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L'erba voglio del cavaliere (di Antonio V. GelorminiI)
19.05.2006
Niente da fare, scalpita, si agita, rivendica, minaccia. I panni dell’opposizione non li sopporta, gli vanno decisamente stretti. Diventa insofferente, non ci si trova a proprio agio. Teme il contagio del virus più pericoloso da quelle parti: quello del comunismo.

Non si rassegna. Ha perso le elezioni, ma a suo parere la cosa non era nel ventaglio delle possibilità. Ha difficoltà ad ammetterlo e a farsene una ragione, ma dovrà adeguarsi. Nel frattempo continua a non stare al suo posto, e questa è una piega che pare risalga addirittura agli anni delle elementari.

Senza che nessuno glielo avesse chiesto, all’indomani dell’esito elettorale sfavorevole, si è subito proposto per una grande coalizione. Hanno fatto finta di non sentirlo. Subito dopo, dimenticando che con i suoi governi s’è posto fine alla prassi (magari con qualche ragione, data dal nuovo sistema bipolare) che vedeva assegnata la presidenza delle Camere rispettivamente a maggioranza e opposizione, ha cercato di introdursi nella partita delle cariche istituzionali.

Prima ancora della presentazione ufficiale dell’eventuale candidatura D’Alema, data da tutti comunque per scontata, si è precipitato a fornire lui stesso la “rosa” dei papabili, preoccupandosi di tener fuori qualsiasi comunista. Persa anche questa partita.

Persa, soprattutto, l’occasione di contribuire all’elezione di un Presidente della Repubblica, che per sua natura non potrà mai essere rappresentante solo di una parte degli italiani, oggi sfodera il suo piglio autoritario, come quando veniva redarguito dalla maestra, e asserisce: “Voglio la presidenza delle giunte per le elezioni di Camera e Senato”. E ha già fatto sapere che le vuole “per fare un gran casino”.

Voglio, voglio, voglio. E se qualcuno gli ricordasse che in certe situazioni è meglio che si abitui ad adoperare piuttosto il verbo chiedere? Aggiungendovi, magari, una formula di cortesia non dico per favore, ma almeno se possibile, a mio o a nostro parere…..? Certamente la cosa tornerebbe anche a suo merito.

Coglie e gioca d’anticipo anche i suoi alleati e annuncia per il 2007 il Partito unico come cosa fatta. Ha già trovato anche il nome: Partito delle Libertà. Evidentemente dopo lo sfratto ritiene paradossale parlare ancora di casa oppure deve temere che prima o poi anche quella potrebbe essere colpita dall’Ici.

E’ un torrente in piena. Fini fa fatica ad arginarlo e Casini è costretto a ricorrere alla saggezza comunista di Mao, per frenare le accelerazioni e gli illusionismi berlusconiani e mettere tutti in guardia: ”La strada è lunga e tortuosa, ma il futuro sarà luminoso”.

Quanto lungo, al momento, non è dato sapere. Così come resta da capire se questo futuro sarà con o senza il Cavaliere.

gelormini@katamail.com

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