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Tossicodipendenza da debito pubblico (di Paolo Serra)
19.12.2006
Romano Prodi si é avvicinato molto alla realtà quando, in una intervista che ha fatto scalpore, ha detto che gli italiani sono impazziti. Più che impazziti gli italiani paiono in preda ad una vera e propria crisi di astinenza da droga. Questa droga, non chimica ma in tutto e per tutto simile all'oppio ed ai suoi derivati, é l'incremento del debito pubblico ed il suo uso ha fatto sognare per tanti anni un intero paese di poter vivere per sempre al di sopra delle proprie possibilità.

Come tutte le droghe anche questa é stata spacciata per anni a piene mani da abili trafficanti. Dal 1980 al 1994 il debito pubblico passò dal 55% al 124% del PIL. Erano gli anni del CAF (Craxi, Andreotti, Forlani per i più giovani) della Milano da bere, della tangentopoli degli impuniti, di Enrico Berlinguer prima vissuto e poi ricordato come uno zio fuori moda che, inutilmente, predicava e praticava la sobrietà.

Il centro sinistra, andato al governo nel '96, iniziò una classica terapia di lenta disassuefazione e nel 2001 il drogato era costretto al 110%. Malgrado la delicatezza della terapia, però, se la prese ugualmente col terapeuta e lo licenziò, allettato da un nuovo spacciatore che lo illudeva di poter riprendere le vecchie piacevoli abitudini.

Non potendo mantenere le promesse perché incalzato da severi commissari europei il nuovo governo ha finto di aumentare la quantità della droga tagliandola abilmente con sostanze somiglianti ma, in realtà, non ha potuto che continuare a centellinare il principio attivo e la droga é scesa al 107 fino al 2004.

Di fronte alle lamentele dei clienti che si stavano accorgendo del bidone e di fronte alla nuova scadenza elettorale il duo Berlusconi/Tremonti non resse e passò al 108 nel 2005 promettendo il ritorno al 110 nel 2006. La promessa, accompagnata dal terrore del ritorno della terapia a scalare, ha convinto molti e gli spacciatori sono stati battuti solo per un pelo.

Ed eccoci qui: di fronte a Prodi, Padoa Schioppa, Visco e Bersani che cercano di convincere il recalcitrante tossicodipendente a ricominciare a diminuire la dose abbiamo le reazioni tipiche della crisi di astinenza, comprensive di tutta la gamma dell'italico costume: melodramma, isteria, farsa, minaccia, blandizie, truculenza, piagnisteo. Tutto fuorché una seria accettazione del principio di realtà: la dose deve progressivamente diminuire fino a stabilizzarsi sul 60%.

Si sa che dalle droghe si esce solo se ci si crede, purtroppo pare che non sia il nostro caso.

Paolo Serra,
mad9921@iperbole.bologna.it

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