2.07.2006
Socialpress - La stampa italiana sembra aver declassato quello che in queste ore sta accadendo a Gaza all’ennesimo botta e risposta tra israeliani e palestinesi: la "risposta" un po’ muscolare del potente esercito di Tel Aviv, sanguinosamente umiliato dal raid di un comando, all’ ennesimo attacco palestinese. Sbagliato ma comprensibile, insomma, prendere in ostaggio un milione di persone e sequestrare i loro leader se è in gioco la vita di un commilitone.
Non la pensa così, ad esempio, il Financial Times che nel suo editoriale di ieri osserva: "Pensate per un momento a cosa sarebbe successo se in risposta al rapimento di un soldato da parte dell’ IRA, il governo britannico avesse occupato l’Irlanda del Nord, attaccato Belfast e Derry da terra, aria e mare, punito la popolazione distruggendo centrale elettriche, infrastrutture e governo; arrestato ogni repubblicano; inviato la Royal Air Force a sorvolare Dublino".
La conclusione è che Istraele non stia semplicemente "esagerando", ma stia cercando di creare razionalmente le condizioni per quello che Mr. Olmert ha promesso in campagna elettorale: il ritiro unilaterale di Israele dai territori alle migliori condizioni per Tel Aviv e senza condizioni invece per il futuro "Stato" palestinese, ridotto a un ammasso di enclaves prive di ogni risorsa naturale, a cominciare dall’acqua. Il muro di Sharon, costruito all’interno della Cisgiordania, delinea del resto abbastanza eloquentemente i confini di questa futura Israele, biblicamente minimal ma militarmente sostenibile, specie dopo il suo ingresso nel dispositivo NATO, già ventilato da alcuni politici italiani.
Il piano Sharon si regge su un assioma: Israele non ha interlocutori per il processo di pace e quindi farà tutto da solo. Per validarlo, anziché favorire il dialogo il governo Olmert oggi preferisce radicalizzare lo scontro, amplificare l’umiliazione dei palestinesi, puntare alla divisione tra le sue fazioni (che faticosamente hanno cominciato a parlarsi), approfittare dell’impreparazione politica di Hamas e dell’impopolarità della vecchia guardia dell’Olp presso ampi strati della popolazione. Il primo passo è stato trasformare Gaza in una prigione a cielo aperto, il secondo sarà trasformare la Palestina in una seconda Somalia, alle porte del Medio Oriente.
Nessuno in buona fede può oggi invocare le Nazioni Unite, dopo 72 mozioni di censura disattese da Israele e il veto scontato degli Stati Uniti. L’Europa ha qualcosa da dire a questo proposito?
Di sicuro l’Italia, partner militare "privilegiato" di Israele, in base allo sciagurato accordo stipulato dal precedente governo Berlusconi, oggi ha una responsabilità in più. E un’occasione in più per darsi una politica estera decente, e chiudere l’era Dini-Berlusconi, dopo un decennio di assurdo presenzialismo militare.
Fonte: http://www.socialpress.it/article.php3?id_article=1333
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