Welfare Italia :: Politica :: Appunti su Finanziaria e Bilancio (di Enrico Morando) Invia ad un amico Statistiche FAQ
6 Maggio 2024 Lun                 WelfareItalia: Punto laico di informazione e di impegno sociale
Cerca in W.I Foto Gallery Links Documenti Forum Iscritti Online
www.welfareeuropa.it www.welfarecremona.it www.welfarelombardia.it www.welfarenetwork.it

Welfare Italia
Home Page
Notizie
Brevi
Il punto
Lettere a Welfare
Cronaca
Politica
Dal Mondo
Dalle Regioni
Dall'Europa
Economia
Giovani
Lavoro
Cultura
Sociale
Ambiente
Welfare
Indian Time
Buone notizie
Radio Londra
Volontariato
Dai Partiti
Dal Parlamento Europeo
Area Iscritti
Username:
Password:
Ricordami!
Recupero password
Registrazione nuovo utente
Brevi

 Foto Gallery
Ultima immagine dal Foto Gallery di Welfare Italia

Ultimi Links







Appunti su Finanziaria e Bilancio (di Enrico Morando)
17.09.2006
Relazione di Enrico Morando al Seminario dei gruppi parlamentari dell'Ulivo di Camera e Senato


La relazione di Enrico Morando sulla Legge Finanziaria e di Bilancio, articolata in cinque punti strategici: 1) Obiettivo crescita; 2) La pressione fiscale e le minori spese; 3) Le pensioni; 4) Due scelte per il Sud; 5) La trasparenza dei conti




-----------------------------------------


Leggi Finanziaria e di Bilancio
Appunti per una discussione
di Enrico Morando



Una rapidissima premessa: per la stesura di questi appunti, ho scelto di occuparmi esclusivamente dei temi emersi come più controversi nella discussione di queste ultime settimane. Quindi, non troverete il riassunto del nostro Programma in tema di politica economica. Né quello del DPEF e della Risoluzione che lo ha approvato.

1) Obiettivo crescita

La discussione agostana ha revocato in dubbio ciò che, nel DPEF e nella relativa Risoluzione, sembrava chiaro: l'obiettivo centrale della prossima Legge Finanziaria e di Bilancio. Nel DPEF e nella Risoluzione di luglio: la crescita (più 2% all’anno, per molti anni, via aumento della produttività totale dei fattori). Nella discussione d'agosto: il rispetto del vincolo europeo: sotto il 3%, nel rapporto indebitamento netto/PIL; e i suoi tempi: in un anno, il 2007, o in due?

La domanda ha una chiara risposta, non solo nel DPEF, ma anche e soprattutto nella Risoluzione: "Impegna il governo a conseguire l'obiettivo di indebitamento delle Pubbliche Amministrazioni pari al 2,8 % del PIL del 2007, al 2,2 nel 2008; all'1,6 nel 2009, allo 0,8 nel 2010 e allo 0,1 nel 2011".

Ma non è questione di forma (“il Parlamento ha già deciso”). È questione di sostanza: nel DPEF e nella Risoluzione questi obiettivi di finanza pubblica non sono definiti in funzione del vincolo europeo. Tengono conto degli impegni presi con l'Europa, ovviamente. Ma, prima e soprattutto, sono definiti in funzione degli obiettivi di crescita della ricchezza nazionale che ci siamo dati e che consideriamo il vero banco di prova della nostra azione di governo.

L'Europa, i nostri partners dell'Euro, si preoccupano poco della nostra crescita, e ancor meno del nostro recupero di capacità competitiva. Anzi. In fondo, da questo lato, preferiscono un'Italia a crescita zero, purchè rispetti il Patto di Stabilità e non scarichi gli effetti della sua indisciplina fiscale all'esterno.

Quando era solo - o prevalentemente - questione di stabilizzazione e risanamento, il vincolo esterno era davvero dominus: rispettato quello, il resto veniva di conseguenza.

Ora che l'obiettivo è la crescita - e lo è perché questo ci chiedono gli italiani e perché noi abbiamo scelto di farci misurare su questo - l'Europa ha sempre un peso rilevante, poiché "presidia i parametri di finanza pubblica" (TPS), ma il vincolo europeo non ha più lo stesso peso: siamo noi che ci siamo dati l'obiettivo della crescita della nostra produttività ed abbiamo definito i termini di una gestione della finanza pubblica funzionale e coessenziale al conseguimento di quell'obiettivo.

Lo dico più chiaramente: anche se non esistesse il vincolo esterno, noi dovremmo comunque impedire una ulteriore crescita della spesa pubblica corrente primaria in rapporto al PIL; perché questa crescita incontrollata (+2,7% del PIL in cinque anni) della spesa corrente primaria è uno dei principali fattori di depressione della nostra capacità competitiva. Non solo perché divora risorse che potrebbero, altrimenti, essere destinate alla promozione dello sviluppo. Ma anche e soprattutto perché divora "futuro", perché azzera l'avanzo primario e, per questa via, torna a far crescere il volume globale del debito (nella Risoluzione sta scritto a chiare lettere: volume globale del debito sotto il 100% del PIL nel 2011 e avanzo primario al 4,9% nel 2011 (e, intanto, al 2,1 nel 2007. Forse è più difficile questo obiettivo 2007 di quello relativo al 2011).

Del resto, in questo dibattito tra lo "spalmare" e il "fare subito" l'operazione di stabilizzazione necessaria, sembra del tutto disperdersi il senso "progressista" della discussione sul Patto di stabilità, volta a renderlo meno ingiusto e meno "stupido".

In sostanza: tra due anni - e vorrei ricordare che noi siamo qui per cambiare il Paese e, per questo, vogliamo durare per cinque anni - l'aggiustamento necessario sarà più difficile e socialmente gravoso. Non solo: tra due anni - quando il ciclo avesse girato verso il peggio - potremo avere i margini finanziari (se avremo fatto oggi il risanamento) per intervenire in chiave anticiclica e migliorare la congiuntura. Tutto il contrario, se dovremo allora fare ciò che avremmo potuto fare oggi.

L'andamento del PIL, migliore di qualche punto decimale del previsto (al di là delle statistiche, lo dicono i dati del gettito, in particolare l'IVA), e l'andamento del gettito (decisamente migliore, tanto da far ritenere che circa 5 mld di Euro di maggiori entrate abbiano carattere strutturale, non siano cioè né frutto di una tantum - rivalutazione dei beni di impresa - né derivanti dal ciclo), rendono semplicemente più realistici gli obiettivi che ci siamo dati, in particolare dal lato delle politiche per la crescita e l'equità (cuneo fiscale sul lavoro; infrastrutture materiali e immateriali; ammortizzatori sociali e sostegno alle famiglie più deboli).

Ad una condizione, ovviamente: che non riduciamo l'entità della manovra di correzione dei tendenziali, al di là di quanto sia già avvenuto (di fatto, perché dovrà essere una Nota di aggiornamento del DPEF a registrarlo formalmente) con la presa d'atto di un miglioramento delle entrate per circa cinque miliardi.

Delle due, infatti, l'una: o non è vero che le riforme dei quattro grandi comparti della spesa pubblica costituiscono una componente organica delle politiche per la crescita e il miglioramento della qualità sociale - in sé, perché si tratta di settori decisivi per la buona efficienza dell'apparato produttivo di beni e servizi; e per gli spazi di riqualificazione della spesa che esse aprono - ma allora tutto l'impianto del DPEF e della Risoluzione è da buttare; o è vero, ma allora il piccolo miglioramento del PIL e il buon andamento del gettito debbono essere portati a rafforzare l'asse del DPEF, poiché rendono più facilmente realizzabili gli obiettivi che esso definisce.

Ricordate il dibattito di luglio? Moltissimi: DPEF ambizioso. Ma è realistico? Certo, non abbiamo usato le novità (PIL, gettito e fabbisogno) per rafforzare la risposta positiva. Ma siamo ampiamente in tempo per farlo ora. L'accento però va spostato decisamente sull'obiettivo della crescita e dello sviluppo.

In questo senso, se mi posso permettere un'osservazione critica, sarebbe forse stato opportuno gestire meglio il miglioramento dei tendenziali per cinque miliardi. Affidando ad un serio dibattito politico la decisione sull'entità della correzione (da 35 a 30 mld), in modo da rendere chiaro che anche quei cinque miliardi in meno di "manovra" sono il frutto di una "nostra" decisione politica, non scontata (si potevano usare, ad esempio, per cominciare a finanziare la riforma degli ammortizzatori sociali) e non imposta dall'esterno.

Questa osservazione non è fine a se stessa: dobbiamo assolutamente impedire che lo sviluppo ulteriore della discussione determini un progressivo scivolamento verso il basso delle ambizioni della Legge Finanziaria e di Bilancio sul versante delle politiche per la crescita e la qualità sociale.

Se vogliamo restare coerenti con le scelte del DPEF e della Risoluzione, dobbiamo considerare il volume delle risorse per lo sviluppo altrettanto "rigido" di quello delle risorse destinate all'aggiustamento.

2) La pressione fiscale e le minori spese

L’equilibrio interno alla manovra, tra maggiori entrate e minori spese. Dell'equilibrio tra quota da destinare a sviluppo (14 mld) e quota per l'aggiustamento (16), ho già detto.

Venendo al tema del rapporto tra maggiori entrate e minori spese, va anzitutto registrato un limite del DPEF e della Risoluzione: non è indicato il livello della pressione fiscale (tributi più contributi in rapporto al PIL) né tendenziale, né programmatico.

La questione è di grande rilievo. E la Nota di aggiornamento del DPEF dovrà colmare questo vuoto di informazioni. Tuttavia, è già certo un dato: la pressione fiscale 2006 - stanti gli attuali andamenti - si situerà ben al di sopra (quasi un punto di PIL: un'enormità) di quella relativa all'anno 2001.

In proposito, due osservazioni: la prima, ha a che fare con il passato e la polemica tra centro-destra e centro-sinistra sulle tasse: a legislazione fiscale "tremontiana" (regole per basi imponibili; aliquote, tributi e contributi), imprese e famiglie italiane pagano di più di quanto non pagassero con i "dracula" del centro-sinistra. Sulla distribuzione tra i contribuenti di quella pressione, si può discutere. Del suo livello complessivo, no.

La seconda, concerne il futuro e riguarda il confronto interno al centro-sinistra: la lotta all'evasione e all'elusione fiscale è un'assoluta priorità (e già l'abbiamo considerata tale, come dimostra il decreto di luglio). Ma, a proposito di discussione agostana (la manovra? Non c'è bisogno di riforme per mettere sotto controllo l'evoluzione della spesa. Bastano le maggiori entrate da lotta all'evasione), non basta dire che buon senso e legge di contabilità vietano di coprire spese certissime, presenti ed aggiuntive con i proventi futuri da lotta all'evasione. Bisogna subito aggiungere – come del resto fa la risoluzione sul DPEF, di cui troppi si sono dimenticati - che i risultati di maggiore gettito determinati da lotta all'evasione fiscale dovranno - via via che si determineranno - essere usati prevalentemente per concorrere alla riduzione del peso del fisco sui contribuenti onesti. Magari a partire dalla restituzione del Fiscal drag, dello scippo da aliquota del 23% sul TFR; o dalla più rapida liquidazione dei crediti. In ogni caso: dobbiamo definire, con buona approssimazione, l'obiettivo di pressione fiscale che consideriamo coerente e funzionale agli obiettivi di crescita e di qualità sociale che ci siamo dati ed agire, all'interno di quel livello complessivo, per la redistribuzione del carico tra le diverse basi imponibili e i diversi contribuenti.

Per ciò che si riferisce al 2007, mi pare difficile evitare che la componente entrate la faccia da protagonista, determinando un ulteriore accrescimento (poco meno di un punto) della pressione fiscale. Se si tratta di un fatto limitato nel tempo (dopo il 2007, il profilo della pressione fiscale sul PIL dovrebbe abbassarsi di un punto e poi diventare piatto) e di buona "qualità" (meno sul lavoro e la produzione; un po’ più sulle rendite), è accettabile. Alla condizione, però, che gli effetti della manovra, negli anni successivi, siano prevalentemente determinati dal lato della riduzione della spesa. In una parola: alla condizione che le riforme - nei quattro comparti fondamentali - siano davvero tali - cioè cambiamenti strutturali nella qualità della spesa e delle prestazioni, determinandone per questa via la stabilizzazione, in rapporto al PIL - e non "tagli" disperati e alla cieca.

3) Le pensioni

Tra le riforme, nei quattro comparti di spesa indicati dal DPEF e dalla Risoluzione - sanità, previdenza, Pubblica Amministrazione, autonomie regionali e locali - ha fatto molto parlare di sé, nell'agosto e tuttora, il tema della previdenza. Sento anch'io, come sentite voi - la gran quantità di appelli a lasciar perdere, a rinviare: non in Finanziaria. E, se possibile, mai. Anche in questo caso (e non è la prima volta, in tema di pensioni) paghiamo un prezzo pesante al nostro approccio "difensivo": preferiremmo lasciar perdere, ma l'Europa ci chiede... Qui, l'Europa non chiede, perché ha già avuto: lo scalone di Tremonti. Bisognerà che si metta in campo uno sforzo serio per fare chiarezza. Poi, l'intervento avrà i tempi che sceglieremo come più opportuni, anche in rapporto all'esigenza di ottenere un largo consenso sociale sull'intervento stesso. Un consenso che possiamo conquistare, se usciamo dalla difensiva.

Si deve partire dalle scelte che, in proposito, ha compiuto il governo di centro-destra, così riassumibili:

a. in presenza di un aumento dell'attesa di vita - tra il '95 ed oggi - di due anni e mezzo, il governo non ha proceduto alla ridefinizione dei coefficienti (prevista dalla Dini), e, soprattutto, ha messo tutto l'aggiustamento necessario a carico di una parte limitata di lavoratori: il famoso "scalone". Fino al 31-12-2007 rimane tutto com'è. Nella notte, il 1 gennaio 2008, le condizioni per il pensionamento si aggravano di ben tre anni.

b. In ciò imitando i governi di centro-sinistra, il governo di centro-destra non ha fatto l'elenco dei lavori usuranti. Così, siamo tutti minatori e metalmeccanici alla catena di montaggio.

c. Ha rinviato al 2008 la partenza dei fondi pensionistici Integrativi (accantonamento del TFR ai Fondi, ecc); ed ha un po’ aiutato (bonus) la parte più “forte” del mondo del lavoro.

Il centro-sinistra, nel suo programma, si è impegnato a:

a- eliminare lo scalone;

b- far partire subito i fondi pensione integrativi;

c- armonizzare le aliquote contributive ed assicurare una qualche continuità contributiva agli “atipici”;

d- rivedere l’indicizzazione delle pensioni più basse.

Esistono le condizioni per realizzare parti decisive di questo programma già in questa fase, all’inizio della legislatura? A mio avviso sì, purché risulti chiaro che sia per avere le risorse necessarie ad eliminare lo scalone (a regime, tra 4 e 5 miliardi di euro) sia per ragioni di equità tra generazioni, è indispensabile tenere conto della maggiore attesa di vita (+ 2,5 anni) determinatasi tra il ’95 ed oggi. Lo scalone del centrodestra lo fa brutalmente, a carico di pochi, con una scelta politicamente e socialmente insostenibile. Esistono soluzioni che consentono di farlo secondo principi di maggiore equità. Procedendo al contempo e immediatamente alla definizione dell’elenco dei lavori usuranti.

Certo, possiamo decidere di non far nulla, ma questo significa lasciare intatto lo scalone, pronto a scattare al 31 dicembre 2007.

Sento già l’obiezione: nel programma dell’Unione c’è l’eliminazione dello scalone. Non altro. Infatti, credo sia possibile rispettare quel programma. Ma non credo affatto che sia possibile “coprire” quella misura – finanziariamente – con risorse prelevate dal bilancio, a carico della fiscalità generale. Se sullo scalone e la situazione contingente si interviene subito; se si anticipa al 2007 l’intervento per i fondi integrativi; se si definiscono finalmente i lavori usuranti, con legge delega si potrà fare il resto. Se non si fa nulla ora, temo che sarà difficile rispettare il programma che ci siamo dati.

Ciò che non dobbiamo mai dimenticare di ribadire è che la “riforma” – in tema di previdenza – è stata già fatta e va bene com’è. Anzi. Il governo di centrodestra l’ha stravolta e non attuata, in punti essenziali. Noi dobbiamo “tornare alla ”Dini”.

Certo. Se già nel ’95-’97 avessimo fatto ciò che la Svezia ha fatto da subito – contributivo pro rata temporis per tutti i lavoratori – oggi avremmo una più facile transizione verso la piena applicazione del regime Dini. Ma è inutile ora recriminare, se non nel senso di invitare a fare le cose giuste, anche se difficili, quando è necessario.

Il punto essenziale è il seguente: è politicamente e socialmente insostenibile l’innalzamento di 3 anni – in una notte – dei requisiti di pensionamento. Certo che a Bruxelles hanno preso atto che l’aggiustamento c’è, ed è di tipo strutturale. Ma, se va bene a loro, non può andare bene a noi. Lo stesso aggiustamento – in termini quantitativi – si può e si deve ottenere con maggiore gradualità e più equità tra generazioni. In ogni caso, di questo dobbiamo discutere. Non certo del rinvio dell’intervento in tema di previdenza determinato dal fatto che…il gettito 2006 va meglio del previsto.

4) Due scelte per il Sud

Nel corso della discussione del DPEF sono emerse diffuse insoddisfazioni – nella maggioranza e, in particolare, nei gruppi dell’Ulivo – in tema di politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno. Il governo farebbe male a sottovalutare due passaggi della risoluzione brevi, ma non per questo meno significativi.

- il primo, è quello che sottolinea la priorità degli investimenti sulla rete stradale, ferroviaria e portuale del mezzogiorno. Nel contesto di scarsità delle risorse che è nel frattempo drammaticamente emerso, questa indicazione di priorità acquista maggiore e decisivo peso;

- il secondo è quello relativo al ripristino dei crediti di imposta automatici per le assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato. E quello che impegna il governo a verificare con Bruxelles altre ipotesi di fiscalità di vantaggio.

Anche in relazione all’impatto territoriale della riduzione di 5 punti del cuneo fiscale contributivo sul lavoro (riduce il costo del lavoro dove c’è. E il lavoro è nel Centro-Nord), l’attuazione di questi due indirizzi fin dal primo anno è essenziale per il conseguimento dell’obiettivo di una più intensa crescita dell’economia del Mezzogiorno, a sua volta condizione del ritorno del Paese su di un sentiero di crescita stabile e duratura.

5) La trasparenza dei conti e il Parlamento

Infine, qualche rapida osservazione sugli strumenti della sessione di bilancio e sulla trasparenza dei conti pubblici italiani.

Nel DPEF non sono indicati provvedimenti “collegati” alla legge finanziaria. A luglio, abbiamo fatto notare la cosa. Ora, leggo di disegni di legge “collegati”. Se è così, bisognerà che la Nota di aggiornamento del DPEF colmi la lacuna. Non è solo questione di forma: se c’è il formale collegamento, si possono ottenere tempi e modalità di esame dei disegni di legge “particolari”. E, con la situazione del Senato … In secondo luogo, le deleghe eventuali non possono stare né nella legge finanziaria, né nei decreti legge. Quindi, solo nei “collegati”.

Leggo di un decreto “fiscale” di accompagnamento alla legge finanziaria. E’ probabile che sia inevitabile ricorrervi, specie per misure (es armonizzazione delle aliquote di prelievo sulle rendite da capitale) che debbono entrare immediatamente in vigore, per evitare effetti indesiderati. Certo, fa riflettere il fatto che – eliminato nel 1999 il disegno di legge collegato di sessione e allargato, di conseguenza, il contenuto proprio della legge finanziaria – si faccia sistematico ricorso ad uno strumento non previsto: il decreto legge di sessione. Bisognerà valutare, a questo punto, se non valga la pena di prevederlo formalmente, così da poterlo "trattare" secondo regole più specifiche.

La Corte dei Conti – in audizione sul DPEF – ha detto che sono “oscuri” i criteri in base ai quali si costruisce il Bilancio a legislazione vigente (la base di tutta la decisione di bilancio). Il FMI: conti italiani “opachi”.

Nel DPEF, il governo ha preso impegni (riforma dell’Istat e maggiore collaborazione della Ragioneria con il Parlamento), che sembra voler rispettare. Durante l’elaborazione della Risoluzione sul DPEF si sono registrate significative disparità di opinione – in tema di attività del Parlamento sull’analisi dei conti e la loro trasparenza – interne alla maggioranza e, più precisamente, tra deputati e senatori della maggioranza. Si è infatti giunti, in proposito, a significative differenze tra il testo della Risoluzione presentata alla Camera e quello presentato al Senato. Forse, questa è l’occasione per un approfondimento. Partendo, io credo, da ciò che sta scritto a pag. 200 del Programma dell’Unione: “in linea generale, va rafforzato il ruolo del Parlamento proponendo l’unificazione dei due Servizi del bilancio e il loro potenziamento anche attraverso l’inserimento di professionalità economico-statistiche”.


Roma, 11 settembre 2006


Fonte : www.libertaeguale.com


 

Welfare Italia
Hits: 1797
Politica >>
I commenti degli utenti (Solo gli iscritti possono inserire commenti)
Terza pagina

Sondaggi
E' giusto che Bersani si accordi con Berlusconi per le rifome ?

Si
No
Non so
Ultime dal Forum
La voce del padrone di Lucio Garofalo
Salotti culturali dell'Estate bolognese
Pippo Fallica querelo' Corriere della Sera e La Sicilia?
NO LEADER, NO PARTY di Luigi Boschi
UN PARTITO LENINISTA (LEGA) CHE SPOSA IL VATICANO di A.De Porti
POESIA DI VITA di Luigi Boschi
La vita spericolata del premier di Silvia Terribili
Romea Commerciale di Orlando Masiero
Sondaggio, 15mila i voti finora espressi
Buon che? di Danilo D'Antonio
L'Italia è una Repubblica "antimeritocratica" fondata sul lavoro precario
LA PROTESTA DEI SANGUINARI di Luigi Boschi
L'AQUILONE STRAPPATO di Antonio V. Gelormini
Il reality scolastico su "Rai Educational"
Vuoto indietro diventa proposta di legge,





| Redazione | Contatti | Bannerkit | Pubblicità | Disclaimer |
www.welfareitalia.it , quotidiano gratuito on line, è iscritto nel registro della stampa periodica del Tribunale di Cremona al n. 393 del 24.9.2003- direttore responsabile Gian Carlo Storti