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Calabria, il Riesame scarcera il capogruppo Ds
30.08.2006
da un articolo de L\'Unità di Massimo Solani
«Ho passato 13 giorni che non auguro a nessuno di vivere, e solo ora posso dire che è finito un incubo. Ma adesso i lavoratori e i cittadini calabresi hanno diritto alla verità su questa truffa, e per questo chiediamo che la magistratura vada fino in fondo». Franco Pacenza ha da poco varcato la soglia della sua casa di Trebisacce, e da meno di un´ora è di nuovo un uomo libero.

Tredici giorni dopo il suo arresto per concussione aggravata il tribunale della libertà di Cosenza presieduto dal magistrato Adalgisa Rinaldo ha disposto l´annullamento dell «misura della custodia cautelare in carcere» emessa dal gip Giuseppe Greco disponendo «l´immediata scarcerazione dell´indagato se non detenuto per altro titolo». «È la fine di un incubo», ripete il capogruppo Ds in consiglio regionale quasi sommerso dall´abbraccio della moglie Raffaella, degli amici e dai compagni del partito, con in testa il segretario regionale Franco Guccione. Pacche sulle spalle, abbracci. Sono passati tredici giorni da quando gli uomini della Finanza lo hanno arrestato mentre era in vacanza in Sardegna con la famiglia, sette da quando il Gip gli ha concesso i domiciliari in questa stessa casa dove adesso si festeggia dopo le polemiche che hanno fatto seguito alle tante dichiarazioni di affetto e vicinanza, culminate con un sit in dei parlamentari dell´Ulivo sotto al penitenziario. Il riesame ci ha impiegato meno di mezz´ora per decidere per l´annullamento della custodia cautelare. Bisognerà attendere il deposito delle motivazioni per leggere in filigrana la decisione, ma la sensazione (visti anche i domiciliari concessi a Maurizio Arena, il commercialista arrestato nell´ambito della stessa inchiesta ma accusato anche di truffa) è che il tribunale della libertà abbia riconosciuto quello che i legali ripetevano fin dai primi minuti, e cioè che nei confronti di Pacenza non ci fossero alcun «grave indizio di colpevolezza». «E la celerità della decisione - spiega l´avvocato Franco Sammarco - dimostra la spregiudicatezza e la spropositata afflittività dell´ordinanza».

«Sono ancora smarrito - spiega Pacenza -, anzi sono proprio sbalordito. In questi giorni mi hanno sorretto due cose: la mia coscienza, serena per non avere commesso nulla, e la tanta solidarietà dimostratami a tutti i livelli da parte di persone che hanno rischiato anche in proprio per la funzione e la responsabilità che ricoprono. Penso, primo fra tutti, al viceministro dell´Interno Marco Minniti. In questa vicenda il capo d´accusa più rilevante nei miei confronti è quello di concussione psicologica per aver impedito il licenziamento di alcuni lavoratori. In trenta anni di attività sindacale e politica ho fatto occupazioni di strade, fabbriche e scuole. Ma mai avrei pensato che mi si potesse arrestare per aver impedito dei licenziamenti». Il telefono squilla di continuo, e il salotto di casa Pacenza si riempie ogni minuto di più, mentre gli avvocati si preoccupano di andare alla stazione dei carabinieri per assicurarsi che il provvedimento del riesame sia stato notificato. «Chi mi ha accusato, l´ad delle due società tedesche che avrebbero compiuto la truffa prendendo fondi per fabbriche mai aperte, ha ammesso tutto ciò che gli è imputato ed è uscito di carcere dopo cinque giorni. Io invece sono stato tirato dentro nonostante non abbia mai messo in tasca un solo euro. E questo i magistrati lo hanno riconosciuto fin dall´inizio». Quelli di cui Pacenza era e resta accusato è anche di aver fatto pressioni sull´amministratore della Sensitec e della Printec (l´imprenditore Franco Rizzo) per l´assunzione di persone a lui politicamente vicine. «Solo che alcune di queste persone - spiega - sono state candidate dal centrodestra, uno con Alleanza Nazionale. Ma allora io devo essere un cazzone: in questa storia non ho preso soldi, e non ho ottenuto nemmeno vantaggi politici. Bell´affare!».

Ora che le porte di casa sono di nuovo aperte e Franco Pacenza è di nuovo un uomo libero, però, la sua battaglia giudiziaria è tutt´altro che conclusa. E non solo per le accuse che lo riguardano. «Questi signori sono venuti in Calabria per truffare. Siamo stati noi i primi a denunciare quanto stava accadendo. Ci sono state minacce sindacali per non far licenziare i lavoratori, dicono i magistrati. Ma di questo me ne vanto! Solo che adesso vogliamo andare fino in fondo in questa inchiesta. Perché dalla procura di Cosenza pretendiamo tutta la verità, e la Regione ha già annunciato che si costituirà parte civile contro i truffatori. Ma sia chiara una cosa: in questi giorni noi non abbiamo mai detto che Pacenza non andava arrestato perché uomo politico, non abbiamo mai difeso nessun privilegio di casta. Noi abbiamo accusato il fatto che il cittadino Pacenza era stato arrestato sulla base di elementi insufficienti. E i soldi della truffa, invece, dove sono? E i truffatori? Ecco perché questa partita è tutt´altro che chiusa».

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