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C’era una volta l’America
11.12.2006
di Paolo Brera / Viator -

Con i segni della stagnazione e forse di una recessione che battono forte e chiaro alle finestre, gli Stati Uniti stanno per entrare in una stagione di declino che si rifletterà sul destino del mondo. Il progetto “neocon” (da neo-conservatore) che vediamo in atto sin dall'aprirsi del nuovo millennio, sarà infatti profondamente influenzato da questa evoluzione.
Il progetto, naturalmente, è una versione estrema del millenarismo che permea di sé gli Stati Uniti fin dalla loro nascita. Come Bisanzio con il califfato, come il Sacro Romano Germanico Impero, come la Mosca degli zar e quella dei bolscevichi, gli Stati Uniti sono uno Stato missionario. Esistono non come una maniera di gestire le cose, ma come un mezzo per trasformare il mondo. All'interno, molti dei risultati sono positivi. La libertà di parola e di pensiero viene proclamata fin dall'inizio in termini molto netti, così come l'affermazione della sovranità popolare: quando il Governo non va più bene, il popolo ha il diritto di rovesciarlo e di farsene un altro. E’ sancita nel modo più chiaro l'indipendenza dei tre poteri tradizionali dello Stato, secondo la dottrina illuminista (in Cina, Sun Yat-sen aggiungerà il potere di nomina e il potere di controllo: un'innovazione interessante mai arrivata da noi, che non ci facciamo dare lezioni dai "musi gialli"). Viene proclamato il distacco dello Stato dalla religione – anche se in modo molto diverso da come avviene in Europa: da noi il distacco serve per impedire all'organizzazione religiosa di incidere sulla vita del cittadino, volente o nolente, credente o non credente in quella particolare religione, come è nei poteri dello Stato.
Negli Stati Uniti il problema è esattamente inverso: lo Stato deve starsene fuori dai piedi per non limitare in alcun modo l'azione delle religioni organizzate. Gli Stati Uniti di oggi sono un Paese dove i cittadini hanno modo di farsi sentire, dove le garanzie democratiche funzionano, dove in molti casi media liberi possono denunciare e dunque contribuire a risolvere situazioni di ingiustizia. Il ventaglio dei comportamenti che ricadono nella sfera puramente individuale, e dunque non sono soggetti a scrutinio da parte degli organi del potere, è ampio; gli obblighi, se sono fatti valere con durezza a volte sproporzionata, non sono molti. Quando le norme in vigore danneggiano qualcuno, questo qualcuno è incoraggiato a ricorrere al sistema giudiziario e la sentenza costituirà un precedente, schivando le lungaggini della produzione di norme attraverso il potere legislativo tipica dei sistemi di diritto romano. In questo modo le norme vengono aggiornate in continuazione per tenere conto della situazione reale della società. Fin dall'Ottocento, Alexis de Tocqueville aveva chiarito che nella costruzione politica americana, che ammirava, si annidavano problemi insolubili. Uno era quello degli indigeni, i “native Americans”. La società e la politica non li integravano e l'unico esito della contrapposizione era il loro sterminio. Il secondo era quello dei neri. Il razzismo è una tendenza naturale degli esseri umani, come la violenza e il sesso. Se ne possono limitare gli eccessi, non si può sradicarlo completamente. Ma dove il substrato ideologico è calvinista, non c'è freno. I calvinisti sono tenuti a ritenersi eletti fra tutti: il povero non può che essere un malvagio, chi appare diverso dalle bionde immagini di Cristo è un dannato. Il problema degli indiani d'America è stato risolto con una Soluzione Finale ante litteram al tempo della Danza degli Spettri. Quello dell'integrazione razziale ha fatto passi avanti ma è tutt'altro che sparito dalla scena.
L'ideologia americana, intrinsecamente millenarista, comprende altri due punti importanti. La costruzione della società perfetta, dice l'ideologia, primo è più avanzata in America che in qualunque altra parte del mondo, secondo richiede una presa di posizione etica, un'assunzione cosciente di responsabilità. “Tutti possono diventare americani, purché vivano secondo le regole degli Stati Uniti”, come mi ha espresso sinteticamente la cosa un'amica americana intelligente, poliglotta e progressista. Proprio di qui può partire l'esame di ciò che non va. Tutti possono diventare americani se rispettano le leggi, ma la legge dice innanzitutto che non si può liberamente entrare sul territorio degli Stati Uniti. […]

Segue su: http://www.viator.it/HTML/economia.htm

Viator, n. 10/2006 ottobre

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