Tra minacce della malavita organizzata e inchieste della magistratura, isolato dalla politica nazionale e «condannato» da Rutelli e Marini: il racconto di Agazio Loiero, governatore della Calabria. Che respinge le accuse e parla della sua vita da politico che sopravvive sotto scorta. Solo. Isolato. Tenuto a distanza da una politica nazionale che sembra non volersi sporcare le mani. Scortato da uomini armati di mitra. Quasi, ormai, quotidianamente, raggiunto da lettere o telefonate che preannunciano la sua morte. L'ultima il 29 dicembre al centralino della regione. In cambio solo la solidarietà di Fassino e di Minniti. Un avviso di garanzia per abuso d'ufficio.
Vive così Agazio Loiero il presidente che dopo 10 anni di centro-destra ha dato alla Calabria, sua terra natale, un Governo di centro-sinistra. Dove è tornato richiamato da quel senso profondo di appartenenza e da quel "io ti salverò" che oggi lo costringe a fare un bilancio non certamente rassicurante né politicamente né umanamente ma non ancora abbastanza negativo da spingerlo alla resa.
Ostaggio delle minacce della n´drangheta e lasciato solo dalla politica. Rappresentazione fantasiosa o drammaticamente vera?
«Drammaticamente vera. La politica nazionale all'inizio ha guardato con grande attenzione al miracolo Calabria. Lo stesso Rutelli, ricordo che a chiusura della festa della Margherita in Toscana mi fece un elogio così straordinario da sentirlo perfino immeritato. Poi dal delitto Fortugno ha cominciato a ritrarsi. Un modo per prendere le distanze da una Calabria che appare infetta e irrecuperabile. Capisco. Ma non approvo. I partiti del centro-sinistra hanno una responsabilità molto grave. Quando le indagini sul delitto Fortugno hanno iniziato a delineare l'intreccio politica-interessi-affari sono stato lasciato solo. Dapprima si è consumata la frattura con il mio partito, poi pian piano con gli altri. Così mi sono ritrovato a vivere una solitudine profonda. Quasi un senso di vertigine. Di inutilità . Spesso mi accorgo che l'obbiettivo è divenuto: sopravvivere. E non è un bel vivere. Tra una minaccia e un disastro ambientale. E sì questa è anche una terra che paga un dissesto idrogeologico drammatico. Ogni giorno ho la Regione occupata dai senza lavoro, dai precari. A Natale nel paese di San Luca hanno sparato uccidendo un bambino e una donna. La società calabrase è divisa in territori che non comunicano. Nel 91 a Taurianova un criminale tagliò la testa ad un altro criminale la schizzò in aria e gli sparò mentre volava. Pezzi di vita che determinano un'immagine ripugnante di questa Regione. Ma accanto a questa arretratezza civile, a questa rilassatezza dei vincoli a questa mancanza del senso etico c'è un'altra Calabria che fatica a mostrarsi a farsi conoscere a dire: ci sono anch'io. Prendiamo la sanità : quanti sanno che a Crotone c'è una clinica del risveglio dove arrivano persone in coma da tutta Italia? Quanti sanno che Catanzaro vanta una cardiochirurgia di altissimo livello e che a Reggio Calabria esiste un centro di altissima qualità dei trapianti di organi? O, per cambiare settore, che a Lamezia c'è un centro vivaistico che e sporta fiori perfino in Olanda?»
Domanda, forse, retorica: ma chi glielo fa fare?
«La promessa che ho fatto a me stesso quando ho deciso di candidarmi: trasformare la Regione Calabria da ente erogatore di risorse in organo di indirizzo e di controllo. Potevo restare deputato, aspirare ad entrare al Governo. Ma più mi ripetevano: come ti viene in mente? Più sentivo montare dentro di me il desiderio di rappresentarla. Ora dovrei andarmene? E come potrei deludere tanta gente che crede in me? Il mio fallimento finirebbe per contagiare tutti. Voglio ribellarmi a questa idea dell'inutilità . E' più difficile di quanto pensassi credere che possa esistere una Calabria ordinaria al passo con le altre regioni che non sia segnata da alterità immodificabile. Non ho vocazione a fare l'eroe. Ma resto al mio posto. Nel primo anno sono riuscito a dare un messaggio di speranza frenato poi da troppe cose, troppi litigi e conflitti. La speranza è un seme delicato che bisogna aiutare a germogliare ma se non lo si fa è finito per sempre. Forse è vero, ciò che sostiene uno dei biografi di Corrado Alvaro, che noi calabresi abbiamo un fondo dionisiaco che ci dà ebbrezza, esaltazione. E di passi in avanti verso il cambiamento ne sono stati fatti molti. Abbiamo trasferito le funzioni alle province ed entro il 30 giugno termineremo quelle ai comuni. Nessuno ci era riuscito prima d'ora».
Perché?
«La n'drangheta preme affinché il flusso di risorse non venga dirottato, frammentato, cosa che provoca anche il conseguente trasferimento del personale che la priva di riferimenti tradizionali costringendola a ricostruire contatti e rapporti. Noi ci siamo anche costituiti parte civile in tutti i processi. Per la prima volta è accaduto che un clan, il clan Muto di Cetraro, sia stato condannato a versare 3 milioni di euro nelle casse della Regione. Lo stesso abbiamo fatto nel processo per usura a tre grosse banche nazionali nato dalla denuncia dell'imprenditore De Masi e il pm ha chiesto il rinvio a giudizio delle banche. Abbiamo inviato al Consiglio Regionale un testo antiraket stilato con il contributo di Tano Grasso. Abbiamo destinato alcune risorse del fragile bilancio regionale per utilizzare al meglio i beni confiscati alla criminalità organizzata. La Corte dei Conti ha registrato per la prima volta un'inversione di tendenza della Giunta. Ci siamo imposti misure austere: non un viaggio, non un regalo a Natale. Il 22 gennaio ci sarà la conferenza dei servizi e poi sarà impiantato il cantiere per la realizzazione della "casa dei calabresi" come amo definirla, la cittadella regionale della giunta. Da 35 anni la Giunta è a Catanzaro, il Consiglio a Reggio. E la regione paga ogni anno 14 miliardi di vecchie lire di affitto. La cittadella rimuove una incrostazione di interessi enormi rompe legami consolidati. Anche da qui possono nascere le minacce, è la molteplicità degli interessi toccati che dà reazioni non prevedibili. E non è tutto. Il 16 gennaio abbatteremo il primo di sei ecomostri, quello di Copanello sorto in una pineta a picco sul mare».
Una grande vittoria in Calabria è anche rischio di prendere voti in odore di n'drangheta…
«Che la n'drangheta guardi chi vince e abbia antenne giuste per farlo è un dato certo. Ma in campagna elettorale abbiamo pronunciato parole chiare e fatto promesse altrettanto chiare. L'ultima notte prima della chiusura della presentazione delle liste abbiamo escluso due persone incensurate solo perché avevano rapporti di parentela con personaggi legati alla n'drangheta. Abbiamo proposto al Consiglio di inserire nello Statuto: la Calabria rifiuta la mafia. Non è molto, ma è ciò che era nelle nostre competenze fare. Poi accade che un articolo di giornale distrugge agli occhi di un'opinione pubblica crudele, tutto quello che si è seminato, e infanghi la storia di una vita».
Il riferimento è alla notizia dell'avviso di garanzia?
«Non perché ne sia preoccupato. L'intercettazione "incriminata" riguarda due persone che parlano di me, io non ci sono. Ho chiarito la mia posizione quando sono stato sentito dal Pm come persona informata dei fatti e dopo due giorni sono stato indagato. Continua a prevalere in me il profondo rispetto per la pubblica accusa soprattutto in questa terra dove i magistrati rischiano la vita».
Ma ci sono altri indagati oltre a lei in Consiglio e in Giunta?
«Che io sappia il vicepresidente e alcuni consiglieri, ma tutti sempre per fatti accaduti nella passata legislatura. Ribadisco di assumerne tutta la responsabilità politica».
Politicamente ne è stato indebolito?
«Come negarlo. E' vero che la legge è uguale per tutti ma se viene indagato un Presidente che si batte per il cambiamento un atto di accertamento della verità si trasforma in uno sconquasso. Nessun vittimismo, per carità . Ma basta vedere quello che è stato montato a livello nazionale sul disegno di legge Fuda: un caso per colpire indirettamente anche me».
Ma nel merito condivideva quel disegno di legge?
«Assolutamente no».
Torniamo all'omicidio Fortugno che segna anche l'inizio del suo isolamento. Anzi andiamo più indietro. Ciò che sembra non esserle stato perdonato è di essersi speso per la sua elezione a discapito di Crea. Ci racconti questo passaggio delicato e anche decisivo.
«Fortugno era un amico mio come è noto. Aveva sponsorizzato la mia candidatura a Presidente. Cinque giorni prima della chiusura della campagna elettorale mi chiese di dargli una mano. Lo feci. Era una persona perbene onesta, un medico che a Locri era disponibile nei confronti di quell'umanità dolente. Riuscì a trasferirgli molti voti tanto che risultò il primo degli eletti e Crea il primo dei non eletti. E´ indubbio che il mio impegno abbia sottratto voti a Crea ma non l'ho fatto per danneggiarlo. I problemi in tutti i partiti della coalizione sono nati dall'aver voluto, in materia di sanità , seguire criteri innovativi uscendo fuori dalla logica della spartizione. Al termine di una riunione a Roma presieduta da Marini è stata decretata la mia condanna politica. È nata una lacerazione profonda che non siamo riusciti a ricucire. Alle elezioni politiche non ho condiviso le liste della Margherita che lasciavano fuori persone che avevano lavorato sul territorio. E c'è stata la rottura».
Da un ex democristiano di lungo corso come lei pensare di poter accantonare la logica della spartizione per far prevalere quella dei meriti appare quasi un'ingenuità . Non le pare?
«Sarà ingenuità , ma quando mi rimproveravano di non aver coinvolto i partiti, mi chiedevo cosa c'entrassero i partiti con le nomine istituzionali. Fare il Presidente della Regione Calabria, in particolare, è molto diverso dal fare il parlamentare. Qui i problemi impongono scelte capaci di modificare visibilmente il cambiamento di rotta in cui credi».
I ragazzi di Locri. Movimento che registra una forte spaccatura di opinioni e posizioni.
«Quando ho capito che anche loro si stavano dividendo ho provato un dolore enorme. Li ho incontrati. Mi sono sottoposto alle loro domande. Sembrava che tutto fosse risolto. Poi si sono divisi ancora. Così anche un movimento positivo, importante di ribellione nato senza che nessuno l'abbia favorito se non la drammaticità di quell'evento, che aveva il merito di "esportare" un'immagine onesta della Calabria, è rimasto vittima della logica della rissa, del sospetto che sembra far parte del Dna dei calabresi».
Domani, cosa farà il Presidente Loiero?
«Continuerà a credere nella formula politica: qualità per il futuro e rottura con il passato. Con i fondi europei continueremo a programmare per costruire un piano di sviluppo: più occupazione meno n'andrangheta. Lo farò forte del consenso che continuo a respirare tra i cittadini per bene di questa regione che sono la maggior parte».
da www.unita.it