7.05.2006
Intervista a Rita Borsellino. PALERMO-ADISTA.
La Chiesa smetta di "nascondersi" dietro una presunta neutralità elettorale e sappia schierarsi a fianco di "un'etica generale della politica", perché è tempo di "ristabilire la democrazia in tutto il Paese". A chiederlo è Rita Borsellino - sorella del magistrato Paolo Borsellino ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992, per anni vicepresidente di Libera (l'associazione contro le mafie fondata da don Ciotti) e ora candidata dell'Unione a presidente della Regione Sicilia. Nell'intervista rilasciata ad Adista infatti, la candidata presidente spiega come "Sicilia e Italia, a distanza di pochi giorni, hanno la possibilità di riscattarsi insieme", attraverso un voto, nazionale e regionale, destinato ad esprimere, o meno, una comune volontà di liberazione: dal "berlusconismo" e dal "cuffarismo", legati a filo doppio da "una politica in cui l'etica purtroppo è messa molto in secondo piano". Il suo avversario è appunto il presidente uscente della Regione, Cuffaro, sotto processo per favoreggiamento alla mafia e difeso a spada tratta dai vertici nazionali del suo partito, quella Udc che in Sicilia smette i panni del ‘berlusconismo dal volto umano' e vanta un nutrito gruppo di indagati per favoreggiamento e concorso esterno in associazione mafiosa tra i suoi cattolici esponenti e tra i suoi altrettanto cattolici consiglieri regionali. "Se io sarò eletta - chiarisce Rita Borsellino - vorrà dire che la maggior parte della Sicilia si vuole liberare del controllo mafioso", vorrà dire che i cittadini italiani di Sicilia bocceranno quella destra che in Parlamento ha provveduto solo "a tutta una serie di leggi che danno chiaramente privilegi a chi ha il potere" e che, contro il Meridione, "ha votato perfino la devolution". Si tratta dunque di ristabilire "un principio morale" di legalità , da porre a salvaguardia della cittadinanza democratica, un principio morale che renda impensabile, per esempio, un "presidente del Consiglio che dice che non pagare le tasse è una cosa che si può fare", o "una pratica di governo per cui sembra che le tangenti si possono pagare": fatti realmente accaduti, e che avrebbero richiesto da parte della Chiesa "una condanna molto chiara". Quella condanna, d'altronde, che non c'è stata nel momento in cui invece ci doveva essere: "in Sicilia per anni la Chiesa non ha fatto nulla, nel senso che non ha neanche riconosciuto l'esistenza della mafia", e anche nel resto dell'Italia, quando avrebbe dovuto dire che "la mafia è peccato", o che un fenomeno come "tangentopoli è stato peccato", denunciando quella corruzione politica, quella "immoralità che poi coincide spesso" con "interessi mafiosi", "questa indicazione netta, chiara non c'è stata".
Di seguito la nostra intervista a Rita Borsellino. (maria rita rendeù)
Vedi l'intervista: http://www.adistaonline.it/?op=articolo&id=19302
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