi contemporaneamente è giudicato dal presidente del partito e una dal segretario dello stesso partito. E’ il partito degli ultimi due presidenti-quisling della Rai a maggioranza berlusconiana.

Con ciò voglio dire che tutte le critiche che sono state rivolte all’Unione hanno un serio fondamento. Potrebbero essere ancora più gravi ma non sarebbero comunque sufficienti a motivare l’astensione al voto. Ricordiamoci che, se da una parte ci sono mediocrità e nessuna visione strategica, dall’altra ci sono il regime e la distruzione morale, politica ed economica del paese.

Non c’è scelta. Bisogna andare a votare contro Berlusconi. E non farsi bloccare dalla necessità di dover dare un voto positivo. Non voglio influenzare nessuno, ma faccio la mia dichiarazione di voto personale. Voterò l’Unione, che vedo come il CLN che deve liberare l’Italia dal berlusconismo. Dopo, i giochi saranno tutti diversi.

All’interno dell’Unione voterò quasi a caso. Non ritrovo tracce visibili di liberalismo in nessuna lista. Terrò presenti soltanto due avvertimenti: non tutti i partiti sono uguali, ci sono partiti più illiberali di altri. Sicuramente il partito più lontano dal liberalismo è la Margherita, ormai preda d’un disegno politico di centrismo democristiano e, sulla questione dei diritti civili individuali, certamente il più clericalizzato.

Seri problemi sono posti anche dalla “Rosa nel pugno”. Apprezziamo la coraggiosa svolta laica di Boselli e sappiamo che i suoi socialisti rimarranno sempre nello schieramento antiberlusconiano. Non possiamo giurarlo per la componente radicale, che è totalmente inaffidabile. Per una dozzina d’anni i pannelliani hanno costituito una forza poltica ed ideologica di complemento per il Cavaliere. Sono stati iscritti nel gruppo parlamentare di Forza Italia. Sono stati mal ricompensati. Poi si sono messi all’asta. Pur incarnando un pericoloso trasformismo di gruppo, sono rimasti tenacemente aggrappati a politiche neo-con, di liberismo selvaggio e antisociale. Non sappiamo – perché nessuno ce lo ha spiegato – se il loro giudizio su Berlusconi sia cambiato, e non accettiamo la favola che è stato Berlusconi a tradire le aspettative d’un vero “liberalismo di massa” perché averci creduto fa troppo disonore alla loro intelligenza. Nel caso di un parlamento bloccato, chi è sicuro che Pannella non giocherà anche sul tavolo di destra lo voti. Chi ha dei dubbi scelga altro, perché il suo voto ai radicali potrebbe grottescamente tramutarsi poco dopo in un aiuto alla destra.

Il baratro

Quello che noi definimmo il “Grande buco”, ovvero l’assenza di liberali organizzati nell’Unione, è diventato ancora più visibile, ora è un baratro. Lo denunciammo mesi fa, siamo stati promotori, noi di Critica liberale, di varie iniziative, tutte andate a male, abbiamo inventato un Appello che ha additato alla classe politica le Priorità liberali. Ha raccolto autorevolissime adesioni. Ma non è stato sufficiente. L’ordine di scuderia era di non dargli peso.

L’Unione ha una mezza dozzina di partiti che si riferiscono in vario modo al socialismo, sono ben accetti perché tutti sanno che quel richiamo al socialismo è retorico. L’Unione non ha alcun partito liberale. Eppure larghi strati dell’opinione pubblica sono antiberlusconiani proprio perché liberali. A parte un paio di accenni di Prodi a una componente liberale che si sono dimostrati solo di maniera, ogni tentativo di creare una forza liberale autonoma è stata vana. Forse si è temuto che sarebbe stata davvero liberale. Anche quell’oggetto misterioso che è il Partito democratico non riesce a staccarsi da una concezione di piccolo accordo da compromesso storico. Neppure la stretta convenienza elettoralistica di ricoprire tutta l’offerta politica (né la presenza in campo avverso del simbolo liberale) hanno avuto la meglio sui veti, su una chiusura netta. Eppure si sapeva che non sarebbe stata sufficiente la presenza di puro ornamento di alcune figure che si richiamano al liberalismo a recuperare integralmente il voto liberale. Perché alcune persone cooptate, slegate tra loro e immerse in cattivissime compagnie non costituiscono una politica.

Le forze dell’Unione non hanno voluto accogliere lo specifico liberale perché forse non sanno neppure cosa sia il liberalismo. Lo confondono ancora col moderatismo o addirittura con un berlusconismo senza Berlusconi. Lo stato confusionale è tale che si è arrivati al paradosso di offrire una candidatura diessina a Ostellino.

Noi rimaniamo con le nostre Priorità e, chiuse le urne, garantiamo che quelle costituiranno la nostra politica futura. Forti o deboli che saremo, l’Unione avrà il nostro fiato sul collo. Senza sconti per nessuno.

www.criticaliberale.it

(da: Critica liberale - mensile, 5 aprile 2006 - volume XIII n. 125)

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