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Testimoni di Genova
22.07.2006
Eliana per socialpress.it -

Un morto, centinaia di feriti e di arrestati... La Commissione parlamentare ha archiviato frettolosamente le indagini ma le domande di quei giorni sono ancora aperte e vengono cocciutamente riproposte. Vogliamo verità e giustizia. Vogliamo sapere chi sono i responsabili politici e istituzionali. E’ un nostro diritto.

Genova è una bellissima città, che ho imparato a conoscere ed amare dopo il luglio 2001. Per la verità, in quella occasione avevo giurato che non ci avrei messo piede per molto tempo e ancora adesso, gironzolando per le vie del centro, i ricordi e le sensazioni di ieri si mescolano e si sovrappongono alla realtà odierna. Rivedo le gabbie e i containers che imprigionavano la città, sento l’odore acre dei lacrimogeni e del fumo proveniente dai cassonetti, ricordo il fragore assordante degli elicotteri. Ho paura, decisamente più paura di quella che ho provato allora. Mi sembra strano essermela cavata senza un graffio. Alla manifestazione che si era tenuta a Milano nei giorni successivi alcuni portavano il cartello “scampato/a alla mattanza”. Realizzarne il significato nella sua compiutezza è un fardello che mi porto ancora addosso insieme alla caparbia volontà di testimonianza e alla necessità di avere giustizia. Per questo credo che la ricerca e la catalogazione dei materiali (foto, riprese, documenti, giornali) che molti hanno svolto in questi anni non sia stata solo una ricostruzione degli avvenimenti di quei giorni, ma testimoni la ricerca di qualcosa che ci manca anche se siamo incapaci di definire in modo preciso questa sensazione.

Genova è stata per molti e molte una chiave di volta, una linea di demarcazione netta. Qualcosa che ormai fa parte di noi, del nostro quotidiano. Basta veramente poco e i ricordi riemergono. Questa mattina la radio parlava di zona rossa e zona gialla. Niente di particolarmente grave: il ritrovamento di un ordigno della seconda guerra... ma io ho pensato subito a Genova. Oggi più che mai la nostra civiltà (è ancora il caso di definirla così?) è divisa in zone rosse e gialle, sono nate nuove barriere per proteggere le fortezze e i privilegi. Soprattutto si è imposto uno stile di vita. In un misto di farsa e tragedia siamo arrivati al punto che anche nel piccolo condominio dell’hinterland milanese dove abito si fanno riunioni per stabilire e riportare il decoro nel palazzo. No, nessun giro losco, anzi una sana abitudine di comune socialità: sedersi a fare quattro chiacchiere con i vicini davanti al portone. Nella stessa riunione ho anche scoperto che è indecoroso lavare e stendere i panni al sole. Cinque anni fa a Genova lo diceva anche il Berlusca e uno dei cori più gettonato era “Genovesi fuori le mutande”.
Fra i ricordi di quei giorni ci sono anche momenti allegri, come quando abbiamo preparato il materiale per la manifestazione... i passanti increduli si fermavano per capire cosa stessero tramando quei giuggioloni. Quando scoprivano che stavamo colorando striscioni, decorando ombrelli con gomma piuma, gonfiando palloncini da buttare nella zona rossa, si allontanavano scuotendo la testa... “Fate attenzione!”

Nei giorni precedenti il clima era stato avvelenato da una campagna allarmistica che disegnava scenari apocalittici. I giornali erano pieni di resoconti sulle misure varate per prevenire attentati e disordini; sciorinavano cifre sulla presenza di carabinieri, poliziotti e finanzieri opportunamente affiancati da reparti speciali dell’esercito e dell’intelligence. La descrizione del moderno equipaggiamento acquistato per l’occasione aveva del fantascientifico.
Arriviamo alla spicciolata, alcuni vengono fermati alla frontiera, ma al corteo del 19 dedicato ai migranti c’è davvero tanta gente, musica, allegria, colori. Le mani battono contro i containers, ritmano gli slogan e riescono ad allontanare lo spettro di una città senza vita. Nemmeno il temporale che trasforma in fanghiglia i campi dove abbiamo le tende e la stanchezza riescono a scalfire la nostra allegria. Sappiamo bene che domani sarà il giorno più difficile... Purtroppo la realtà supererà di gran lunga la nostra immaginazione.

I ricordi del 20 luglio 2001 sono particolarmente scoordinati, si accalcano nella mia memoria, si sovrappongono, non hanno una reale scansione temporale. Sono fatti di fantasmi neri che gironzolano liberamente per la città organizzatissimi. Arrivano, devastano e spariscono. Molto spesso precedono l’arrivo delle “forze dell’ordine”. E’ a Genova che ho imparato sulla mia pelle quanto gli ossimori siano crudeli. Dalle “forze dell’ordine” ti aspetti di essere protetto, aiutato, mica di essere picchiato a sangue senza ragione. Ma in quel momento non ho il tempo di domandarmi se tutto questo ha un senso o una motivazione, scappo... Nel tardo pomeriggio, quando arriva la notizia che ci sono dei morti, improvvisamente tutto si ferma. Attoniti, torniamo sui nostri passi tenendoci per mano. Siamo completamente circondati da poliziotti, finanzieri e carabinieri, con lo sguardo cerchiamo amici e compagni. Si telefona a casa, un po’ per tranquillizzare, un po’ per sapere... Si, è vero: è morto un ragazzo, 23 anni, genovese, si chiama Carlo Giuliani. Imparerò a conoscerlo, apprezzarlo e volergli bene dai racconti dei suoi amici e parenti.
Il giorno dopo ci alziamo ancora frastornati. Un cielo terso e un sole smagliante contrastano con il tumulto indefinibile che abbiamo dentro. Un cockail di rabbia, indignazione, impotenza, senso di colpa... Si doveva prevedere, si doveva proteggere, si doveva impedire... Il cuore si allarga alla speranza arrivando in piazza Sturla. Arriva tanta gente, diversa per età, sesso, nazionalità. E’ un fiume in piena quello che si riversa sul lungomare. Impensabile fare un concentramento. Si arriva e si parte. Si cerca di formare un cordone di sicurezza che accompagni il corteo, ma tutto sommato ci si sente abbastanza sicuri. Poi il copione si ripresenta: arrivano i black, la polizia carica il corteo spezzandolo in due tronconi. Sono in testa al corteo, riesco a superare il punto dove ci sono le cariche. Il fumo nero che si alza dal mare mi fa rabbrividire. Il corteo si ferma, aspetta, poi, lentamente, riprende il suo cammino. Arrivano notizie sommarie e preoccupanti. I genovesi vengono in nostro soccorso: se nei giorni precedenti ci avevano salutato, applaudito, ora ci aprono le porte di casa, ci danno rifugio, ci passano bottiglie di acqua dalle finestre, improvvisano docce rinfrescanti... E’ la meravigliosa anticipazione di quello che accadrà, fortunatamente in circostanze diverse, un anno dopo, al Social Forum di Firenze. Grazie Genova!

Al tramonto riesco a recuperare la macchina per rientrare a Milano. Arrivo subito dopo la mezzanotte, sono frastornata, stanchissima. La radio da la notizia del blitz al Media center e alla scuola Diaz.
Come quella notte di cinque anni fa anche questa notte rientro tardi dalla riunione. Non ho più sonno, accendo la tele; il programma è su Genova. In un paciugo tremendo scorre la nostra storia. Alle testimonianze delle vittime si alternano le prese di posizione dell’allora ministro Scajola che difende l’operato delle “forze dell’ordine”, l’intervista a Placanica ... Non posso crederci ... Un’operazione di revisione e rimozione totale pari a quella che si tenta ogni 25 aprile sulla Resistenza. Vittime e responsabili uniti in un unico ricordo come se fossero capitati lì per caso.

Un morto, centinaia di feriti e di arrestati ... La Commissione parlamentare ha archiviato frettolosamente le indagini ma le domande di quei giorni sono ancora aperte e vengono cocciutamente riproposte.
Perché si è montato un clima di tensione? Perchè le decisioni sulla blindatura della città e sull’ordine pubblico sono state sottratte alle autorità genovesi? Perché si è premeditato lo scontro fomentando un clima da guerra civile? Perché i black bloc hanno agito indisturbati? Perché tutta questa violenza su cittadini inermi? Perché si sono calpestati i diritti civili di tutti?

Vogliamo verità e giustizia. Vogliamo sapere chi sono i responsabili politici e istituzionali. E’ un nostro diritto.

Fonte: http://www.socialpress.it/article.php3?id_article=1347

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