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Bossi-Fini, disumani ed inutili di Livia Turco
4.07.2003

Bossi-Fini - Disumani e Inutili
di Livia Turco
Ancora una volta il mare inghiottisce vite umane che lo attraversano stipate su carrette sgangherate, guidate da criminali feroci e senza scrupoli. Tragedie così violente e così ripetute ci obbligano a metterci la mano sulla coscienza e a riflettere per capire le ragioni per cui l’impeto a fuggire dalla povertà e dalle guerre, o la ricerca di una vita migliore sia più forte del rischio calcolato della morte. Quei poveri corpi che neanche riceveranno la sepoltura ci dicono in modo lapidario qual è la questione che ci sta di fronte: non si può incarcerare la spinta alla mobilità delle persone che, peraltro, sarebbe paradossale nel mondo globale, bisogna invece sottrarre i flussi migratori dalla ferocia e dalla speculazione dell’economia criminale. Lo si può fare solo offrendo una alternativa concreta attraverso la definizione di vie legali dell’immigrazione. Fino a quando le persone che vivono nei paesi sperduti della Tunisia, del Marocco, della Nigeria eccetera incontreranno quale unico modo concreto e accessibile per migrare loro connazionali che diventano scafisti, fino a quando non giungerà loro il messaggio e l’indicazione concreta che c’è un’altra strada più certa, più rispettosa, ma scandita da regole, fino ad allora non sarà sconfitta la tragedia dell’emigrazione clandestina. E non si darà il vero colpo all’economia criminale. È esattamente questa la sfida che sta di fronte all’Europa: non arrestare ma far defluire in un corso normale e regolato la globalizzazione umana. Compito che l’Europa non è stata ancora in grado di assolvere perché non ha avuto fino ad ora - nonostante gli indirizzi approvati a Tampere e Siviglia (cui diedero un grande contributo i governi dell’Ulivo) - gli strumenti e la sovranità per decidere una politica comune dell’immigrazione. Hanno prevalso in questi ultimi anni gli egoismi nazionalisti rispetto alla disponibilità a predisporre un progetto comune e ha prevalso l’indirizzo incentrato su una politica securitaria unilaterale che ha messo l’accento in modo prevalente sul controllo delle frontiere come se la sicurezza non fosse garantita sia dal contrasto della criminalità sia dalla apertura di vie legali dell’immigrazione. Ci auguriamo che il vertice svoltosi in questi giorni a Salonicco ridia slancio alla politica comunitaria secondo gli indirizzi che ha perseguito in questi anni il Commissario Vittorino e che ha richiamato Romano Prodi: contrasto dell’immigrazione clandestina, ingresso regolare, diritto d’asilo, cittadinanza per gli stranieri. Il governo dei flussi migratori non può essere inteso come un capitolo a sé ma come parte integrante del progetto più ampio che riguarda l’Europa, la sua capacità di dialogo con il Mediterraneo, la sua capacità di costruire una politica di cooperazione e pace, il suo modello di sviluppo, le sue politiche di welfare, la qualità della convivenza umana e sociale. Compito della sinistra europea è quello di sollecitare questo indirizzo integrato della politica migratoria sapendo anche innovare la gamma degli strumenti, ad esempio, per quanto riguarda l’ingresso per lavoro al fine di favorire il più possibile l’incontro tra domanda e offerta tenendo conto delle flessibilità richieste non solo dal mercato del lavoro ma anche dai nostri stili di vita e dai nostri sistemi di welfare. Compito della sinistra europea è anche quello di sollecitare una politica più coraggiosa e coerente di cooperazione allo sviluppo. Non basta stanziare un fondo per aiutare i paesi che riammettono i clandestini. Bisogna puntare su quegli accordi bilaterali che come dimostrano Tunisia, Marocco e Albania (tutti e tre stipulati dal centrosinistra) se rispettati, sono efficaci perché coniugano quote di ingresso regolari, aiuto allo sviluppo, riammissione dei clandestini. Compito della sinistra europea è anche quello di avere una lettura più attenta delle ragioni che sono alla base dei sentimenti di paura dei cittadini europei per mettere al centro, proprio per questo, la costruzione della convivenza tra culture e religioni diverse a partire dalla promozione di relazioni positive, basate sullo scambio e la conoscenza reciproca, tra europei e stranieri. Promuovendo con coraggio una politica della cittadinanza che abbia il suo fulcro nella partecipazione civile e politica degli stranieri. Partiamo da qui, dal nominare la profondità dei problemi e delle sfide perché il nostro intento è quello di dare un contributo positivo per un progetto efficace e rinnovato della politica migratoria. Un atteggiamento, il nostro, ben lontano dalla volgare e cinica speculazione politica e dalla martellante campagna denigratoria e falsificatrice che il centrodestra all’opposizione riservò alla politica dell’Ulivo. Come dimenticare, ad esempio, le lacrime del presidente Berlusconi che, con aereo personale, approdò sulle coste del Canale di Otranto dove era naufragata una nave con tante povere vittime, per piangere quelle vittime ma soprattutto per attaccare il centrosinistra! Oggi il presidente Berlusconi non solo non trova il tempo e le lacrime per commemorare i morti ma le uniche parole che riesce a pronunciare sono per dire - a Salonicco - che l’immigrazione non è una priorità. È doveroso che il presidente del Consiglio venga in Parlamento e riferisca sull’ennesima tragedia. Ma, soprattutto, chiarisca al popolo italiano - cui aveva promesso in modo assordante «mai più clandestini, mai più sanatorie» - qual è la politica del suo governo su un tema così strategico. Al ministro Pisanu, alle forze più consapevoli della maggioranza chiediamo di riflettere sui fatti di questi due anni di governo e di prendere atto che l’indirizzo che è alla base della legge Bossi-Fini - rendere stretto il canale dell’ingresso regolare per limitare il numero delle persone immigrate - è non solo disumano ma profondamente inefficace. Perché nasconde con il velo della ideologia il dato della realtà: il nostro paese ha bisogno di immigrati. Che però è più forte dell’ideologia stessa e si impone nonostante gli anatemi volgari del ministro Bossi. Ci sono tre dati emblematici e rivelatori della politica del governo che attengono al nerbo di una politica dell’immigrazione regolare: in due anni sono stati stipulati solo tre accordi di riammissione dei clandestini e nessun accordo bilaterale di cooperazione e di ingresso regolare; la quota di ingresso per lavoro è stata definita a fine 2002 e ha riguardato solo 20mila persone mentre, a fine giugno 2003, non c’è traccia della quota per quest’anno e ciò a fronte di una domanda di lavoro delle imprese che, secondo le stime fornite dall’Unioncamere, si aggira attorno alle 250mila all’anno per il prossimo triennio; sono sparite dall’agenda del governo le politiche di integrazione degli immigrati. Per non parlare dei centri di permanenza che sono diventati simili a carceri, dei centri di accoglienza che scoppiano di persone, del diritto d’asilo bloccato. Non si possono motivare tali scelte sostenendo le cifre della sanatoria. Perché una politica che chiude le frontiere e vara la sanatoria non solo è intimamente contraddittoria ma è destinata a fomentare l’aumento della clandestinità. Ecco l’esito concreto del pugno di ferro di Umberto Bossi. Il quale sta recando un grave danno al nostro paese non solo perché ne offende i sentimenti di dignità umana e di solidarietà ma perché continua a praticare una politica migratoria basata sul messaggio e sull’ideologia anziché sull’efficacia e sul governo concreto in cui l’immigrazione è usata come «scalpo» per affermare la sua identità politica. Che cosa sarebbe infatti la Lega Nord se non ci fosse più la paura degli immigrati? Eppure questa paura sta scemando perché gli italiani conoscendo da vicino le persone straniere scoprono che i loro valori sono il lavoro, la famiglia, i bambini, la lotta alla criminalità. Percepiscono addirittura che molti di loro non sono più stranieri ma nuovi italiani. Per questo è necessaria una svolta profonda.


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