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La sinistra dopo la sinistra (Achille Occhetto su L'Unità)
22.09.2006
È indubbiamente vero - come scrive Touraine - che "socialismo" è una parola confusa, usata dalle persone più diverse per esprimere le opinioni più varie. Questa affermazione non mi colpisce particolarmente dal momento che io stesso, nei giorni della svolta della Bolognina, sostenni, non senza suscitare un certo scandalo, che bisognava andare oltre il comunismo, ma anche oltre il socialismo.

Tuttavia non posso non osservare che oggi si esagera. Andare oltre il comunismo e il socialismo del ventesimo secolo non voleva dire e non vuol dire, a mio parere, uscire dall´alveo storico e dal sistema di valori della grande tradizione del socialismo europeo. E questo per molti motivi. Il primo è che il progetto socialista si è storicamente materializzato - è diventato costituzione materiale - nelle principali società europee. La stessa nozione di economia sociale di mercato (ogg i generalmente accettata in Europa) non reca forse in sé il marchio dell´idea socialista?

Questa materializzazione, che si esprime nelle politiche sociali e solidaristiche che hanno profondamente cambiato il modo di essere delle relazioni umane, non è un fossile inerte, un lascito del passato, se non altro perché è messa continuamente in discussione dalla destra. Si presenta ancora oggi come un programma di lotta. Dentro la parola socialismo si intravede pertanto una serie di conquiste - di elementi di socialismo, come avrebbe detto Enrico Berlinguer - che vanno continuamente rafforzati e rinnovati. Tuttavia la mera difesa dell´acquis socialista non è più sufficiente.

Ritorna non a caso la tanto sbeffeggiata esigenza di andare oltre. Ma come e in che direzione, e soprattutto in quale rapporto con l´idea socialista? Rispondo subito in un rapporto forte, anzi fortissimo. E ciò perché andare oltre la tradizione socialista del ventesimo secolo non vuol dire non porsi il problema di che cosa debba essere il socialismo del nuovo millennio.

Mi sembrerebbe per davvero stravagante che in una fase di forte internazionalizzazione e globalizzazione di tutti i processi si accentuasse la particolarità del caso italiano.

Una nuova sinistra, comunque la si voglia chiamare, non può non avere come obiettivo principe quello di democratizzare la globalizzazione, quello di una permanente espansione della democrazia, del controllo e della partecipazione a livello mondiale.

Direi che oggi questo è l'obiettivo centrale di ogni ripensamento del socialismo; anzi, dar vita ad una autentica democrazia planetaria che imbrigli gli spiriti animali e selvaggi del liberismo capitalista, dovrebbe essere il carattere peculiare del socialismo del XXI secolo. Estendere la democrazia a tutti i processi di globalizzazione nel momento in cui il mondo è sempre più dominato da una ristretta oligarchia finanziaria trasnazionale diventa l'obiettivo centrale di un nuovo internazionalismo.

Dinnanzi ad un evidente rilancio epocale delle tematiche internazionaliste contrassegnato dalla crisi dello Stato nazionale, che senso avrebbe far nascere in Italia un partito provinciale, funzionale ad accordi e preoccupazioni elettorali di corto respiro?

Al contrario, questo sarebbe il momento di dar vita ad un vero e proprio partito trasnazionale, un autentico partito del socialismo europeo. Andare oltre la tradizione del socialismo del novecento richiederebbe un formidabile impegno intellettuale e programmatico, una vera e propria costituente delle idee, e non semplici fusioni tra stati maggiori di alcuni partiti.

Abbiamo bisogno di una autentica contaminazione ideale e culturale, quella nella quale Giuliano Amato sarebbe disposto - come ha affermato recentemente - a confondere la sua identità.

Oggi nessuno può negare che è necessario un processo federativo di rifondazione della sinistra - e non già del comunismo - cercando di superare l´attuale pretora di apparati autoreferenziali che pretendono di trasformare tradizioni obsolete in semplici rendite di posizione nella distribuzione delle cariche pubbliche.

Ciò richiede la costituente di una nuova formazione politica. Il problema non è il se dar vita a una nuova formazione politica, ma il come, il perché e il per che cosa.

Il come richiama l´esigenza di una vera costituente delle idee, presieduta da un comitato di saggi che siano espressione dei grandi filoni riformisti e riformatori, aperta alla società civile e ai movimenti e che trascenda - senza annullarli - gli attuali apparati partitici.

Il perché ce lo dice lo stesso Touraine - in un suo recente scritto - quando afferma che è ancora sensato parlare contro il capitalismo e che l´opinione pubblica si aspetta dai dirigenti che mettano dei limiti all´onnipotenza dei mercati e delle imprese e chiede una "sterzata a sinistra".

Nel per che cosa si colloca a pieno titolo non già la negazione, ma la ridefinizione dell´obiettivo socialista, a partire dalla ridefinizione del rapporto tra libertà ed eguaglianza.

La separazione tra libertà ed eguaglianza è alla radice di tutti gli errori e orrori della sinistra: ha costituito il dramma del secolo breve. Il socialismo del nuovo millennio dovrebbe porsi l´obiettivo di passare dalla libertà dei pochi alla libertà di tutti. Nella consapevolezza però che per realizzare questo obiettivo ci sono dei nemici contro cui battersi. Non ci bastano i sermoni propri del socialismo etico: occorre vedere con lucidità che lo schiavismo dei nostri tempi, su cui si fonda la libertà dei pochi, è l´espressione dello sfruttamento della stragrande maggioranza del genere umano da parte di una potente minoranza di privilegiati.

A questo stato di cose va contrapposta la ricerca della libertà reale, quella che garantisce l´effettiva liberazione della persona all´interno di un contesto nel quale l'esaltazione delle prerogative dell´individuo e l´interesse sociale si fondono in un vero e proprio nuovo progetto di società. Qui sta la vera vitalità dell´idea socialista, che non è riducibile allo statalismo, ma al contrario si richiama ad un´esigenza insopprimibile di socializzazione.

I programmi di socializzazione possono essere vari e differenti, ma tutti devono avere come obbiettivi il superamento di ogni forma di oppressione dell'uomo sull'uomo, di una classe sulle altre, di una razza sull'altra, del sesso maschile su quello femminile, delle nazioni ricche su quelle povere, dell'uomo sulla natura. Ma ci sono anche la fine dell´alienazione, il pacifismo senza se e senza ma, contro le cosiddette guerre giuste e le guerre cosiddette sante, il superamento del divario tra governati e governanti, e la fine di ogni forma di esclusione dal sapere e dalla cultura.

Tuttavia anche nella definizione di questi che sono valori preliminari per avviare un processo di effettiva liberazione umana - che è cosa ben diversa dal liberismo, anche quello di sinistra - occorre avere ben chiaro che non si può affidare alla destra il compito dell'accumulazione e alla sinistra quello della redistribuzione.

La sinistra, se è per davvero socialista, non può limitare il suo messaggio al campo della distribuzione della ricchezza all´interno di un modello di sviluppo invariato. Il problema del mutamento del modello di sviluppo rimane una questione capitale. La sinistra del terzo millennio non può esimersi dal tentare l´impresa, sicuramente titanica, di definire, sia pure gradualisticamente e per approssimazioni successive, le linee di un nuovo modello di sviluppo, di un modo diverso di produrre e di consumare, a partire dal problema energetico, e nel contesto di una democrazia planetaria che si proponga di risolvere alle radici le grandi sfide della lotta al sottosviluppo e della difesa del pianeta dalla catastrofe ecologica.

Il movimento reale che si batte per tutto questo è il socialismo. Un simile movimento, in Italia, può porsi l´obiettivo originalissimo di unire i diversi riformismi della nostra tradizione. La sinistra italiana non è riducibile alla vecchia tradizione socialdemocratica, è più articolata e ricca di umori e filoni culturali, di cui la componente cattolica e quella democratica di sinistra di tradizione risorgimentale e azionista sono grande parte.

Tuttavia per fondere tra di loro tali tradizioni collegandole al sentire delle nuove generazioni, che rimane il vero problema che sta di fronte a tutte le sinistre, si dovrebbe lavorare per un soggetto politico federato verso il basso e verso l'alto, collegato a un sogge tto sopranazionale.

Le variegate forme politiche della sinistra che siedono al parlamento europeo sono, nella loro archeologica separazione, obsolete. Il partito politico del novecento nasce con lo stato nazionale e la rivoluzione industriale.

E' ora di incominciare a pensare seriamente a partiti sopranazionali che accompagnino, accelerandolo, il processo di unificazione europea. Oggi possiamo tutti nutrire l'ambizione di portare l'insieme della sinistra su un terreno diverso da quello del collettivismo autoritario senza dovere passare sotto le forche caudine dell'apologia neoliberista. Per questo io ho pensato e continuo a pensare ad una uscita da sinistra dal crollo del comunismo.

Non ci sarebbe nulla di male se il centro sinistra in Italia si riorganizzasse attorno a due grandi componenti: una più moderata, e l'altra di sinistra. Ma anche ciò deve avvenire sulla base di un autentico e sincero processo di chiarificazione ideale, sia da un lato che dall'altro.

Ciò di cui il paese non ha bisogno sono i pasticci di corto respiro, le manovre autoreferenziali degli apparati. In ogni caso rimane comunque un vuoto da colmare: quello di un socialismo democratico di sinistra.

È giusto che il nuovo partito sia democratico, ma è altrettanto giusto che sia di sinistra.
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