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Diga dell'Ancipa: fu corruzione
11.12.2006

La Nuova Ecologia - La Cassazione ha confermato: ci fu corruzione per realizzare la diga dell'Ancipa, in Sicilia. E adesso Legambiente ne chiede l'immediata demolizione. Tangenti e corruzione insomma, per realizzare la diga, per dare vita a un gigantesco mega abuso edilizio sui cui lati oscuri ha finalmente fatto luce, a un'inchiesta nata 14 anni fa, la Cassazione. Questa ha deciso che i condannati - tra cui l’ex ministro repubblicano Aristide Gunnella e l’ex presidente degli acquedotti siciliani Ninni Aricò - dovranno risarcire lo Stato delle spese per la realizzazione di questa «opera pubblica illegale ormai destinata alla demolizione». Solo le condanne sono state annullate, ma per intervenuta prescrizione.
 Quello della diga dell’Ancipa è stato uno dei più importanti eco scandali siciliani. Opera costata 400 miliardi di lire che ha compromesso chilometri e chilometri del parco dei Nebrodi al confine tra le province di Enna e Messina. Ricorda oggi il presidente regionale di Legambiente Mimmo Fontana: «La nostra associazione intuì già nell’89 quello che oggi è sotto gli occhi di tutti- così l'ambientalista - e cioè che in Sicilia una parte significativa di opere idriche è stata decisa da comitati d’affari non per risolvere la sete dei siciliani, ma per realizzare abbuffate affaristiche». «Va ricordato - insiste il presidente di Legambiente Sicilia Mimmo Fontana - che i tre lotti dell’Ancipa dovevano costare allo Stato oltre 400 miliardi di lire, di cui alcune decine di miliardi spesi per le opere ritenute abusive dalla Cassazione e che ora dovranno essere demolite». La decisione della VI sezione penale della Corte di Cassazione, presidente Francesco Saverio Mannino, è arrivata dopo una camera di consiglio durata ben sei ore. Un anno fa il 18 dicembre 2005 la Corte d’Appello di Caltanissetta aveva condannato per il reato di corruzione aggravata l’ex ministro repubblicano Aristide Gunnella e l’ex presidente dell’ente Acquedotti siciliani Ninni Aricò, il primo a 2 anni di reclusione ed il secondo a 3 anni.
 La Corte d’appello aveva inoltre condannato lo stesso Aricò e il procuratore speciale dell’impresa Lodigiani Vincenzo Lizier per il reato di falso ideologico commesso approvando due perizie di variante false per l’importo complessivo di oltre 20 miliardi di lire. Perizie approvate nel 1991, mentre le relative opere erano state realizzate già due anni prima in modo del tutto abusivo, in violazione del vincolo ambientale del Parco dei Nebrodi. Ieri la Cassazione ha respinto i ricorsi degli imputati relativamente a questi reati, confermando le conclusioni cui era pervenuta la Corte d’appello, e quindi ha dichiarato la prescrizione dei reati medesimi. La Cassazione ha inoltre disposto «ed è questo un aspetto rilevantissimo», commenta Legambiente) che i condannati dovranno risarcire lo Stato delle somme spese con la realizzazione delle opere pubbliche abusive, e in quanto tali destinate alla demolizione. La stessa Cassazione ha anche respinto il ricorso dell’imprenditore Vincenzo Lodigiani, per il quale era stata dichiarata la prescrizione per il reato di corruzione da parte della Corte d’appello: per la Suprema corte, quindi, anche Lodigiani è responsabile e lo Stato potrà richiedergli i danni. I condannati Aricò e Lizier sono stati invece assolti, unitamente all’ingegner Luigi Rendo (l’unico ad uscire soddisfatto del giudizio della Cassazione), per il reato di falso relativo ad alcuni stati di avanzamento dei lavori, reato per cui la Corte d’appello aveva invece disposto condanna. Giuseppe Arnone - che nell’89 (unitamente ad Angelo Di Marca) denunziò gli abusi e nei tre gradi di giudizio, sino a ieri in Cassazione, ha rappresentato Legambiente - ha dichiarato: «Abbiamo contribuito a fare emergere la verità, impedendo ulteriori scempi ambientali- così Arnone- l’intera opera pubblica non solo era abusiva, ma anche inutile e devastante per l’intero ecosistema del fiume Simeto e del parco dei Nebrodi. Ora il prossimo passo è quello dell’immediata demolizione dell’ecomostro».

Fonte: http://www.lanuovaecologia.it/ecomafie/ciclo_del_cemento/6725.php

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