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Sui nuovi rapporti famigliari (di Ernesto Borghi)
18.12.2006
Sono un elettore del Centro-Sinistra e candidato alle elezioni del Consiglio
Circoscrizionale 4 di Milano per l'Ulivo. Penso di essere uno dei non pochi
italiani che, formatosi nell'ambito del moderatismo di Centro-Destra degli
anni Settanta, dal 1994, per ragioni etiche ed estetiche, non ha più
ritenuto di poter votare per il Centro-Destra berlusconianamente
monopolizzato. Tra l'altro sono sposato e padre di famiglia, sono biblista e
teologo di professione e mi occupo da anni di temi socio-culturali come
quello di cui i massmedia hanno ripetutamente parlato anche in questi giorni
(allego un mio curriculum perché Loro possano comprendere meglio il mio
profilo).

La notizia che è stata diffusa ampiamente circa la volontà della maggioranza
di governo nazionale di trattare, con un disegno di legge da presentare in
Parlamento entro il 30 gennaio 2007, tutta la materia inerente i rapporti
"familiari" e i "nuovi schemi relazionali" (coppie di fatto, unioni
omosessuali, ecc.) merita qualche riflessione che, molto modestamente, mi
permetto di proporre anzitutto all'attenzione dei destinatari di questo
messaggio, sicuro di interpretare il pensiero di molti privati cittadini di
questo nostro straordinario e difficile Paese.

Certamente attendo, come tutti, di vedere quale sarà il testo di legge che
sarà materialmente ed effettivamente presentato alle Camere. Tuttavia il
"vento" che comincia a spirare - "occorre trovare un compromesso" si dice da più parti del Centro-Sinistra, anzitutto nella componente cattolica - mi
pare davvero pericolosissima per varie ragioni. Infatti in nome del
riconoscimento di alcuni legittimi diritti individuali si rischia di
confondere libertà e capriccio, comodità comportamentale e senso di
responsabilità.

Le coppie sposate religiosamente o civilmente e le coppie di fatto non sono
la stessa cosa né debbono essere reputate tali. Sento dire da anni e da più
parti che vi sono molte coppie di fatto in cui regna un amore sincero e
solidale a fronte di coppie sacramentalmente e giuridicamente sposate ove un analogo sentimento neppur lontanamente esiste. Occorre che tutti comprendano definitivamente che le comparazioni non si possono fare, anzitutto per logica formale, con termini squilibrati - la coppia di fatto eccellentemente unita, le coppie sposate disamorate e divise - ma tra elementi o egualmente positivi o egualmente negativi.

E tra le coppie sposate in chiesa o in municipio e una convivenza, per
quanto di altissimo livello complessivo, c'è una differenza di fondo: il
riconoscimento da parte degli sposi di una responsabilità rispetto alla
società nella serietà dell'assunzione pubblica di tale impegno rispetto al
coniuge e ai possibili discendenti diretti. Chi vuole esimersi da questo
impegno di serietà relazionale e sociale, deve essere libero di farlo, ma
non può né deve pretendere di godere dei benefici socio-economici propri del matrimonio, senza assumersene pubblicamente le responsabilità conseguenti.

Spero che nessuno abbia il coraggio di sostenere che la scelta matrimoniale
è economicamente così onerosa sin dall'inizio che molti optano per la
convivenza in ragione di questo fatto. Si vada a vedere, anzitutto, quanto
costa, in radice e senza orpelli consumistici, sposarsi in chiesa o in
municipio e si riscontrerà l'inconsistenza sostanziale di queste affermazioni. Si esamini anche, a titolo informativo, il dossier "coppie di fatto" della "rivista di teologia morale" (149/2006, 3-56) e si potrà constatare da vicino quanto incomparabili siano tra loro i matrimoni e le convivenze che vogliono restare "liberamente" tali, senza per questo voler o poter sensatamente escludere che amore effettivo vi possa essere anche nei contesti delle coppie di fatto.

Occorrerebbe chiedersi se persone che non fanno una scelta matrimoniale
riconosciuta (non mi riferisco ovviamente a chi convive all'inzio per
arrivare poi all'esito nuziale, come succede nella stragrande maggioranza
dei casi in Italia, ma alle coppie di fatto senza prospettive diverse),
rifiutano questa prospettiva per ostilità socio-culturali, di rifiuto del
"sistema", oppure se ciò avviene anzitutto per garantirsi la possibilità di
una via d'uscita da quel rapporto senza i "fastidi" del divorzio
giuridicamente sancito...

Per quanto attiene, invece, alle convivenze omosessuali, certamente è assai
difficile sostenere che, rispetto alla natura strutturale dell¹essere umano,
le relazioni eterosessuali e quelle omosessuali siano antropologicamente
identificabili. La complementarietà nell¹unione sessuale tra uomo e donna è
del tutto evidente, anzitutto a livello fisiologico-strutturale, mentre in
quelle omosessuali la ³comunicazione² interpersonale, nel senso globale del
termine, è oggettivamente meno complessiva.

E questo è palese anzitutto perché in esse non vi è alcuna naturale
prospettiva di procreazione della vita (a meno di ricorrere ad aberrazioni
sociali, psicologiche e culturali quali la procreazione di un figlio con un
"partner" di altro sesso per poi voler crescere il nato con il poprio
partner omosessuale). E non solo per questo. Infatti, salvo situazioni
patologiche, è nel rapporto eterosessuale che comunemente avviene
l¹apprezzamento della diversità sessuale nella globalità dei suoi aspetti
fisici, psichici e culturali.

Questi dati di fatto sconsigliano conseguentemente la realizzazione, a tutti
i livelli, di progetti quali l¹adozione di minori da parte di coppie
omosessuali per ragioni inerenti al bene fondamentale dei minori stessi.
Infatti se si parte dalla frase assolutamente sensata che ogni genitore
pronuncia un giorno o l¹altro: ³voglio dare a mio figlio tutte le
opportunità possibili², è evidente che un bambino ha più possibilità di
realizzarsi come uomo o come donna, secondo la sua natura, quando cresce in una famiglia formata da un padre e da una madre (cfr., per es.,
l'illuminante saggio di X. Thévenot, Sempre mio figlio. Omosessualità in
famiglia, Paoline, Milano 2004).

Se il metro di giudizio della moralità trova i suoi momenti più alti
nell¹affermazione kantiana di non trattare mai l¹altro come mezzo, ma sempre come fine, in quella interreligiosa ³Fa¹ agli altri quello che vorresti
fosse fatto a te² e in quella biblica ³Ama il prossimo/l¹altro come te
stesso², chi può affermare che in una relazione omosessuale non si possano
realizzare questi valori in termini di effettiva reciprocità? E se anche la
relazione eterosessuale resta il momento strutturalmente più aperto alla
possibilità di comunione interpersonale, è legittimo negare a priori che tra
due uomini o tra due donne si possa realizzare una relazione affettiva di
quotidiano, reale dono di sé? Ovviamente l'amore nel senso più autentico del
termine è più che possibile in tutti questi casi. Tutto ciò, però, non
implica assolutamente che si debba giungere a porre legami omosessuali e
matrimoni sullo stesso piano.

E' giusto riconoscere singoli diritti che sono propri delle unioni
omosessuali, sotto il profilo del diritto di successione e dei sistemi
socio-previdenziali, così come vale per i membri delle comunità religiose e
delle collettività laiche di ogni genere. Se la legislazione in proposito è
carente ed inadeguata, vi si ponga rimedio con rapidità ed intelligenza, per
tutte le situazioni di convivenza stabile tra persone.
 
Ciononostante in nessuno di questi casi si deve arrivare ad equiparazioni né
terminologiche né sostanziali con la nozione di famiglie, perché queste
realtà sono altro, convivenze omosessuali ed eterosessuali comprese.

Concludo questa serie di riflessioni con due notazioni.

- Se il Centro-Sinistra crede di portare all'approvazione del Parlamento un
disegno di legge che contenga forme di equiparazione sostanziale tra
matrimoni e coppie di fatto, troverà contro di sé una parte significativa
dei suoi elettori, siano essi di ispirazione cristiana o meno. Costoro, come
e più di me, non fanno dell'ideologismo emancipatorio fine a se stesso il
loro punto di riferimento esistenziale e cercano di dialogare costantemente
con gli altri, senza credersi depositari della "verità", ma tentando di
mantenere cuore e cervello ben connessi tra loro.

- Questa ostilità di merito verso progetti sostenuti da certe componenti del
Centro-Sinistra più lontane da una nozione di amore appassionatamente e
totalmente responsabile potrà avere delle ripercussioni non trascurabili
sugli equilibri politici a breve e a medio termine... A meno che qualcuno,
per mere ragioni di potere, intenda i propri valori etici merce di scambio e
altri vogliano ostinarsi a credere che l'eliminazione delle ingiustizie
passi attraverso l'annientamento di ogni differenza, anche quelle
anatomicamente, fisiologicamente e antropologicamente più sostanziali.
Nell'Ulivo, per esempio, non so se "i libertari" siano così maggioritari...

Sempre disposto a confrontarmi con chiunque per cercare di contribuire
insieme al bene di tutti, ringrazio per la cortese attenzione e invio un
saluto cordialissimo e mille auguri per un gioioso Natale ed un sereno 2007.

Ernesto Borghi
 
*****
Ernesto Borghi
Nato a Milano nel 1964, sposato e padre di un bambino nato nel 2001, ha studiato all¹Università degli Studi di Milano e all¹Università di Fribourg, conseguendo la laurea in lettere classiche, la licenza in scienze religiose e il dottorato in teologia. È stato docente di esegesi biblica, introduzione al Nuovo Testamento e greco biblico presso la Facoltà Teologica di Lugano dal 1996 al 2003. Dal 1992 al 2006 ha tenuto corsi e lezioni di esegesi neo-testamentaria, di volta in volta, anche presso l¹Università di Fribourg, l¹Università Pontificia Salesiana a Torino, l¹Università degli Studi di Milano, il Centro per le Scienze Religiose a Trento e l¹Università degli Studi di Milano-Bicocca. Insegna esegesi biblica al Corso per le Scienze Religiose a Trento, è presidente dell¹Associazione Biblica della Svizzera Italiana, coordinatore della formazione biblica nella diocesi di Lugano e docente di didattica della religione presso l¹Alta Scuola Pedagogica di Locarno. È collaboratore del ³Corriere del Ticino², membro del Comitato Etico del Canton Ticino (Dipartimento Cantonale della Sanità e della Socialità). Ha pubblicato 11 libri e 37 articoli nei campi dell¹esegesi e teologia bibliche e della divulgazione umanistica in campo letterario e filosofico.
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