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Casa delle libertà sull’orlo di una crisi di nervi
9.07.2003
Solo 48 ore dopo che Berlusconi aveva dichiarato lo "stato di ottima salute della maggioranza", la casa delle libertà vive oggi la sua giornata più difficile.

Negli ultimi giorni il ministro Maroni ha dichiarato di non condividere la necessità di fare una nuova riforma della previdenza, scelta che era alla base del documento con cui si era dichiarata chiusa la "verifica". Bossi e Castelli hanno detto, con l’avallo di Berlusconi, di voler attuare la separazione delle carriere tra giudici e pm, scontentando centristi e Alleanza nazionale, quindi alla Camera, dopo che la settimana scorsa An aveva affossato, insieme alle opposizioni il decreto sulla cartolarizzazione della dismissione degli immobili del Ministero della Difesa, ieri è stato il turno della Lega, di associarsi al centro-sinistra in Parlamento per mandare quattro volte in minoranza il governo su altrettanti provvedimenti sull’edilizia e la casa.


Infine, senza neanche lasciare il tempo a Gianfranco Fini di riunire il consiglio di gabinetto con cui si sarebbero dovute coordinare le scelte di ‘politica economica la cui istituzione era stata decisa sempre nel documento sulla verifica, il Ministro Tremonti, scaduti i termini di legge per la presentazione del dpef, ha deciso di bruciare tutti anticipando al Corriere della sera le linee guida del documento di programmazione economica e finanziaria.


E’ stata la goccia che ha fatto tracimare il vaso dei malumori e delle ansie, a stento trattenute, dai partiti della coalizione.


Sin dalla mattina di oggi, prima Buttiglione e poi Follini hanno dichiarato di considerare, a questo punto, il consiglio di gabinetto un organismo tecnico, cui il loro partito non parteciperà, riservandosi di esprimere di volta in volta un giudizio, sui provvedimenti di politica economica, direttamente nel voto parlamentare.


La lega, con Cè e Calderoli ha rilanciato, prima dichiarando la verifica ancora aperta, poi sostenendo che, "a queste condizioni la Lega non può stare in questo governo".


A mezzogiorno è stato quindi il turno del vice premier Fini, prendere atto della situazione e dichiarare che "la decisione dell’Udc di considerare la cosiddetta cabina di regia un organismo tecnico e quindi di non parteciparvi fa venir meno le condizioni politiche per adempiere all’incarico di coordinarla, affidatomi dal Presidente del Consiglio al fine di garantire una effettiva collegialità nell’azione dell’esecutivo".


Con questo la crisi politica -non ancora crisi di governo- è aperta.


Il segretario dei Ds Fassino, commentando con alcuni giornalisti la situazione, ha detto di vedere un governo allo sbando, partiti divisi su tutto, una nave senza bussola.


"La maggioranza, sostiene Fassino, non ha voluto prendere atto dei risultati delle elezioni amministrative, in cui i cittadini avevano espresso chiaramente la loro sfiducia verso il governo".


Con la frettolosa "verifica" si era voluto far credere che tutto andasse bene, invece, dice Fassino: "non va bene alcunché e questo è molto grave perché si mette il paese in una condizione molto precaria". "Chiediamo al centro-destra un atteggiamento responsabile, ha concluso Fassino, o è in grado di governare e allora lo faccia, oppure prenda atto che non ce la fa, ma non sottoponga il paese a questa condizione".


Commentando infine la delicatezza di una crisi politica aperta in pieno semestre di presidenza dell’Unione europea, il segretario dei Ds ha aggiunto: "il semestre bisogna essere in grado di gestirlo, mi pare che sin dai primi giorni il Presidente del Consiglio ha dimostrato di essere un apprendista allo sbaraglio".

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