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Contestare la festa della repubblica?
3.06.2006
Ferdinando Camon - Quotidiani delle Venezie, 2 giugno 2006

Ci siamo, esplodono le prime contraddizioni. Ne seguiranno altre, in tutta la legislatura. Perché le contraddizioni sono interne a questa maggioranza, che non riesce a liquidarle dentro di sé, ma le scarica sulla società. Oggi è la festa della repubblica. Il presidente della Camera, Bertinotti, seguirà la parata militare nel centro di Roma, e la onorerà. E' giusto, gli spetta, lo deve. Ha vinto le elezioni. Ma Bertinotti è di Rifondazione, e una parte notevole del suo partito organizza una contro-parata sul Lungotevere, in cui contesta la parata ufficiale e ne chiede l'abolizione. Stanno con i contestatori l'Arci, Emergency, i Cobas, i Comunisti Italiani, i Verdi e un'ala del Correntone. Sono forze politiche decisive per la vittoria della Sinistra, senza di loro la Sinistra non avrebbe mai vinto. Quel che pensa la contestazione pesa sulla festa, la rende diversa da tutte le feste della repubblica che abbiamo avuto dalla fine della guerra ad oggi, e finisce per inaugurare una nuova interpretazione di repubblica, di forze armate, rapporto tra esercito e popolo. Non è un piccolo problema. I contestatori sostengono che la sfilata dei militari dà alla nostra repubblica un senso militare, contrasta con la nostra Costituzione, mette la guerra tra gli strumenti della nostra politica, intende l'esercito come necessario, rende la festa "violenta", e infine è una usurpazione, perché l'esercito non ha avuto alcuna parte nell'evento storico del 2 giugno 1946.
C'è in questa visione del "futuro possibile" una forte carica di pacifismo, fiducia nella natura dell'uomo e nelle inclinazioni dei popoli, che seduce per le prospettive paradisiache che ci schiude davanti agli occhi, ma purtroppo viene smentita da tutto ciò che la storia ci consegna in questi anni, questi mesi, questi giorni, uno dopo l'altro. Sono passati pochi anni da quando un dittatoriello di un piccolo autoproclamato stato, subito al di là dell'Adriatico, minacciava di "distruggere Ancona in una notte", dicendosi in grado di raggiungerla con i suoi missili. Voleva far nascere il suo stato, riempirlo di una popolazione etnicamente pura, liquidare tutti gli elementi spuri che lo inquinavano, e porsi come interlocutore irrifiutabile di fronte al mondo. Nessuno di noi, fino a un minuto prima, aveva mai pensato che ci saremmo svegliati una mattina col rischio di non trovare più Ancona. Cito questo episodio, ancora recente, perché era al potere la Sinistra, e la Sinistra dovrebbe ricordarselo. Anche per volontà della nostra Sinistra è finita che quello staterello è stato dissolto, chi lo proteggeva è stato bombardato, chi lo appoggiava è stato smembrato, i dittatorielli che ne comandavano le forze militari vivono nascosti sotto terra. E' bene che le cose siano andate così. E' bene che anche l'Italia, come tutta l'Europa, fosse nelle condizioni di dare quella risposta. E' bene che le forze armate abbiano un posto nelle feste della republica europee. E' bene che oggi a Roma passino davanti alle autorità (compresi il capo dello Stato, di Sinistra, e il capo della Camera, di Sinistra) piccole, simboliche rappresentanze dei reparti che hanno portato il loro contributo a una correzione della storia, dalla Jugoslavia alla Somalia, nelle aree dov'era possibile operare. Ci sono aree dove non è stato possibile, il Rwanda è fra queste, e aree dove si è tentato ma si è fallito, la Somalia è fra queste: troppo alto era lo sforzo e il prezzo di vite umane, le nostre democrazie non potevano pagarlo senza entrare in crisi. Ma quello non fu un trionfo del pacifismo. Fu una sua sconfitta, una nostra sconfitta, una vergogna dell'Occidente e dell'Onu. Da sessant'anni pace significa pacificazione. Se gli uomini fossero buoni, questi ragionamenti sarebbero sbagliati. Ma purtroppo gli uomini non sono buoni.

Fonte: http://www.ferdinandocamon.it/articolo_2006_06_02_Festarepubblica.htm

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