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Sinistra e antisemitismo
28.08.2006
Sergio Baratto / ilprimoamore.it -

1. L'iperuranio e il mondo sensibile 
Io sono convinto che l'antisemitismo sia ontologicamente incompatibile con la sinistra. 
Per la sinistra si può certamente parlare di "anti-israelismo", intendendo con questo un fenomeno analogo all'antiamericanismo, cioè una ostilità o un pregiudizio negativo verso una entità socio-culturale intesa monisticamente tramite la fusione in un unicum monolitico di strategie politiche, valori, elementi caratteristici della sotto-cultura ecc. Si tratta – come ogni riduzione della complessità – di un atto profondamente stupido e certamente autoritario, ma nella grandissima maggioranza dei casi del tutto privo di connotati razzisti.
(Parlo naturalmente della sinistra italiana odierna; un discorso sulle tendenze antisemite del comunismo staliniano porterebbe geograficamente e temporalmente troppo lontano, e soprattutto finirebbe per spostare la questione sulla legittimità o meno di definire lo stalinismo un fenomeno "di sinistra". Mi riferisco inoltre alla sinistra di movimento, "radicale", come dicono i giornali; la sinistra italiana moderata e riformista è oggi in buona parte filo-israeliana, nonostante le dichiarazioni ufficiali di equidistanza e "terzismo": non per nobili ragioni ideali, ma in quanto ha fatto propria una percezione del mondo attraverso le categorie imposte dall'ideologia imperiale.)
Do qui per scontati i valori fondamentali – il minimo comune denominatore – di ciò che oggi si definisce "sinistra": antimilitarismo, impegno contro ogni forma di oppressione e discriminazione, tensione etica verso l'eguaglianza dei diritti per tutti gli esseri umani indipendentemente dal sesso, dalla nazionalità, dal colore della pelle e dalla religione… Basta questo breve elenco a dimostrare che il razzismo è ontologicamente incompatibile con la sinistra. Da qui, il sillogismo si completa con facilità: l'antisemitismo è una forma di razzismo. L'antisemitismo è ontologicamente incompatibile con la sinistra.
Per constatare quanto il razzismo nella sua manifestazione più schietta e tipica (cioè il razzismo basato in ultima analisi su moventi primari, quasi primordiali, quali ad esempio le predilezioni somatiche, e giustificato tramite teorie biologiche e genetiche scientificamente ridicole) sia invece tuttora ampiamente diffuso negli ambienti di estrema destra, è sufficiente fare un giro in Rete, tra i tanti forum di discussione filofascisti e filoleghisti (per restare in ambito italiano: ma il sondaggio potrebbe benissimo essere allargato agli innumerevoli, deliranti siti stranieri dedicati a un ventaglio di argomenti che va dalle teorie del complotto plutogiudaico alla "storia della razza bianca").
In poche parole, a sinistra si può al limite odiare gli ebrei perché li si identifica in toto con gli israeliani (e perché, aggiungerei, si identifica in toto gli israeliani con la politica estera di Israele).
Al contrario, a destra si odiano gli israeliani in quanto ebrei.
Se un militante della sinistra odiasse gli israeliani in quanto ebrei, i casi sarebbero due: bisognerebbe parlare di uno squilibrato o di un infiltrato.
Tutto ciò, mi rendo conto, appartiene al campo della pura logica. Il fatto che, nello specifico, esistano razzisti (e antisemiti) di sinistra, dimostra semplicemente l'inveterata tendenza umana al comportamento illogico. L'esistenza di un razzismo (antisemita) di sinistra non annulla la verità dell'assioma secondo cui i valori di sinistra e il razzismo (antisemitismo) sono incompatibili: semplicemente rivela un'incongruenza e una contraddizione di fondo. Manifesta la presenza di una perversione etica.

Potrei dire, per usare un paragone casuale, che tra un regime democratico (perlomeno nel senso in cui lo si intende oggi) e la libertà di stampa vige un legame di tipo necessario: non è possibile pensare una democrazia senza libertà di stampa; e qui i maligni potrebbero correggermi: non "una democrazia", ma "l'idea platonica di democrazia". Per l'appunto, nel mondo sensibile si hanno esempi quotidiani di stati democratici affetti da una mancanza di libertà di stampa. Credo che nessuna persona dotata di un minimo di buonsenso possa pensare alla mancanza di libertà di stampa solo in termini di repressione violenta dei giornalisti scomodi.
Nella realtà, dunque, nonostante la logica, sembrerebbe che esistano antisemiti di sinistra. Poco sopra ho detto che si dovrebbe parlare in questi casi o di infiltrati o di squilibrati. Forse invece bisognerebbe parlare di "infiltrati inconsci". In ogni caso, nel momento in cui si ipotizza l'esistenza effettiva di questo tipo antropologico, si ha a che fare con un "pervertimento". Il neonazista, in quanto antisemita, è perfettamente coerente con i propri valori: non c'è nessuna contraddizione. Il militante di sinistra può essere antisemita solo tramite la perversione dei propri valori di riferimento.
In questa perversione (generalmente inconscia) dei propri valori etici consiste la "banalità del male" nella versione "di sinistra". Si tratta il più delle volte di una banalità del male meschina, latente, parolaia, priva (fortunatamente) di effetti concreti. Non per questo è meno spregevole.
[…]
Il seguito dell’articolo: http://www.ilprimoamore.com/testo_221.html

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