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La politica dei cittadini
12.04.2006
di Federico Repetto / girodivite.it -

Sono convinto, come molti altri, che il movimento notav della Valsusa rappresenti un momento significativo nella storia della democrazia italiana. In negativo, è un sintomo della assoluta mancanza di comunicazione tra il personale politico dei diversi partiti e la società civile, e della crisi della nostra democrazia parlamentare (che, per quanto grave e legata anche a cause specifiche, purtroppo si inquadra nella complessiva crisi della democrazia in occidente). In positivo, è un’importante esperienza di democrazia partecipata e di iniziativa dei cittadini associati.

C’è chi vi ha visto (e non a torto) analogie col ‘68, ma credo che sia più interessante metterla in parallelo con l’esperienza del "Circolo Società Civile" di Milano (e di altre associazioni simili) all’inizio degli anni ’90, in cui semplici cittadini prendevano l’iniziativa di verificare i conti pubblici chiedendosi dove finivano i soldi dei contribuenti, e di controllare se concorsi e appalti erano conformi alle regole, trasparenti, e veramente finalizzati all’interesse pubblico. Questo circolo, certo, aveva regole interne formalizzate (sancite davanti al notaio), che un movimento di massa non può avere. Ma una di queste regole corrispondeva allo spirito e alla pratica del movimento notav: anche se i membri del circolo potevano appartenere a qualsiasi partito, decadevano automaticamente quando occupassero una carica partitica importante o si fossero candidati ad una competizione elettorale.

Tuttavia "Società Civile" non pensava certo di poter ottenere facilmente giustizia. Pur appoggiando per molti versi l’azione del pool Mani Pulite, non riteneva che la denuncia dei cittadini e la sanzione dei giudici bastassero veramente a risolvere i problemi. Si aspettava invece che il Parlamento emanasse norme che rendessero più trasparenti i percorsi delle decisioni politiche e più difficile la corruzione. L’idea era che né l’iniziativa di particolari cittadini, né la giustizia penale, che agisce caso per caso, potessero sostituire una riforma strutturale, organica e a livello generale. In effetti il mondo della politica cercò di rispondere a queste attese nel 93-94 con la "legge quadro" (o legge Merloni) sui lavori pubblici (cfr. Ivan Cicconi, La storia del futuro di tangentopoli, DEI, 1998, p.118 e sgg.), ma certo senza risultati decisivi. E, non molti anni dopo, quel poco che era stato costruito fu completamente smontato (idem, Le grandi opere del cavaliere, Koiné nuove edizioni, 2004, p. 99 sgg.).

La delusione che ne è conseguita - e molte altre - hanno portato ad un’accresciuta diffidenza dei cittadini nei confronti non solo dello Stato, ma della stessa istituzione parlamentare. Non che questo significhi che oggi molta più gente di dieci anni fa creda alla democrazia anarchica o a modelli politici del tutto alternativi. Piuttosto, capita a volte che la giusta protesta contro la mancanza di rappresentatività della istituzioni previste dalla nostra costituzione si tinga di venature scettiche e qualunquiste. Ma anche chi spera in una riforma delle istituzioni democratiche si trova in una situazione di estrema incertezza e mancanza di prospettive.

Proprio per questo penso che sia utile cercare di cominciare a lavorare perché i movimenti della società civile diano un contributo alla riforma della politica. Uno strumento - molto limitato e modesto - sono le leggi di iniziativa popolare. Qualche cosa s’è già mosso in questo senso. Ricordo per esempio la legge di iniziativa popolare proposta da Libera per l’uso sociale dei beni sequestrati ai mafiosi, e la legge appena elaborata da associazioni di genitori, insegnanti e studenti, per la riforma della scuola, in contrasto con la riforma Moratti.

Una legge per la riforma degli appalti e dei lavori pubblici richiederebbe una straordinaria mobilitazione di intelligenze nella fase propositiva -nella quale dovrebbe lavorare un comitato di esperti indipendenti (come quelli che sono alle origini del nostro movimento), nonché una straordinaria mobilitazione di cittadini per farla approvare e per sorvegliare l’elaborazione dei regolamenti applicativi e poi la sua applicazione effettiva. É facile obiettare che le forze in gioco adesso non sono affatto adeguate. Ma respingere una proposta di legge di iniziativa popolare, facilissimo in termini di numeri parlamentari, in una situazione di agitazione e di dissenso comporta delle responsabilità politiche e richiede serie giustificazioni di fronte all’opinione pubblica. Questo ci permetterebbe di innescare quel dialogo con l’insieme dei cittadini - presunti beneficiari delle grandi opere - che oggi ci è impossibile.

Una legge di iniziativa popolare naturalmente è solo una possibile via per collegare società civile e istituzioni, in altri termini per rendere la società civile - grazie anche alla mediazione di esperti indipendenti - protagonista della trasformazione istituzionale. Qualunque altro strumento legale che porti in questa direzione dovrebbe essere egualmente bene accetto (anche se avrà egualmente bisogno per essere efficace di una forte mobilitazione della base).

Si tratta solo di avere un’idea ben chiara: senza un qualche ponte tra la nostra lotta di cittadini e le istituzioni, se cioè non sapremo inventare una politica dei cittadini, ci troveremo prima o poi nell’alternativa di subire la volontà delle istituzioni parlamentari così come sono adesso, o di scegliere la prospettiva anarchica. Contro la quale non ho alcun pregiudizio televisivo e perbenista: gli anarchici veri spesso sono persone di alta moralità e di principi apprezzabili, ma - lo dico con un rispetto che non ho per i mezzibusti della politica e dell’”informazione” - troppo utopici e campati per aria per i miei gusti. Sono però meno campati per aria di quei bravi qualunquisti che si illudono che basti far finta che lo Stato non esista e limitarsi a difendere il proprio orticello. La lotta per difendere il proprio orticello contro le legioni romane è vincente solo nei fumetti.

Fonte:  http://www.girodivite.it/La-politica-dei-cittadini.html

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