Uno sfregio. E’ stato definito ripetutamente così il danno arrecato alla Cattedrale di Trani e in particolare ai due leoni stilofori in pietra, che si trovano ai lati del suo principale portale di bronzo. Offensivo, cattivo e dilaniante, lo sfregio ha provocato rabbia, sdegno e dolore, evidenziati negli innumerevoli commenti sia a caldo che nei giorni successivi alla scoperta del disastro.
L’indignazione corale e naturale ha dato corpo agli appellativi più svariati per qualificare gli ignoti autori dello scempio e tra essi quello di “imbecilli” è rimasto il marchio indelebile unanimemente apposto sulle loro sagome sconosciute. Risentimento spontaneo e fin troppo giustificato.
Per sua natura, però, lo sfregio raramente è un atto gratuito, spesso è la reazione ad una provocazione, la bravata contro un’indifferenza, l’atto inconsulto verso qualcuno o qualcosa che si odia, la manifestazione di un’insofferenza; a volte è una minaccia, altre ancora l’affermazione di un diritto di potere.
L’atto vandalico, allora, potrebbe celare anche qualcos’altro. Perché imbecilli non si nasce. E se ci si diventa, forse qualche interrogativo dovremmo porcelo. Forse è il caso di chiederci come mai un forte elemento di identità e di appartenenza non è più percepito come tale da una parte non irrilevante della città . Una città che forse tende a catturare attenzioni e frequenze “forestiere”, più che a coinvolgere nella sua trasformazione la comunità tranese nel suo insieme e nelle sue diversità . Abbiamo letto tanti commenti autorevoli, ma potrebbe risultare interessante ascoltare i pareri dei tranesi dell’affascinante e misterioso dedalo di viuzze o di quelli del porto, uno tra i più suggestivi della costa pugliese.
Certamente non sarà il linguaggio della lettera aperta di Raffaele Iorio al “Povero imbecille” (Gazzetta del Mezzogiorno del 20/7/06) a fare breccia nell’insensibilità assurda dei vandali. Non saranno “la nave di pietra che da un millennio salpa verso il nostro avvenire”, “il palinsesto di pietre e di storia” o “la forma dello spazio mensurabile, le iconografie bidimensionali, le stereometrie e le simulazioni di tridimensionalità evocata” ad attirare l’attenzione dei senza “baculum”, senza bastone, quindi pronti a crollare.
Sarà il caso di chiedersi quale sostegno abbiamo garantito loro nella rincorsa ai format del Grande Fratello, delle Fattorie o delle Isole dei famosi, dedicandovi intere pagine dei nostri rotocalchi e fiumi di ore di trasmissione nei diversi canali televisivi? Proviamo a verificare quanti ragazzi hanno ancora l’abitudine a frequentare la parrocchia, a fare il “chierichetto” negli anni dell’adolescenza? Un modo come un altro per rapportarsi allo spirito, al rito, al rispetto del sacro e di quelle pietre che sfidano i secoli e che in fondo, poi, senti anche un po’ tue?
Forse e qui il nocciolo della questione. Quanto Trani è ancora percepita come “proprium”, come la citta di “tutti” i tranesi? E’ apprezzabile invocare sinergie per “stanare l’imbecillità e il vandalismo ed elevare la cultura del bello nel rispetto delle persone che l’hanno saputo produrre e della società che lo ha ereditato come ricchezza unica ed impareggiabile (S.E. Mons. Picchierri). E’ anche confortante sapere che si è consci che “non si tratta solo di un fatto di cronaca nera, ma del risultato di una inconsapevolezza collettiva del valore delle opere d’arte e della bellezza. Frutto di anni di mancati investimenti nella cultura (Presidente Vendola). Così come è perfino condivisibile la riapertura del Colosseo, proposta da Marcello Veneziani, per vedere come se la caverebbero “gli imbecilli” a confronto con leoni veri. Ma se continueremo a pensare che imbecilli si nasce, le sorprese potrebbero diventare troppe e rendere vani i lamenti del “senno di poi”.
La rabbia impotente per l’ennesimo atto vandalico diventi forza e motivo per non aspettare sempre “che saccheggino la casa, prima di decidere l’installazione delle porte di ferro” o dei sistemi di sorveglianza. La miglior difesa dei nostri patrimoni risiede nella capacità di farli sentire propri ad ogni singola persona delle nostre comunità . La tecnologia aiuta, ma non risolve il problema.