|

|
|
Welfare Italia |
Foto Gallery |
Ultima immagine dal Foto Gallery di Welfare Italia |

|
|
 |
Ultimi Links |
 |
|
|
 |
 |
 |
 |
I call center: metafora o fabbrica di precari? |
 |
9.10.2006
Il profilo riformista di un
governo si misura anche sulla
qualità delle risposte nell'affrontare,
in versione moderna,
i problemi economici e sociali
del Paese.
La vicenda dei call center, per
le sue dimensioni ormai raggiunte
e per la rilevanza dei servizi
che rendono nel settore della
comunicazione, contribuisce
a far chiarezza su aspetti
molto importanti della precarietÃ
e del mercato del lavoro.
Dopo il caso Atesia, il call center
più grande di Roma, e
l'intervento dell' Ispettorato
del lavoro che ha imposto alla
società di assumere a tempo
indeterminato 3.200 lavoratori,
sono arrivate la circolare del
Ministero del Lavoro e l'avviso
comune sottoscritto tra Confindustria
e CGIL, CISL e
UIL.
In sostanza, si indica l'avvio di
un processo concreto e possibile
di stabilizzazione dei rapporti
di lavoro.
Fanno tutti la stessa cosa, parlano
al telefono. Ma c'è una sottile
distinzione. Ci sono gli
inbound, cioè coloro che
rispondono alle domande delle
persone che telefonano e gli
outbound, quelli che invece
alzano la cornetta per chiamare
persone cui sottoporre
domande per indagini di mercato.
I primi, attraverso accordi
aziendali, avranno un contratto
a tempo indeterminato. Gli
altri, invece, verificate l'effettiva
collaborazione potrebbero
essere inquadrati anche come
lavoratori a progetto.
Il totale degli operatori impiegati
nei call center in Italia
sono 250.000 (2500 in Brianza
e dintorni dall'indagine Filcams
CGIL), di cui circa il
50% è adibito per i servizi
cosiddetti inbound.
Nasce, dunque, l'esigenza di
contemperare le soluzioni alla
precarietà del lavoro e la
necessità di un certo gradualismo
per il definitivo e solido
allineamento delle imprese di
questo mercato in continua
espansione.
Potrebbe essere una buona
occasione, anziché adombrare
sfracelli e ricatti, di consentire
forse al settore precario più
“turbolento” e abusato di interpretare
al meglio la riduzione
della precarietà e l'avvio di una
fase nuova, dopo le barricate
ideologiche, per il mondo del
lavoro e il suo mercato nel
nostro Paese.
Indubbiamente, non si può
dire che l'operazione non sopporterÃ
costi aggiuntivi per le
34
aziende interessate. Ma al tempo
stesso risulta difficile credere
che i grandi clienti dei
call center (banche, telecomunicazioni,
pubbliche amministrazioni),
che utilizzano tali
servizi ormai con modalitÃ
aziendale strategicamente
importante, possano essere
indotti a tagliare le commesse
per l'aumento delle tariffe.
Ed è altresì poco credibile che
aziende così innovative, che si
sono “inventati” 250.000 posti
di lavoro in pochi anni, verrebbero
a trovarsi in serie difficoltÃ
a causa di un aumento del
costo della forza lavoro.
A Monza, il 27 ottobre presso
la circoscrizione 3 – San Rocco
– (ore 20), si farà il punto
della situazione con il Presidente
di Assocontact (l'associazione
nazionale dei call center)
e la CGIL.
Facciamo in modo che i call
center non diventino il girone
dei nuovi cipputi.
di Domenico Guerriero da Così la penso www.centroriformista.it
Welfare Italia
Hits: 1852
Lavoro >> |
|
 |
|
 |
I commenti degli utenti (Solo gli iscritti possono inserire commenti)
|
 |
|
|
|
 |
|