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Sholush Humma (di Paola Carini)
1.12.2006

Territorio choctaw, parte centro-orientale del Mississippi, primi anni del Cinquecento.

Foreste lussureggianti di pini, querce, noci, faggi, tigli si aprono su insospettabili terrazzi collinosi che ospitano campi di granturco, piselli, zucche, girasoli.

Corsi d’acqua serpeggianti orlano frutteti di pesche e susine e cingono poco più in là popolosi centri urbani nella cui piazza centrale si tengono riti, cerimonie, giochi. Le decine di comunità choctaw sono disseminate su di una vasta area convenientemente raggruppata in distretti; divisa in due clan, inholahta e imoklasha, la società choctaw è matrilineare ed esogama. Il clan imoklasha è il clan della pace e ogni appartenente ha il dovere di perorare la pace in qualsiasi circostanza, soprattutto se riveste carichi importanti come quelli di mingo, ossia di capo. La struttura sociale, pur ripartita in fasce, si regge su di un concetto fondamentale: il potere si acquisisce e si rafforza solamente attraverso l’esercizio della generosità. Spetta ai capi ridistribuire bottini, cacciagione e raccolti ai guerrieri semplici e a tutti gli altri abitanti, trattenendo solamente il minimo indispensabile per sé.

La vita scorre serena per i choctaw: la coltivazione del mais, associata a quella di zucche e piselli grazie ad una perspicace pratica agricola secolare, è tanto abbondante da produrre raccolti più che soddisfacenti; nelle piazze i guerrieri più valenti giocano a kapucha, gioco con la palla oggi chiamato stickball. La colonizzazione è ancora agli albori, ma altre confederazioni tribali della zona sudorientale hanno già sofferto dell’arrivo degli europei. Hernando De Soto, esplorando la costa del Golfo del Messico, ha razziato, ucciso, saccheggiato. Risalendo il Tombigbee, in Mississippi, ha raggiunto i villaggi dei chickasaw – gruppo tribale affine ai choctaw per lingua e costumi – i quali, pur sfuggendo in gran parte alla ferocia degli spagnoli, non possono sottrarsi alle epidemie mortali che essi portano con sé (di questo argomento si fa cenno nell’articolo \"Il ponte aleutino\" di questa rubrica).

Il primo vero scontro tra choctaw e spagnoli avviene invece qualche anno più tardi, nel 1540, quando con la protervia della violenza De Soto ordina a Tascaluza, il capo della comunità choctaw della città di Mabila (oggi nell’odierno Alabama), di fornirgli canoe, schiavi e donne. Tascaluza (Guerriero Nero) lo accoglie con un massiccio dispiegamento di forze e con uno stendardo che colpisce gli spagnoli: una croce bianca dai bracci della medesima lunghezza su di un fondo nero. Il vessillo di battaglia del capo Tascaluza.

Da quel momento in poi i choctaw vivranno relativamente tranquilli fino alla fine del Seicento, quando gli inglesi cominceranno ad imperversare nella regione a caccia di schiavi e i francesi imporranno un sistema commerciale che condurrà la società choctaw al lento disfacimento.

Nei primi decenni del Settecento nello scacchiere sudorientale nulla è più come prima. Creek, cherokee, choctaw, chickasaw, natchez, caddo e pawnee, discendenti di antiche popolazioni che nella valle del Mississippi hanno lasciato intriganti tumuli a sommità piatta, accusano progressivamente i colpi inferti dai colonizzatori. Gli inglesi hanno contribuito a diffondere il vaiolo razziando villaggi e città alla ricerca di schiavi; i francesi cercano di instaurare rapporti pacifici solo perché il commercio di pelli e pellicce possa essere più lucrativo. Gli anni seguenti vedranno un susseguirsi di alleanze alterne, di scontri aspri, di saccheggi, di violenze, di impoverimento culturale e di degrado ambientale. Come pedine in un gioco ben più grande di loro, i gruppi tribali concedono la loro fiducia ora all’uno ora all’altro invasore a detrimento della loro autonomia e, con essa, della loro stessa identità di popolo. La generosità, perno sul quale poggia il funzionamento della società choctaw, cede davanti ai medaglioni di rame dorato elargiti dai francesi, i quali promuovono chi è loro fedele affidandogli cariche inesistenti nella tradizionale struttura sociale. Nella trappola cadono in molti, ma uno più di tutti finirà con l’incarnare emblematicamente questo aspetto seminascosto della conquista del continente americano.

Identificato dalla Storia con il solo titolo di \"capitano di guerra\" o sholush humma (letteralmente \"calzari rossi\"), della città choctaw di Couechitto, l‘uomo è un doppiogiochista spietato ora al servizio dei francesi, come la gran parte dei distretti choctaw, ora a quello degli inglesi, come i cugini chickasaw. Tanto scaltro quanto ambizioso, egli soppianta di fatto il proprio capo Mingo Tchito, il quale aveva faticosamente intessuto una tela diplomatica con gli stranieri in modo da conservare una certa libertà di azione – commerciale e politica – per i choctaw. Appropriandosi di un ruolo che non si era guadagnato e scalzando la massima carica del distretto, Sholush Humma contribuisce massicciamente alla disgregazione sociale, politica ed economica dei choctaw fino a quando non cade egli stesso vittima delle trame che era abituato ad orchestrare: nel 1747 un altro indiano lo pugnalerà mortalmente per la taglia che i francesi avevano messo sulla sua testa.

I decenni successivi cadenzeranno il declino dei choctaw; sottoscrivendo una serie di trattati con il governo americano cederanno la loro terra ancestrale – dieci milioni di acri tra Mississippi e Alabama – per poi venirne espulsi e, insieme a chickasaw, cherokee, creek e seminole, essere imbrancati e costretti a raggiungere a piedi l’Oklahoma, morendo a migliaia lungo quello che viene ricordato come il Sentiero delle Lacrime.

Nell’interessante ricostruzione della vita politica di Sholush Humma dello storico Richard White, l’ambiguità della sua figura, le azioni contraddittorie, le prese di posizione clamorose e di sfida sono l’espressione della ricerca di legittimazione tra la propria gente.

Probabilmente fu così; consapevole che i fuochi di guerra tra i choctaw e i chickasaw, le due più imponenti nazioni tribali dell’area, erano alimentati dagli europei per accelerarne la distruzione, il desiderio di accrescere il proprio rango fu probabilmente subordinato al desiderio di salvaguardare il proprio clan, la propria città, il proprio popolo. Le fonti storiche sono mutile, cioè mancano della prospettiva nativo-americana, o specificamente choctaw, su quegli eventi, ma nella cronaca europea dei fatti si vede bene l’ingordigia, la mancanza di scrupoli, la sete di denaro e l’arrivismo di governatori, capi militari, diplomatici e politici europei. E si vede altrettanto bene ciò che finì con l’essere la più efficace delle armi in questo periodo storico e in questo contesto: la lusinga.

La lusinga circuisce per blandire, elogia per manipolare, gratifica per creare dipendenza, e Sholush Humma era senza dubbio un abile lusingatore: mentre prometteva ricchezza a commercianti e ufficiali inglesi per averne in cambio numerosi regali e illimitate possibilità commerciali, accompagnava una spedizione francese contro i chickasaw, cioè i principali alleati degli inglesi. Viaggiando in territorio nemico arrivava sino all’attuale Georgia per condurre trattative diplomatiche, senza alcun titolo per farlo, con vari governatori europei, mentre a Couechitto riusciva a convincere parecchi choctaw a seguire lui, un semplice \"capitano di guerra\", piuttosto che le gerarchie più alte. Più acquisiva potere – e non certo in senso tradizionalmente choctaw − più lo usava in maniera spregiudicata: ripetutamente cercò di scalzare tutti i capi choctaw per proclamarsi unico interlocutore dei francesi, mentre faceva tutto il possibile affinché la nazione choctaw si alleasse con gli inglesi. Quando gli eventi congiurarono per l’esito contrario egli, con incredibile astuzia, promise lealtà al nuovo governatore francese di New Orleans, il marchese di Vaudreil. L’atteggiamento dimesso e contrito non convinse del tutto il francese ma comunque, citando White, lo \"gratificò\".

Da quel momento Vaudreil lo spogliò di ogni potere e affidò le cariche ad altri choctaw strenui oppositori di Sholush Humma. Convinto com’era di averlo definitivamente piegato, egli commise l’errore di crogiolarsi troppo: ci impiegò anni a capire che era stato abilmente sabotato nel suo tentativo di portare pace nella regione creando un’alleanza filofrancese tra choctaw e chickasaw. In realtà Sholush Humma conduceva negoziati commerciali con il governatore britannico Glen, del South Carolina, e James Adair, il commerciate di riferimento dei chickasaw.

Nel 1747 i piani di Sholush Homma sembravano destinati al successo. Delle quarantasette comunità choctaw solo due erano filofrancesi. La sua morte inaspettata complicò ulteriormente una situazione geo-politica già estremamente complessa. Quando gli inglesi non mantennero gli impegni commerciali molti choctaw ridiventarono filofrancesi e a quel punto, sfaldatisi i riferimenti culturali, sociali, economici e politici tradizionali, nella nazione tribale esplose una violenta guerra intestina che non ebbe alcun vincitore. Gli europei furono quelli che vinsero davvero, stritolando un intero continente con il fuoco delle armi, con la virulenza delle malattie e con l’inganno delle blandizie.

Pur incamerando ricchezze per ridistribuirle alla comunità come un vero capo tradizionale, nelle intenzioni di Sholush Humma mancava la trasparenza che aveva reso l’atto una sincera condivisione per tanti secoli. Al contrario, la sua generosità era frutto delle lusinghe che maneggiava così bene ma di cui egli stesso era vittima. Il desiderio di ammirazione - non a caso francesi e inglesi lo nominarono rispettivamente Capo dei Guerrieri Rossi e Re dei choctaw - corroborato da vanità e presunzione, fu una molla potente e ineludibile che lo condusse a destreggiarsi con manovre alquanto discutibili in un mondo che stava rapidamente cambiando.

A posteriori e con gli occhi di chi, anche inconsciamente, attribuisce solo agli altri certe pecche, è facile riconoscere che il punto debole di Sholush Humma fu il desiderio del riconoscimento altrui; altrettanto semplice è vedere tutto quello che perseguire il suo soddisfacimento generò. Ma che dire di noi, dei nostri tempi, quando lusinghe di tutti i tipi sono ben amplificate dai mezzi di comunicazione?

Quanti di noi sanno distinguere i meccanismi che nella vita quotidiana una banale lusinga innesca, come quell’immediato, a volte estremamente volatile, senso di compiacimento?

E siamo sicuri che il compiacimento, anche quello più innocente, quello che magari segue un’azione o una decisione compiuta con prodigalità, coincida davvero con la generosità gratuita come la intendevano i choctaw e che Sholush Humma cercò inutilmente di emulare?

Paola Carini

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