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Quei paradossi mortificano gli elettori
3.05.2006
Quei paradossi mortificano gli elettori di Emanuele Macaluso da www.ilriformista.it

L'Italia sta diventando sempre più il paese dei paradossi politici. Il leader del centro destra non riconosce ancora la vittoria elettorale risicata, risicatissima, ma perfettamente in regola con le leggi ma chiede un'intesa per l'elezione del presidente della Repubblica. Esigenza giusta, nell'interesse del paese, ma per realizzarsi avrebbe bisogno di un clima, di rapporti politici più distesi. Invece avviene il contrario. Anche perché c'è, a sinistra, chi non vuole quel clima. Gli episodi che a Milano hanno coinvolto la signora Moratti sono significativi. Il 25 aprile a respingere la Moratti e il padre ex deportato non furono le associazioni che promuovevano la manifestazione, ma altri gruppetti, estranei alla storia del 25 aprile, ma prevalsero. Il I maggio le tre organizzazioni sindacali che promuovono la manifestazione invitano i due candidati a sindaco di Milano, la Moratti e Ferrante. Il quale parla a nome della "classe", e non gradisce. Poi si corregge, ma sono i gruppi e i gruppetti, estranei alla storia del I maggio, che impongono l'allontanamento della Moratti. La quale usa tali avvenimenti per la propria campagna elettorale. E' una spirale che nessuno riesce a spezzare.

Il caso Cuffaro. Restando nei paradossi, vedo che Totò Cuffaro, presidente della regione Sicilia, si presenta candidato alle elezioni europee, viene eletto, ma dichiara che sceglie la "sua Sicilia". Arrivano le elezioni nazionali e, usando sempre la sua dote di presidente in carica, si candida al Senato. Viene eletto, ma è candidato pure alle elezioni regionali sìcdìane, alle quali partecipa come senatore in carica e presidente uscente. Attenzione, Cuffaro non ha violato le leggi elettorali. Le quali, in altri tempi, prevedevano incompatibilità e inelegittimità rigorose. Ricordo che se eri deputato regionale (non presidente!) e volevi candidarti al parlamento nazionale, dovevi dimetterti sei mesi prima. Ora tutto è permesso: si può usare un'istituzione per fare il salto in alto. Una vergogna.

La guerra delle opzioni. E cosa dire di Silvio Berlusconi, il quale annuncia che alle elezioni comunali sarà capolista a Milano e a Napoli? Cioè annuncia di essere candidato a una carica di consigliere comunale, che non eserciterà? Ma la legge lo consente. Così come ha consentito ai leader di partito, nelle recenti elezioni nazionali, di candidarsi come capolista in tutte le circoscrizioni. Si è annullato ogni rapporto tra eletti ed elettori. Dopo di che abbiamo assistito a scene vergognose per le opzioni dei leader. Di questo snaturamento del rapporto democratico non è responsabile solo la destra berlusconiana, ma anche i leader del centrosinistra, che hanno ritenuto conveniente al rafforzamento del loro potere l'uso spregiudicato di leggi elettorali, solo furmalmente criticate. Se dopo la travagliata elezione del presidente del Senato, e quella unilaterale del presidente della Camera, si dovesse verificare un altro braccio di ferro per l'elezione del capo dello Stato non ci sarà nessuna dittatura, come grida il Cavaliere. Tuttavia verrebbero certo meno le condizioni per cominciare a rimuovere i paradossi e le anomalie che mortificano la vita della democrazia in questo paese. Forse siamo ancora in tempo per evitarlo.

da www.ilriformista.it
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