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Sono arrivate le prime ananas equosolidali
7.07.2003
Un nuovo produttore e un nuovo licenziatario del marchio di garanzia TransFair portano in Italia l’alternativa alle multinazionali della frutta fresca. Portano il marchio Sheba e vengono dal Ghana. Sono le prime ananas equosolidali arrivate in Italia e saranno distribuite inizialmente da Coop Lombardia per poi approdare al circuito di tutti i supermercati e ipermercati della prima catena distributiva italiana. L’arrivo delle ananas equosolidali, garantite dal marchio TransFair a partire dalla metà di luglio porta il nome di un nuovo licenziatario e di un nuovo produttore che sono entrati nel sistema del Commercio Equo e Solidale.


Si tratta di Amatrade di Milano che importa frutta tropicale e di Prudent, azienda ghanese con una piantagione di 450 ettari dedicata alla coltivazione dell’ananas. La storia di partnership tra le due realtà è nata già nel 1995 quando Edward Twum che possedeva 5 ettari di terreno, attraverso la cooperazione con Amatrade è riuscito a sviluppare il proprio lavoro e a migliorare le condizioni di vita dei propri contadini, senza danneggiare l’ecosistema locale. Lo sviluppo della farm infatti è andato di pari passo con il rispetto dell’ambiente circostante e delle specie autoctone, limitando l’uso di prodotti chimici. Il personale è sottoposto a periodiche visite mediche, la remunerazione è adeguata agli standard locali e per i lavoratori dipendenti sono stati costruiti punti di ristoro in tutta la piantagione. Tutte queste caratteristiche hanno consentito a Prudent, dopo il necessario periodo di monitoraggio e controllo, di entrare nel registro Frutta Fresca di Flo.


L’inserimento nel circuito Fair Trade consentirà a Prudent di trovare altri sbocchi di mercato a condizioni eque e di migliorare le condizioni sociali e sanitarie degli oltre trecento lavoratori, tra uomini e donne, che si alternano nei periodi del raccolto. Con le ananas equosolidali i consumatori italiani potranno gustare un prodotto dolce due volte e contribuire così ad un rapporto più giusto con i produttori del Sud del mondo


(Fonte: L’Unità, Sezione Mondo Possibile)
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