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«Vi sosteniamo ma…»
14.05.2006

LOS ANGELES-ADISTA. La Chiesa cattolica statunitense si è schierata compatta a fianco degli immigrati clandestini (v. notizia precedente), rivendicando per loro diritti e legalità. Alcuni porporati, come il card. Roger Mahony di Los Angeles e il card. Theodore McCarrick di Washington, si sono impegnati in prima persona chiedendo – ed ottenendo, il 28 aprile – un colloquio alla Casa Bianca con l'eminenza grigia Karl Rove, al quale hanno preso parte anche il presidente della Catholic University of America, il vincenziano p. David M. O'Connell, e l'arcivescovo di Boston, card. Sean P. O'Malley. Nel corso di questo incontro, i vescovi, che hanno incontrato diversi senatori, hanno espresso la necessità di una "riforma globale" che affronti in modo solidale la situazione dei milioni di immigrati senza permesso; pur approvando alcuni aspetti del progetto di legge che andrà in Senato a giorni (tra i quali la possibilità di rilasciare un visto provvisorio e in seguito la residenza permanente a immigrati che vivono negli Usa da più di 5 anni e che abbiano osservato alcune condizioni), essi hanno mostrato preoccupazione per i duri provvedimenti che questo prevede, tra i quali l'immediata espulsione degli immigrati illegali lungo il confine e il rifiuto di proteggere i richiedenti asilo. Nel corso di una conferenza stampa, il senatore repubblicano Bill Frist ha espresso la speranza che il Senato riesca a produrre una legge che goda di ampio supporto bipartisan. Uno dei punti chiave su cui hanno lavorato molto cardinali e vescovi è un percorso di cittadinanza per moltissimi lavoratori senza permesso che vivono già negli Stati Uniti.
 Mentre alcuni vescovi hanno organizzato i gruppi a difesa dei diritti degli immigrati, e a Chicago i sacerdoti di tutte le 375 parrocchie urbane si sono mobilitati per le manifestazioni, sulla "giornata senza immigrati" del primo maggio (in cui milioni di immigrati, clandestini e non, si sono astenuti dal recarsi al posto di lavoro e a scuola), la posizione della gerarchia cattolica è invece stata improntata ad una estrema prudenza. In un lungo documento diffuso il 28 aprile, che contiene "suggerimenti" per la promozione della riforma sull'immigrazione, il card. Mahony esorta tra l'altro i lavoratori a unirsi ad una manifestazione organizzata dall'arcidiocesi per il primo maggio "dopo" la giornata lavorativa e chiede agli studenti di andare a scuola: "personalmente, ritengo che possiamo fare del primo maggio una giornata vantaggiosa per tutte le parti in gioco qui nella California del sud", scrive Mahony. "Andate al lavoro, andate a scuola, e dopo raggiungete noi, che saremo migliaia, per una grande manifestazione".
 Molto netta la posizione in proposito dei vescovi del Colorado, espressa in un documento sempre del 28 aprile: "Noi vescovi del Colorado - si legge - esortiamo la comunità a non prendere parte a questa "giornata senza immigrati". Una vera riforma dell'immigrazione richiede un dialogo ragionevole ed azioni positive che convincano i nostri rappresentanti eletti. Gli scioperi, malgrado le loro buone intenzioni, non servono a questo fine". L'astensione dal lavoro, proseguono i vescovi, non farà che urtare i datori di lavoro che già appoggiano una riforma equa dell'immigrazione, e rischia di far perdere il lavoro a persone che hanno tanto lottato per conquistarlo e mantenerlo. "Lavoratori, vi esortiamo ad andare al lavoro", scrivono ancora. "Dedicate tempo ad aiutare l'impresa e le comunità a comprendere la dignità del lavoro tramite il vostro contributo alla nostra economia e il vostro rispetto per il vostro datore di lavoro e il vostro impiego". E un appello va anche ai cattolici: "vi esortiamo a partecipare ad azioni positive che portino a soluzioni reali. Scrivete ai legislatori e incoraggiate i datori di lavoro e gli imprenditori a scrivere anch'essi, chiedendo una riforma dell'immigrazione che comprenda sicurezza dei confini, percorsi di residenza permanente, programmi di lavoro temporanei, riunificazione familiare, protezione sul lavoro per tutti i lavoratori, salari e benefit che non taglino fuori il lavoro domestico".
 "C'è solo una parola che definisce ciò che siamo noi oggi: è la parola rispetto", ha affermato in una dichiarazione alla fine del primo maggio il card. Francis George, arcivescovo di Chicago. Rispetto significa che ognuno ha una dignità e dev'essere trattato come figlio di Dio, spiega George, ma anche che la situazione inumana dei clandestini va cambiata radicalmente: "Noi che abbiamo a che fare con le persone nelle loro gioie e nel loro dolore, nelle loro difficoltà e nella loro disperazione, sappiamo che esse vengono nel nostro Paese per molti motivi: sicurezza personale, opportunità economica, progresso nell'istruzione, riunificazione familiare; e sappiamo che la stragrande maggioranza di coloro che vengono qui porta vitalità alla nostra vita comune, un desiderio di lavorare nel nostro sistema economico, e una presenza che fa progredire e rafforza il nostro Paese. Riconosciamo l'inestimabile contributo reso da coloro che cercano una vita dignitosa e libera. Sono nostri fratelli e sorelle, e noi dobbiamo trovare - e lo faremo - modi per accoglierli legalmente. Non lo faremo solo per rispetto a loro, ma anche per rispetto a noi". (ludovica eugenio)

Fonte: http://www.adistaonline.it/?op=articolo&id=21213

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