Egregio prof. Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri,
Decido di iniziare con Lei questa mia raccolta di lettere, frutto di 30 anni di pensieri. Sono, con timore reverenziale, il caos di Gadda, la passione del Manzoni e forse anche la forza partigiana che mi spingono a scrivere a Lei, e a scrivere queste lettere, in generale.
Nonché la rabbia di leggere di un Cattaneo, e forse anche di un Carlo Porta, "padri" di questa idea balorda del Lombardo Veneto. Le giuro che in me, e in molti altri!, l’immagine che questo suscita è solo quella di cavalli e carrozze immerse nelle nebbie nemiche dell’Adda...
Che assurdità . Ho 30 anni, trent’anni probabilmente molto milanesi, trent’anni nei quali la politica e la cultura hanno avuto, forse, un ruolo importante, nel determinare irrimediabilmente scelte individuali. Si ha ora fiducia in Lei, in questo Governo che certo qui nel Nord non si è votato più di tanto, e immagino che anche Lei sappia perché.
I perché sono quelli del “Ma mì, ma mì, ma mì”, di una storia popolare che ha sofferto a lungo la centralità romana e le forze dell’ordine, e i posti fissi di professori senza abilità , una sofferenza priva delle possibilità di capire. I perché sono quelli di chi lavora grettamente da una vita. I perché, questi assolutamente inscusabili ma, ahinoi, forse anche più influenti, sono quelli di chi ha rubato, è stato punito, e ancora non se ne fa una ragione.
Da un’altra parte, forse anche “dall’altra parte”, c’è la Milano che ha nell’anima la Rivoluzione Napoletana, con tutta la sua complessità . So che Lei lo sa.
Da un’altra parte, o forse dall’altra, c’è chi non ha accettato mille cose, e di questo ne paga in prima persona le conseguenze, a 30 anni, o più, o meno. C’è chi avrebbe potuto fare il tassista, o l’avvocato, o il professore universitario, il medico, o l’operaio a Marghera, ma non c’è stato/a. Non c’è stato perché queste scelte avrebbero significato, nella maggior parte dei casi, una forte connivenza con un sistema che oserei dire “malato”, se non mafioso.
Certo, guardandosi adesso intorno, davanti e dietro, qui, in questo Lombardo Veneto, ci si chiede se tutto questo abbia avuto senso, dato che qui, alla fine, a parte le bellezze alpine (vicine, ma da cui ci divide una tangenziale perennemente intasata e prezzi esorbitanti), qua su non si gode né dei pergolati romani né dell’efficienza emiliana. Ci si guarda intorno, ottimisti per le Sue promesse. Con una domanda, forse nemmeno prioritaria, dato questo understatement di cui ci sentiamo, forse stupidamente, arcieri: dimenticheranno però noi, che abbiamo resistito, e rinunciato - personalmente - a tanto?
La domanda, come scrivevo sopra, non penso sia prioritaria, per Sua e Nostra fortuna. Ci si adeguerà , per lo più. Non si adeguerà , ovviamente, chi, da questa scelta etica, prima che politica, nonché per condizioni di partenza sfavorevoli (perché ci sono anche a Milano, ve lo ricorderete?), ha ricevuto come regalo una povertà materiale insostenibile. Loro non se lo scorderanno.
La domanda però esiste, ed è forte. Questo Governo si ha la speranza che possa fare la differenza per quelli che non sono stati furbi.
Non è facile, e non Le si chiede tutto, ma le vogliamo dire che abbiamo ancora (solo) 30 anni.
Grazie,
Cordiali Saluti
Giovanna Motta
Milano, 5 luglio 2006
Fonte: http://www.socialpress.it/article.php3?id_article=1338
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