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Prodi scrive al Direttore del Messaggero
4.10.2006
Così torniamo in Europa a testa alta, non chiediamo sacrifici inutili - Lettera del premier Romano Prodi al direttore de \"Il Messaggero\"

CARO direttore,

la Legge finanziaria che abbiamo varato è la 282esima pagina del Programma elettorale che ci ha portato a governare il Paese. Coerentemente con quel documento unitario del centrosinistra, il Consiglio dei ministri ha approvato un testo che permette all’Italia di tornare a guardare con fiducia al futuro.

Se ne sono dette e scritte di tutti i colori su questa Finanziaria. Tanto da arrivare a una mobilitazione pretestuosa del cosiddetto “ceto medio”. Quasi le italiane e gli italiani non sapessero in quale Paese hanno vissuto fino ad oggi “grazie” alle sciagurate politiche economiche e sociali di un centrodestra capace solo di guardare agli interessi dei pochi piuttosto che alle esigenze dei molti.

Noi siamo dovuti partire proprio da questo concetto, come del resto avevamo evidenziato in campagna elettorale. La Finanziaria è venuta quasi di conseguenza, lavorando sui tre cardini che non mi stancherò di ripetere: equità, risanamento, sviluppo.

Mi rendo conto che termini impegnativi come quelli appena citati sono stati dimenticati negli ultimi cinque anni. Ma se si legge con attenzione l’impianto della Finanziaria, balza evidente agli occhi come siano le famiglie, le giovani coppie, i non autosufficienti e i più deboli ad essere tutelati e protetti.

Non è equità, forse, questa? Cercare di ribaltare la realtà andando a pescare cavillosi esempi di ipotetiche penalizzazioni non aiuta nessuno.

Rientrare nei parametri europei in un solo anno, tornare ad un avanzo primario attivo e far nuovamente scendere il debito pubblico senza colpire il contribuente ma semplicemente rivedendo, capitolo dopo capitolo, i danni inferti al bilancio dello Stato non è forse risanamento? E se a tutto questo accompagniamo un percorso condiviso con gli enti locali e le parti sociali, devo pensare che ci sia anche un po’ di malafede nell’accusarci di mettere le mani nelle tasche degli italiani.

E ancora, dedicare quasi venti miliardi di euro alla crescita del Paese, alle sue aziende e alle infrastrutture, agli investimenti e all’edilizia sociale, scelta mai fatta per entità e ventaglio di soluzioni nella storia della Repubblica non è forse credere nello sviluppo della nostra Italia?

I critici di professione erano pronti a scatenarsi sulle tante voci negative che accompagnavano la stesura di questa manovra. Mentre con il ministro Padoa Schioppa e tutti gli altri membri dell’esecutivo la stavamo scrivendo, ho pensato spesso alla delusione che avrebbero provato nel non trovare nuove tasse, tagli delle pensioni o imposte sulle successioni e le donazioni. La nostra è una Finanziaria coraggiosa che riesce a non incidere sul bilancio delle famiglie italiane e a dare una salutare spinta al sistema produttivo del Paese grazie, ad esempio, a interventi forti sul costo del lavoro che toglieranno da un lato oneri alle imprese e porteranno anche più soldi nelle tasche dei lavoratori, garantendo diritti e tuteli per i lavoratori parasubordinati e i precari.

E’ una Finanziaria giusta che rimette in equilibrio il Paese e ci fa tornare in Europa a pieno titolo, determinati a giocare un ruolo primario anche in economia, così come abbiamo fatto e stiamo facendo in politica estera.

E’ una Finanziaria che non chiede sacrifici inutili. Offriamo un percorso di sviluppo equo che guarda al futuro dei nostri figli. E’ una Finanziaria strategica, non un’invenzione una tantum fatta di promesse, condoni e prelievi subdoli. L’Italia può affrontare a testa alta questa nuova prova di maturità. Anche noi abbiamo voluto dare un piccolo esempio, tagliando le nostre indennità di governo del 30%.

E’ una Finanziaria organica che tutela il presente e investe sul futuro. Quello che realizziamo oggi permetterà di spingere ancora di più sull’acceleratore dello sviluppo nelle prossime Finanziarie della legislatura.

E’ una Finanziaria per tutto il Paese, che racconteremo e spiegheremo in tutto il Paese. Nel Sud che vedrà i soldi del Ponte dello Stretto dedicati al futuro vero di Sicilia e Calabria come nel Nord che vedrà i distretti industriali crescere grazie alle politiche fiscali di sostegno e sviluppo. Lo ricordo, il nostro testo di riferimento è stato e sarà in futuro il Programma. E’ lì che si scrive chiaramente dei nuovi asili, delle scuole aperte al pomeriggio, delle incentivazioni ecologiche, delle infrastrutture per il sud e della tutela dei lavoratori dipendenti. Bastava leggerlo con attenzione, anche se forse per qualcuno sarebbe stato perdere quel pizzico di malevola suspence che accompagna ogni libro giallo.

Di giallo il nostro Programma aveva solo la copertina. E se proprio vogliamo fermarci ai colori, con quel giallo cancelliamo il rosso di cinque anni, il nero delle paure sociali e delle invocazioni di piazza e il grigio sul futuro che ci poteva aspettare.

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