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La lezione di Blair - di Anthony Gidens
4.10.2006
Tony Blair è ormai vacillante: si dimetterà entro un anno. I sondaggi danno il suo governo in svantaggio rispetto all´opposizione conservatrice. In queste circostanze, quali lezioni può trarre la sinistra dall´esperienza politica laburista nel Regno Unito? Di fatto, gli insegnamenti potrebbero essere molti. Con Tony Blair il Labour ha vinto tre elezioni consecutive, mantenendosi al potere più a lungo di qualsiasi altro governo di centro-sinistra europeo, con la sola eccezione di quello svedese. Il periodo di governo di Blair sembra ormai destinato a finire in circostanze non molto felici per il premier; ma a meno che il partito sia penalizzato da divisioni interne, ha ancora la possibilità di conquistarsi una quarta legislatura sotto la guida di un nuovo leader.

Per prima cosa vorrei sgombrare il campo dalla vecchia accusa secondo la quale il Labour di Tony Blair sarebbe di fatto, dietro la facciata di centro-sinistra, un partito di destra. Dalle elezioni del 1997 la percentuale del Pil soggetta a tassazione è aumentata dal 38% a più del 41%, un dato che corrisponde più o meno alla media europea. Il Labour non è affatto un partito pronto a cedere ogni cosa in cambio dell´espansione dei mercati. Sotto il suo governo vi sono stati investimenti senza precedenti nei servizi pubblici, in particolare nel campo della scuola e della salute. Si è fatto molto anche per combattere la disoccupazione e la povertà, introducendo un salario minimo abbastanza consistente; si è provveduto all´inquadramento sindacale di categorie di lavoratori che prima ne erano escluse, e alle coppie omosessuali si sono riconosciuti nuovi diritti. Sono tutte misure che non possono far pensare a un partito di destra.

Di fatto però, il Labour ha preso le distanze dalla «vecchia sinistra» su una serie di punti che costituiscono la chiave del suo successo, e potrebbero essere d´esempio alle sinistre di altri paesi. Vorrei definire qui i cinque principi che a mio parere rivestono un´importanza cruciale in questo senso.

1. Un posto di primo piano va riservato all´economia e alla creazione di posti di lavoro. Se l´economia va male, non vi può essere giustizia sociale. Prima di quello attuale, praticamente tutti i governi a guida laburista sono finiti in una crisi economica. Ma il rilancio della crescita esige una riforma del mercato del lavoro. Quando, come nel caso della Francia, il mercato del lavoro è diviso, non si raggiunge né la prosperità economica, né la giustizia sociale. Se chi ha un posto di lavoro protetto può mantenere un livello di vita discreto, su tutti gli altri – i giovani, i lavoratori meno scolarizzati, le minoranze etniche – grava il peso dell´insicurezza. Nel Regno Unito, grazie alla riforma del mercato del lavoro e a una politica attiva in questo campo, portata avanti fin dal 1997, si sono ottenuti successi notevoli: oggi i lavoratori occupati sono il 75% della popolazione attiva. La disoccupazione giovanile è praticamente inesistente, e la percentuale dei senza lavoro a lungo termine è minima.

2. Mantenere le posizioni nell´area politica di centro. Nella società di oggi il successo politico non si ottiene più grazie al sostegno di un´unica classe; e la classe operaia si va sempre più riducendo. Oggi, nel Regno Unito il settore manifatturiero occupa solo il 12% del totale della forza lavoro, a fronte di una media europea che non supera 15%. L´economia basata sul sapere è ormai una realtà. I partiti di centro-sinistra devono dunque rivolgersi a fasce di popolazione diverse dal passato; e per molti questa è la lezione più difficile da imparare. Tenere le posizioni al centro non vuol dire scivolare nel conservatorismo; si tratta invece di spostare il centro a sinistra. E oserei dire che nel Regno Unito quest´obiettivo è stato raggiunto. La Gran Bretagna è oggi una società assai più socialdemocratica. E molti degli obiettivi e delle politiche laburiste dovranno essere ripresi in proprio anche dai conservatori, se vogliono il successo della loro campagna elettorale.

3. L´impegno per la giustizia sociale non deve concentrarsi sui privilegi dei ricchi, bensì sulle esigenze dei poveri, e in particolare dei bambini, per i quali il peso della povertà è particolarmente gravoso. I ricchi rappresentano un´infima percentuale della popolazione – l´1% o anche meno. E tra i più abbienti, sono in molti a creare ricchezza per una più larga parte della comunità. Un´economia moderna non può fare a meno dei suoi imprenditori; e questi ultimi dal canto loro devono agire responsabilmente, pagare le tasse, comportarsi da buoni cittadini nel mondo degli affari; e vanno incoraggiati a impegnarsi in attività filantropiche. Una consistente redistribuzione dei grandi patrimoni – ammesso e non concesso che possa essere esente da ripercussioni sull´economia – inciderebbe in misura insignificante sulla povertà. Per combatterla, quello che serve è concentrarsi sulla redistribuzione delle opportunità. Nel periodo 1997-2005, più di due milioni di persone (tra cui 800.000 bambini) sono state riscattate dalla povertà nel Regno Unito. Un risultato certo inferiore all´obiettivo del governo, che si era proposto di sottrarre alla povertà un milione di bambini entro il 2005; ma è pur sempre un´impresa considerevole.

4. Investire nei servizi pubblici solo a condizione che siano radicalmente riformati, e non solo sul piano dell´efficienza ma anche su quello delle «opportunità di scelta e di espressione» («choice and voice»). Non sempre questi obiettivi si possono raggiungere al meglio accentrando la gestione nelle mani dello Stato – anche perché chi opera nel settore statale non rappresenta necessariamente l´interesse pubblico. Spesso le istituzioni dello Stato sono poco sensibili ai bisogni dei cittadini, non solo a causa dei meccanismi burocratici, ma anche perché il punto di vista del fornitore spesso predomina su quello dell´utente. Per converso, le organizzazioni commerciali o del terzo settore, purché efficacemente regolate, possono a volte essere più efficienti di quelle direttamente controllate dallo Stato. Si dovrebbe decidere di volta in volta quale combinazione prometta di essere la più efficace per la produzione di beni pubblici. Il ragionamento di chi contrappone frontalmente i servizi pubblici (erogati dallo stato) a quelli privati (commerciali o senza scopo di lucro) è del tutto infondato. C´è invece da chiedersi quale formula possa servire meglio l´interesse del pubblico in ogni specifico contesto.

5. C´è poi un´altra lezione molto difficile da apprendere per la maggior parte dei partiti di centro-sinistra: mai consentire alle destre di impossessarsi di alcuni problemi, per i quali è invece indispensabile trovare soluzioni di centro-sinistra. Un caso tipico è il modo in cui le sinistre hanno tentato di eludere il confronto diretto con questioni quali il crimine, il disordine sociale, l´immigrazione o il problema dell´identità culturale, limitandosi a dare spiegazioni - come se le ansie dei cittadini comuni di fronte a questi problemi fossero irrilevanti o ingiustificate. Che si abbia ragione o torto di considerare il crimine come una conseguenza delle disuguaglianze, destinata quindi a regredire in una società più egualitaria, resta il fatto che per i cittadini i comportamenti antisociali costituiscono un´emergenza, e richiedono soluzioni immediate. La formula «lotta dura contro il crimine e contro le sue cause» non è solo uno slogan a effetto, ma può rappresentare una linea d´azione efficace, se adeguatamente elaborata. Blair è stato molto criticato per aver affrontato questi problemi anche con misure restrittive delle libertà civili. Ma occorre distinguere tra libertà formali e sostanziali. Fino a che punto si è liberi quando non si osa fare una passeggiata nel parco, o uscire di sera, o se la vita diventa insopportabile per via dei vicini turbolenti? A volte, in una comunità è giusto reprimere le libertà formali di pochi per ampliare quelle sostanziali dei più.

Se Blair è stato eletto per tre volte consecutive, è grazie al suo impegno su questi punti, più che per le sue qualità personali. Negli ultimi dieci anni ho ascoltato le critiche provenienti dalle sinistre di vari paesi. Avranno forse programmi alternativi concreti, ma io non riesco a vederli. A conti fatti, le loro proposte si riducono all´incremento delle aliquote fiscali, al diniego puro e semplice della realtà della globalizzazione, all´astensione da ogni intromissione nel settore statale e all´insistenza su un´idea tradizionale delle libertà civili. Nell´insieme non è esattamente ciò che si può definire un´alternativa sofisticata; e in ogni caso non è così che si vincono le elezioni.

(Traduzione di Elisabetta Horvat)

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