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Referendum, Fassino: *I temi per trattare*
27.06.2006

Il giorno dopo la vittoria del No, nel referendum sulla riforma della Costituzione voluta dal centrodestra, è ancora tempo di riflessione e di apertura al dialogo. Con la Cdl meditabonda, a parlare sono soprattutto i leghisti (che rinviano addirittura Pontida) e il "dissidente" dell'Udc Marco Follini, mentre il segretario dei Ds, Piero Fassino, individua i possibili punti di contatto con l'opposizione. E osservando i dati definitivi sul voto si rilevano particolari interessanti.

Le esternazioni di Follini. Sul fronte centrista, alla vigilia della riunione della direzione dell'Udc, l'ex segretario Marco Follini è un fiume in piena sui giornali e in Tv.

A suo giudizio, il voto di ieri sancisce la fine del centrodestra "come crogiolo indistinto di cose diverse". Ora, sottolinea, occorre "distinguere il destino del centro moderato e della destra populista". Un confine che per l'Harry Potter della politica italiana deve essere più "netto e chiaro".

"Fuor di metafora - aggiunge rilanciando un noto tormentone caro in passato nell'Ulivo - più che un trattino ci vuole un trattone". Quanto all'esito del voto, il suo giudizio è perentorio: "Ieri ha vinto l'Italia che ha forti valori civili e un saldo ancoraggio istituzionale, un'Italia che non è certo tutta del centrosinistra. Rivendico il merito e il peso di tanti voti moderati che hanno concorso alla vittoria del no".

 

La reazione degli alleati. Tace Pier Ferdinando Casini, ma la sortita di Follini trova una certa sponda nelle critiche del capogruppo alla Camera, Luca Volontè, rivolte alle scelte del centrodestra nelle ultime settimane: "La teoria delle spallate che si è adottata nella Cdl - osserva Volontè - non premia e ha come unico risultato quello di ricompattare la maggioranza".

Durissimo invece il commento del resto della coalizione, a partire dal suo collega di partito Carlo Giovanardi. "Oggi - attacca l'ex ministro per i Rapporti con il Parlamento - Follini parla di un suo contributo alla vittoria del no... Sembra di sentir parlare Martinazzoli o certa sinistra Dc che attirava i voti come l'Autan attira le zanzare".

Sferzante il giudizio di Maurizio Gasparri: "Il mio disaccordo politico nei suoi confronti è lo stesso espresso dal suo partito... Se non è più segretario ci sarà stato un motivo, mica è scaduto come fosse uno yogurt". Insomma, incalza l'esponente di An, "Follini prima di andare al governo, poi da vicepremier, e ancora negli ultimi mesi, ha sempre cercato le lacerazioni interne alla coalizione che finiscono per condannarci a nuove sconfitte".

Per Guido Crosetto (Fi), Marco Follini "sale sul carro dei vincitori". "Non si capisce - aggiunge - se il suo interesse sia quello di trovare una buona collocazione nel centrosinistra aiutando a massacrare il centrodestra, oppure se sia semplicemente quello di trovare argomenti di visibilità".

La mano tesa di Fassino. Il segretario dei Ds, Piero Fassino, indica alla Cdl i punti sui quali si potrebbe aprire il confronto per la riforma costituzionale. Verifica dello stato di attuazione del Titolo V, attuazione del federalismo fiscale e realizzazione del Senato federale. Sono questi, secondo il parere del leader della Quercia, tre argomenti di riforma costituzionale "che possono essere una base di confronto per verificare se ci può essere un dialogo".

Analizzando il voto Fassino sottolinea che in effetti "è stata respinta la devolution, ma questo non implica che non si debbano affrontare seriamente argomenti come il completamento del Titolo V, l'articolo 119 sul federalismo fiscale o il Senato federale".

Chi ha votato No. L'Istituto Cattaneo di Bologna, una voce autorevole in questo campo, ha reso nota oggi l'analisi sull'andamento del voto, concludendo che la riforma costituzionale varata dal passato governo è stata bocciata perché molti elettori del centrodestra hanno votato No, tendenza presenta in tutte le regioni italiane, ma che cresce andando a Sud. D'altra parte, secondo il Cattaneo, il No di sinistra non è un rifiuto di modificare la Costituzione ma dimostra che i leader della maggioranza sono riusciti a persuadere molti elettori di aver l'intenzione seria di fare le riforme costituzionali, ma utilizando un metodo diverso.

da www.repubblica.it del 27 giugno 2006

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