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Albania, estate 2006
28.10.2006
Un reportage di viaggio. La percezione che gli albanesi hanno di se stessi e di ciò che i media italiani dicono di loro, lo sviluppo turistico, le facciate colorate e le contraddizioni di Tirana

Di Cecilia Ferrara (Giornalista di Novaradio di Firenze)

Articolo tratto da Peacereporter
Albania, estate 2006
. “Non avere paura, noi siamo albanesi buoni, non come quelli che in Italia vengono a fare i delinquenti e ci fanno fare brutta figura”. Non è difficile sentirsi dire questa frase in Albania. Non durante un’intervista o uno scambio di opinioni sul Paese di oggi e di ieri: semplicemente chiedendo indicazioni stradali. La percezione di se stessi e il rapporto che i suoi abitanti hanno con l’Italia e gli italiani è un dato che colpisce immediatamente quando si arriva nel paese delle aquile. Una persona su due parla italiano e spesso ha vissuto in una città italiana, ha un figlio o un cugino che ci abita. Per questo sa anche bene che cosa dicono i media italiani degli albanesi.
Patrimonio dell'umanità. Un’economia mantenuta in gran parte dalle rimesse degli emigranti, la chiusura quasi totale delle frontiere fino a solo 15 anni fa, infrastrutture e trasporti molto carenti, fanno dell’Albania un luogo inesplorato dalle rotte turistiche, “unfriendly” (non amichevole) come si legge nelle poche guide on-line composte principalmente da viaggiatori che si scambiano informazioni. Ma c’è anche chi crede che il turismo possa essere il settore vincente per l’economia albanese. Il governo innanzitutto, che ha iniziato a rendersi conto di possedere un patrimonio storico e culturale che deve essere protetto e valorizzato. Città antiche come Berat e Gjirokastra, siti archeologici come Butrinto e Apollonia erano fino al 1991 tutelati dal regime, ma i successivi anni di sostanziale caos in cui è piombato il paese hanno messo in secondo piano le ricchezze di tipo culturale. Oggi la tendenza si sta invertendo. Il ministero della cultura, in collaborazione con la municipalità di Gijrokastra, è riuscito a far ottenere alla città lo status di “Patrimonio culturale dell’Umanità” dell’Unesco.
Paese segreto. Lo scorso marzo, in occasione di una delle fiere più importanti dedicate al turismo a Berlino, il governo albanese ha aperto le trattative con l’Organizzazione Mondiale del Turismo, istituzione intergovernativa legata all’Onu. L’OMT, per intendersi, è l’organizzazione che ha permesso alla Croazia di quadruplicare gli ingressi turistici in soli tre anni. A Berlino il ministro per il turismo albanese Leskaj ha incontrato il segretario generale dell’OMT con lo scopo di presentare un piano improntato ad una promozione culturale e ad un turismo sostenibile che si leghi alle tradizioni dell’Albania. Lo slogan dello stand presente in fiera era, non a caso, “Albania, ultimo segreto da svelare in Europa”. Lo stesso governo italiano, tramite l’agenzia del Ministero degli Affari Esteri Cooperazione sviluppo Italia, ha offerto 900 mila euro per la formazione al turismo e nella relazione annuale dell'Istituto del Commercio Estero si legge che questo settore è ritenuto di “alto potenziale”.
Imprenditori fai da te. Ed è una ong italiana tenuta da religiose che da due anni ha aperto uno dei due istituti di formazione per gli operatori turistici in Albania. Si tratta del Centro Sociale Santa Marcellina di Saranda, sulla costa meridionale. “Abbiamo deciso di iniziare questo tipo di formazione – spiega suor Maria Cruz, di origini messicane – perché Saranda è una città in cui già c’è turismo. Da almeno un anno il governo sta investendo in questa zona: sia sulle infrastrutture, risistemando le strade, sia sul parco nazionale archeologico di Butrinto, dove stanno aprendo altri scavi. L’idea è quella di puntare sul turismo culturale oltre che su quello balneare”. Per il momento la maggior parte dei visitatori viene dall’Albania stessa, dal Kosovo o dalla Macedonia, ma quest’estate, come racconta Suor Maria Cruz, si sono visti dei cambiamenti: “Sono venuti molti più stranieri, in particolare inglesi, italiani e tedeschi”. Anche gli operatori si stanno muovendo in questa direzione. Un esempio intelligente che si trova a metà tra l’agenzia turistica e il viaggio consapevole è quello organizzato dai ragazzi di “Bathore beach”. Si tratta di 8 ragazzi tra i 18 e i 24 anni che hanno deciso di inventarsi un lavoro, perché, come recita lo slogan del loro sito internet, “è possibile costruire qualcosa nel proprio paese rifiutando l’idea che bisogna andare per forza in altri stati per vivere”. […]

Continua: http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6295/1/51/

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