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Le ceneri di Angela (Michael Burda da lavoce.info)
20.10.2006
Il governo di Angela Merkel, in Germania, compie un anno. Con l’approssimarsi dell’anniversario in molti si sono chiesti: ne è valsa la pena? Per diversi mesi, i paesi della Vecchia Europa, e in particolare Italia e Francia, ma anche molti all’interno della Commissione europea, hanno guardato all’esperimento tedesco nella speranza che i gravi problemi economici e sociali potessero essere risolti da una "grande coalizione".

Le buone notizie

In teoria, ci sono due ragioni per dar vita a una grande coalizione: La prima è tecnica: non esiste una maggioranza per una coalizione guidata da un solo grande partito. L’altra è il riconoscimento che è necessario un cambiamento profondo e nessun governo espresso da un solo partito può sopravvivere all’assalto delle lobby e di un’opposizione opportunista. Era questa la speranza nella Germania di un anno fa: per avere un cambiamento duraturo, era necessario che "tutti fossero a bordo", altrimenti una parte politica avrebbe bloccato gli sforzi dell’altra, fino al punto di capovolgere la passata legislazione. Quest’ultima condizione non sembra valere più nella Germania di oggi, e la grande coalizione sembra destinata a sciogliersi, probabilmente molto prima delle elezioni politiche del 2008. All’inizio, le cose si muovevano in fretta, molto in fretta per gli standard tedeschi. Con un ministro delle Finanza socialdemocratico, il cancelliere Merkel ha abolito gli aiuti all’edilizia residenziale e tagliato gli sgravi fiscali per i pendolari: c’era un largo consenso che si trattasse della cosa giusta da fare. Ma la stagione dei tagli è finita presto: i sussidi continuano ad ammontare a circa 60 miliardi di euro l’anno di aiuti diretti e a 50 miliardi di sgravi fiscali. La coalizione è riuscita a riformare il sistema di "federalismo", dando ai länder più autonomia in alcune aree, ma togliendo loro il diritto di veto in altre. Sfortunatamente, non è stata toccato l’aspetto fiscale, che avrebbe potuto contribuire a rendere più responsabili le politiche regionali. (Infatti, i länder hanno finito con l’avere più potere in molte materie). In nome dell’onestà fiscale, la coalizione ha alzato l’Iva di 3 punti percentuali a partire dal 2007. Com’era prevedibile questo ha stimolato la domanda corrente di beni durevoli di "scontrino alto", e di conseguenza tassi di crescita che non si vedevano dai tempi della riunificazione. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, la coalizione è rimasta ben salda sul tracciato delle leggi Hartz: la mia interpretazione delle recenti buone notizie dal mercato del lavoro è che queste riforme hanno spostato verso il basso il "tasso di equilibrio", proprio come avrebbe detto il premio Nobel 2006 per l’Economia, Edmund Phelps. Da sottolineare che la Spd ha resistito alla tentazione di abbandonare il campo anche quando l’Ufficio federale per l’impiego ha tagliato programmi di spesa inutili per il mercato del lavoro, arrivando a un considerevole surplus di 10 miliardi di euro, di cui un terzo è forse dovuto proprio a questi tagli. Così, Merkel e soci sono riusciti a mantenere le riforme proposte dal predecessore Gerhard Schröder. Un risultato che da solo ha creato un grande ottimismo nel mercato internazionale dei capitali sul fatto che le riforme non sono solo salde, ma irrevocabili. Questo è tutto per quanto riguarda le buone notizie: dopo dodici mesi gli interventi facili sono finiti. I problemi difficili – sanità, riforme più profonde del mercato del lavoro, deregolamentazione del mercato dei prodotti e semplificazione del sistema fiscale – sono ancora sul tavolo, ma servirà una buona dose di energia, creatività, disciplina e capacità di resistenza per trattare con lobby agguerrite e campioni dello status-quo. Più importante ancora, è necessario arrivare a una diagnosi comune e concordata del problema. L’arte del compromesso, orgoglio dei politici tedeschi, non basterà.

Il test della riforma sanitaria

Prendiamo il test più importante che la grande coalizione ha dovuto affrontare finora: la riforma della sanità. Il sistema tedesco è difficile da spiegare e ancor più da riformare. È un insieme di fondi assicurativi garantiti dallo Stato, basati su contributi di aziende e lavoratori legati al salario, obbligatori per tutti fuorché i meglio pagati. Dopo un lungo dibattito, il governo ha proposto di introdurre forme di concorrenza tra le compagnie di assicurazione sanitaria creando un fondo comune per le contribuzioni, con cumulo dei rischi, e permettendo agli assicurati di cambiare fondo assicurativo. Frutto di un compromesso, la proposta evita il problema della redistribuzione: i lavoratori dovrebbero pagare per la sanità in rapporto al reddito (Spd) o indipendentemente da questo con una esplicita redistribuzione verso chi sta peggio (Cdu)? La coalizione è riuscita a trovare un accordo solo sulla creazione del fondo, uno scheletro burocratico che sarebbe comunque necessario in entrambi i casi. Mentre litiga praticamente su tutto il resto, compreso il controllo dei costi. I lobbisti hanno tratto vantaggio dalla confusione dei politici e ora sembra sempre più difficile che il compromesso raggiunto divenga una legge prima del 2009, comunque dopo le prossime elezioni politiche. I nemici di Merkel interni al suo partito potrebbero anche usare il compromesso sulla sanità come un’arma – e togliere il loro appoggio all’ultimo minuto: se Merkel dovesse essere costretta a ritirare la proposta, ne uscirebbe molto indebolita. Non soltanto la grande coalizione non è riuscita a proporre una soluzione valida, ma grande è stato lo spreco di tempo ed energie, oltre che di attenzione e pazienza dell’opinione pubblica. Non c’è da meravigliarsi se i sondaggi danno Spd e Cdu ai livelli più bassi in decenni.

Perché non ha funzionato

La grande coalizione tedesca sta fallendo perché i politici non trovano un accordo sulla soluzione giusta ai problemi della Germania. Ma non è solo colpa loro. In fin dei conti, la Germania è una democrazia matura e si merita i governanti e i politici che ha. Wolfgang Münchau del Financial Times ha affermato di recente che i "tedeschi non credono più alle favole". Non è affatto vero: i tedeschi sono ancora disperatamente attaccati alla favola cara alla Vecchia Europa, secondo la quale le riforme dolorose si possono evitare seguendo la "terza via". Non sono pochi i politici, sindacalisti e lobbisti pronti a dire ai tedeschi che si può fare a meno delle riforme e delle riorganizzazioni viste negli Stati Uniti, nel Regno Unito o in Olanda così come nei paesi scandinavi. Era questo il messaggio del risultato ambiguo delle elezioni di settembre 2005: procediamo a piccoli passi e sarà meno doloroso. Vere riforme saranno ancora più difficili ora che la ripresa è arrivata. Non importa se la Germania ha perso più di un decennio di crescita degli standard di vita registrato nelle economie Ocse di punta. No, la Vecchia Europa non trarrà alcun beneficio da una grande coalizione finché non sarà soddisfatta la condizione necessaria che ne è il centro: un implicito consenso per un vero cambiamento diffuso nella popolazione in generale e nella classe politica. Sotto tutti i punti di vista, ne siamo ben lontani.

Fonte: www.lavoce.info

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