Il libro di Giorgio Napolitano "Una transizione incompiuta?" esce ora nella Bur (a 9,40 euro) e questa è la postfazione del Presidente della Repubblica, chiamato (ad aiutare) a "completare la transizione".
da Il Corriere della Sera, 11 novembre 2006
Richiamo alle larghe intese del presidente della Repubblica
«Cambiare con realismo senza forzature»
Giorgio Napolitano in un libro ricostruisce la legislatura più tormentata del dopoguerra (1992-'94): ecco la postfazione.
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Mi chiedo io stesso se la ricostruzione del biennio 1992-1994, così come io lo vissi da Presidente della Camera dei Deputati, presenti ancora un interesse, possa considerarsi in qualche modo attuale.
Tendo a rispondere di sì almeno da un punto di vista generale, nel senso che non si possono comprendere le vicende politiche e istituzionali con cui oggi quotidianamente ci si confronta, senza risalire ai momenti più significativi, e anche drammatici, di quegli anni.
Furono anni di tensione e di speranza, di caduta e di svolta per il sistema politico, di confronto e di impegno per un mutamento che si avviò ma non si riuscì a portare a compimento. E infatti nel titolo del libro si parla di una «transizione incompiuta». Ma anche il semplice evocare questa espressione induce a chiedersi quanto ci sia di superato nell'approccio che venne allora coltivato: l'approccio di una radicale riforma delle regole della politica, e di una profonda riforma dell'assetto istituzionale, anche - più propriamente - costituzionale.
Il collasso dei vecchi partiti che si erano per oltre 40 anni cimentati nel governo del Paese e confrontati in Parlamento, e la riforma elettorale del 1993, produssero un cambiamento profondo sulla scena politica, ma la mancata approvazione dell'auspicata revisione della seconda parte della Costituzione, e lo stesso mancato consolidamento, sul piano culturale e programmatico, dei nuovi soggetti politici - partiti rimasti incerti nella loro identità , schieramenti segnati da una forte eterogeneità e da una pesante frammentazione - diedero appunto il senso di un'incompiutezza del processo di trasformazione che molti italiani consideravano necessario e si attendevano.
Se si torna ad alcuni problemi di fondo che allora emersero e che anche successivamente ci si propose di risolvere, risultano evidenti motivi di insoddisfazione e preoccupazione. Tra la seconda metà degli anni '90 e i primi anni 2000, altri due tentativi di riforma costituzionale sono falliti; le contraddizioni e le debolezze di entrambi g l i schieramenti politici non sono state superate; il nodo cruciale del rapporto tra politica e giustizia è rimasto irrisolto; lo stesso nuovo sistema elettorale approvato dal Parlamento nel 1993 non ha dato i risultati di semplificazione sperati e previsti, è stato oggetto di revisione, e la discussione è oggi aperta sulla necessità di un'ulteriore revisione e sui suoi possibili lineamenti.
Questi sono i limiti che hanno segnato il passaggio a una democrazia dell'alternanza: che pure ha rappresentato - sia chiaro - un progresso storico nella vita politica nazionale. Si può peraltro parlare, oggi come nel 1994, di una transizione da portare a compimento? La prospettiva appare in effetti più complessa. Si è ormai già dentro un quadro nuovo di regole e ancor più di situazioni di fatto e di comportamenti consolidati nel giuoco politico e nella vita istituzionale.
Per fare l'esempio più vistoso, la personalizzazione della guida degli opposti schieramenti politici è andata molto avanti, e occorrerebbe in proposito una non semplice riflessione e riconsiderazione. E, soprattutto, il discorso sulla Costituzione repubblicana si presenta oggi in termini molto diversi, rispetto a dieci o dodici anni fa. Perché la prassi ha visto modificarsi equilibri tra i più delicati, con il rafforzamento - in particolare - della posizione del governo in Parlamento, anche se in forme spesso improprie, ovvero attraverso forzature molto discutibili.
Perché si è varata una riforma parziale, ma non di poco conto, come quella del Titolo V. E perché la difficoltà di giungere a soluzioni convincenti e condivise per problemi rilevanti - la trasformazione, ad esempio, del Senato in «Camera delle autonomie » - e la preoccupazione per un drastico progetto complessivo di revisione della seconda parte della Costituzione, preoccupazione espressasi nel successo del «no» nel referendum del giugno 2006, inducono a una ricognizione attenta delle esigenze di riforma rispetto alle quali si possano individuare risposte specifiche e realizzare le intese più larghe.
Si impone dunque uno sforzo di maggiore realismo nel perseguire un'evoluzione ulteriore del sistema politico e istituzionale, più che riferirsi ancora a un processo di transizione i cui tempi sono ormai scaduti, e mirando in primo luogo a ristabilire un clima di più costruttivo confronto tra tutte le forze politiche nell'era del «bipolarismo ». Come ho detto nel messaggio al Parlamento in occasione del giuramento, il 15 maggio 2006, «è venuto il tempo della maturità per la democrazia dell'alternanza anche in Italia».
Giorgio Napolitano